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I Dinatatak protagonisti a Sassari nel circolo enogastronomico di via Frigaglia
Che luogo il Vecchio Mulino…
L’asino che gira con il paraocchi però è solo un vecchio ricordo che aleggia impregnato nelle pareti; già, perché dal Vecchio Mulino di Sassari in via Frigaglia lo sguardo invece si apre al mondo.
Fino a pochi secoli fa cumuli di olive o grano, ancor prima tonache di frati carmelitani; ma è ora che il luogo offre il meglio di sé, forse memore e custode di vite passate.
Rinato sotto le vesti di Circolo Culturale Enogastronomico con occhio attento ad arte, musica e letteratura, il Vecchio Mulino ha regalato alla città più di mille eventi in 8 anni, ha studiato e proposto piatti che innovano con sapienza l’uso dei prodotti del territorio ed ha promosso la cultura dell’inclusione, della tolleranza e della solidarietà.
Ieri la serata è stata la solita, se vogliamo analizzarla secondo lo standard del locale: cultura, buon cibo e pienone. Ma, se ci pungesse vaghezza di vedere la cosa da un’altra angolazione, di scontato non ci sarebbe nulla. A chiusura di una stagione strepitosa le note variopinte di Dinatatak, band di sei elementi provenienti da Francia, Cile, Messico e Italia – Sardegna nella fattispecie -, hanno rimbalzato fra le pareti di tufo regalando ad un pubblico attento e plaudente emotività ed enegia a colori. Sonorità e ritmi diversi che passano per l’espressività del teatro. I Dinatatak fanno del mescolare, fondere e contaminare la loro ragione di vita. Non si spiegherebbero altrimenti strumenti tradizionali come il Berimbau della Capoeira e il cajon peruviano abbinati al ticchettio delle scarpe da tip tap, con risultati che sembrano consolidati dal tempo e invece sono pura innovazione. La lingua utilizzata, manco a dirlo, non poteva essere una sola: spagnolo, francese e italiano.
Eleganza e gestualità presi in prestito dalla tradizione flamenca; gesti ed espressività catturati a piene mani dal teatro hanno polarizzato l’attenzione di un pubblico partecipativo ed attento.
La serata si è conclusa a tavola, naturalmente. Al Vecchio Mulino il cibo è cultura del territorio con storie da raccontare. E il Vecchio Mulino ne racconta almeno quattro all’anno, come le stagioni che si rispecchiano sui menù.
Stregati dalle atmosfere e dai ritmi del concerto appena concluso con uno strepitoso bis, non si può pensare di mettersi a sedere per la cena e limitare le chiacchiere al commensale dirimpetto; sarebbe uno spreco di energie suscitate di fresco dalla musica; meglio in piedi a mischiare lingue diverse, a fondere pensieri e ad inseminare progetti; a parlare di radici programmando frutti nuovi, immersi nella filosofia del luogo, per il quale contagio non è un termine medico, è un’occasione per guardare con gli occhi dell’altro.
Il Vecchio Mulino proseguirà con le serate gastronomiche fino ai giorni di Festa grande, i Candelieri del 14 Agosto, e Ferragosto, poi ricaricherà le pile – ecologiche e sostenibili, naturalmente – per ripartire con nuova carica e linfa fresca – sicuramente biologica -, a settembre. C’è da scommettere: con nuove idee e propositi a colori per scaldare l’inverno.