Serie D – Latte Dolce tra gruppo e difesa: coperta corta, ma le soluzioni non mancano
TALENTO TENCO
di Alessandra Mura
ALL’ALGHERESE CLAUDIA CRABUZZA IL PRESTIGIOSO RICONOSCIMENTO
Con il primo album da solista “Com un soldat” Claudia Crabuzza ha conquistato la giuria del Premio Tenco, raggiungendo l’obiettivo di una vita. Il disco, cantato in catalano di Alghero e pubblicato per l’etichetta Microscopi di Barcellona, racconta la storia di una donna madre e combattente alle prese con le vicissitudini della vita, ricche di emozioni contrastanti, tra amore e desiderio, ragione e speranza, guerre quotidiane e dolori antichi. Arrangiato e inciso alla Casa Murada, Villafranca del Penedes, da Julian Saldarriaga, Dani Ferrer e Roger Marìn, risulta essere il miglior lavoro in lingua minoritaria.
Claudia, come è andata la serata della premiazione all’Ariston?
Una serata impeccabile, tutto perfetto, dal palco alla presentazione, dalle luci all’atmosfera che si respirava in ogni angolo. Ero molto serena, ho cantato con l’emozione giusta che mi ha permesso di fare una buona performance e di godermi appieno la mia conquista. L’Ariston è un palco indescrivibile, abbiamo aperto la serata con la responsabilità di fare un buon ingresso per lo spettacolo ed è andata benissimo.
La critica che ti ha colpito maggiormente?
In realtà non sono una che fa tanto caso alle critiche, mi ha fatto piacere che tutti ci abbiano tenuto a fare i complimenti non solo per come ho cantato ma anche per il look con una mise alla Frida Kahlo che hanno curato Alessandra Mura e Giovanna Maria Boscani di Sassari. La gente ha apprezzato davvero tanto considerando che lì ero il nome minore, mi ha fatto piacere essere notata e applaudita.
Un bel lavoro fatto insieme a Fabio Sanna, tuo compagno nella vita e padre dei tuoi figli. Un sodalizio che si riflette anche nel lavoro, ed è raro no?
Questo album è frutto un po’ del caso, fatto insieme a Fabio che ha buttato giù le musiche dei miei testi. Ci è piaciuto il risultato, siamo andati avanti e abbiamo affidato le canzoni a due musicisti catalani che l’hanno inciso in Catalogna. Non c’è nessuna struttura dietro né etichetta, è stato un pò un lavoro casalingo, diventato molto più serio di ciò che pensavamo. È uscito fuori un lavoro ben fatto con pochissime risorse e ne siamo orgogliosi. Con Fabio non avevamo mai studiato un percorso simile. Lui è uno scrittore regista a cui piace suonare la chitarra, è stato un caso. Per gioco ha preso in mano i miei testi ed è nato tutto. Ci siamo spaventati perché mettere insieme vita lavorativa e vita privata non è mai una buona idea, invece è stata una bella avventura.
Chi è la mente e chi il braccio?
Tutto è nato dai miei testi, lui ha avuto il coraggio di metterli insieme e comporre le musiche, non mi ha chiesto nemmeno il permesso, l’ha fatto e basta. Non essendo un musicista si è espresso molto liberamente, senza le sovrastrutture che hanno i musicisti, con quella spontaneità che forse si è rivelata la direzione giusta. Le paranoie del musicista non l’hanno sfiorato! Anche i ragazzi che hanno arrangiato il disco si sono divertiti molto, esplorando adattamenti molto più spontanei che non fanno parte del loro bagaglio musicale.
C’è un filo conduttore che attraversa quest’album?
C’è sicuramente una mia visione delle cose molto femminile. Non è lo sguardo solito del cantautorato, che generalmente è maschile, in Italia soprattutto. Questo mio modo di vedere le cose con gli occhi di una donna mi mette su un piano di lettura molto differente rispetto a un uomo. Non a caso ci sono sempre le donne, e donne importanti come Frida, oppure Ramona, il comandante zapatista. È così anche nella mia vita reale. Sono una donna che ha vissuto da maschio, andando in giro per il mondo da sola.
Non ti spaventa cantare in algherese, in una lingua minoritaria? Non pensi possa essere limitante per te?
In realtà no. Ho sempre desiderato cantare in algherese e scrivere in algherese, per cui ho studiato tanto. Non mi sono messa il problema se potesse funzionare o meno, non ho mai lavorato per il pubblico o sul piano commerciale. È sempre un lavoro molto di nicchia il nostro. Sono conscia del fatto che abbiamo una porta aperta sulla Catalogna che per noi è molto interessante, ci dà possibilità maggiori rispetto all’Italia come cantautori, quindi la trovo una vera ricchezza, non solo culturale. In realtà la targa Tenco stessa dimostra che anche in Italia c’è spazio per le lingue minoritarie. Se qualcuno poteva avere dei dubbi, ho dimostrato che portare la propria specificità ha sicuramente molte più chance. E questo avviene su tutti i settori. Quando si portano le eccellenze del proprio territorio e si lavora sulla cultura si aprono degli scenari incredibili. L’usa e getta e l’omologato ha il tempo contato, non porta niente di nuovo. Così avviene con la musica.
Targa Tenco e poi ….?
Intanto adesso voglio godere di questa piccola visibilità e capire se riusciamo a lavorare a livelli più alti e avere altre soddisfazioni. È curioso essere considerata emergente a quarant’anni suonati nonostante vent’anni di carriera da cantante, ma in Italia funziona così!
Hai avuto delle proposte interessanti?
In realtà sì, con i Chichimeca abbiamo ricevuto diverse proposte da sponsor molto discutibili con i quali non abbiamo mai voluto avere a che fare. Dovete saper che sono abbastanza “talebana” sia nella vita privata sia sul fronte del messaggio politico, per me è fondamentale distinguersi e avere delle idee precise su cosa voler fare. Nonostante gli evidenti riscontri economici non sono mai scesa a compromessi. Per come vanno le cose oggi, non facciamo unicamente questo mestiere. Si trovano delle scappatoie laterali, facciamo altri lavori che ci permettono di continuare a cantare e a suonare senza compromessi. Non mi sono mai considerata un prodotto commerciale, sono ben lontana da questo tipo di musica e di stile di vita.
Il tuo sogno nel cassetto ce l’hai già svelato e l’hai già realizzato. Ce ne sono altri?
Sì, il mio sogno era salire sul palco dell’Ariston e vincere la targa Tenco. Poi, quello che vorrei fare e che mi auguro è riuscire a fare pochi ma grandi concerti. Prendo come esempio i Radio Haide, che fanno due concerti all’anno, ma quando li fanno ne parla il mondo intero. Il sogno di cantare per il mondo c’è, inserito in un contesto ben più ampio dove arricchisco la mia vita, ma faccio anche mille altre cose, non c’è solo la musica. Ho avuto un ristorante negli ultimi otto anni, ho smesso quest’anno per dedicarmi al disco. Faccio le cose con molta lentezza e quando ne ho veramente voglia, al momento giusto. Il mio sogno oggi è quello di scrivere. Sono una donna a cui non piacciono gli eccessi, nemmeno essere sempre presente sulla scena. Ho dei figli e voglio essere presente nel loro quotidiano, voglio essere innanzitutto una mamma come si deve, e odio lo stress. Voglio fare le cose rispettando il mio benessere psicofisico, senza costrizioni né condizionamenti. Non è facile nella vita di oggi ma credo che sia l’unico modo per mantenere un equilibrio. C’è sempre una grande rinuncia dietro questo ragionamento ma io lo dà già per scontato che non mi interessa una vita sul palco rinunciando a tutto il resto.