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Ricette di Sardegna tra la cicoria e il fico d’india
Storia della cucina di Sardegna oggi vi racconta di due alimenti alla base di molte preparazioni, che hanno notevole valore nutrizionale, la cicoria e il fico d’India
La cicoria selvatica e le sue proprietà medicinali
La cicoria selvatica (cichorium intybus) è originaria del bacino del Mediterraneo e apprezzata in cucina, anche dei Sardi, da millenni. La cicoria selvatica è la pianta consacrata al sole. Pianta raccomandata fin dall’antichità perché giova al fegato, è depurativa, lassativa e diuretica.
Viene citata per le sue proprietà medicinali nell’antico papiro egizio di Ebers. Pianta erbacea conosciuta e apprezzata per le sue virtù terapeutiche dai Greci come kìchora, ma anche come kichòria, kichòreia. Il medico botanico Dioscoride Pedanio, la raccomandava per i disturbi di stomaco e per favorire la digestione.Il medico greco Galeno di Pergamo, uno dei più antichi e grandi maestri della medicina, la definiva amica del fegato, e il naturalista Plinio il Vecchio, ne decantava le virtù nevralgiche, diuretiche, stomachiche e calogoghe. Ovidio, elesse la cicoria a simbolo di fedeltà.
Il cuoco della Roma Imperiale Apicio, la chiamava “intuba”, e la presentava a tavola in insalata, condita con garum, olio e cipolla affettata. Castore Durante consigliava alle donne che avessero le mammelle “languide” di applicarne il succo perché “le ritira e le assoda”. A sua volta, Pierandrea Mattioli, riferiva con scetticismo: “scrivono alcuni superstitiosi, ovvero sperimentatori de gli occulti secreti di natura, che il suo suchio incorporato con l’olio e unto per tutto il corpo fa impetrare favori appresso à i grandi magnati e conseguire da loro ciò che si desidera.”
Dalle radici e dalle foglie, seccate, tostate e macinate, usate anche in Sardegna, come surrogato del caffè, oppure aggiunte al caffè, ne rafforzavano il sapore. Dal ceppo della pianta della cicoria selvatica, derivano molti degli ortaggi che oggi noi coltiviamo: la cicoria, la scarola. La si ritrova quasi ovunque nei terreni incolti e si raccoglie quando le foglie sono ancora tenere, prima della fioritura primaverile. La pianta è ricca di sali minerali, glucidi, lipidi e protidi e diverse vitamine. E’risaputo che mangiare cicoria o berne l’acqua di cottura, produce un notevole abbassamento del valore dello zucchero nel sangue e tiene a bada gli eventuali picchi dopo un pasto a base di carboidrati.
Nella cucina sarda i suoi usi sono molto variegati: per accompagnare i secondi di vario genere, comporre zuppe, come piatto unico, o anche nel ripieno di verdure o carne, impanadas/panadas e culunzones.
La ricetta: Tzicoria sufrissada – Cicoria saltata in padella
Ingredienti per 4 persone:
1 kg di cicoria,1 spicchio d’aglio , 4 cucchiai di olio extravergine d’oliva, sale.
Procedimento:
Mondate la cicoria e lavatela con cura. Mettete sul fuoco una pentola con acqua leggermente salata, portatela a ebollizione e immergetevi la cicoria preparata. Scottandola per circa 10 minuti. Scolatela per bene. Sbucciate l’aglio, schiacciatelo leggermente e mettetelo in una padella dove avrete scaldato l’olio. Fatelo imbiondire a fuoco moderato, poi abbassate la fiamma e aggiungetevi la cicoria. Saltatela qualche minuto e trasferite la cicoria su un piatto da portata e servite.
Il fico d’India e la sua sapa
Il fico d’India è una pianta originaria dell’altopiano Messicano. Gli Atzechi lo consideravano pianta sacra. Pare che il nome fico d’India sia nato grazie a Cristoforo Colombo che giunto sulle coste dell’America, credeva di aver gettato le ancore nelle Indie.
Il fico d’India venne portato in Europa dai primi esploratori, intorno al 1493, nel loro ritorno a Lisbona. Al suo arrivo non fu accolto con benevolenza, come accadde per la maggior parte dei prodotti importati. Appena la pianta inizia a diffondersi, si raccontava che fosse velenosa, e portata dai turchi per distruggere le popolazioni europee.
Piano, piano, la diffidenza si attenuò e venne tranquillamente inserita nelle piante da coltivare, forse per la sua capacità di svilupparsi anche in presenza di poca acqua. E’ ritenuta pianta di enorme potenzialità per l’agricoltura e per l’alimentazione nei paesi aridi. Il suo frutto ha un notevole valore nutrizionale, ricco di minerali, soprattutto calcio e fosforo, e di vitamina C.
La prima descrizione dettagliata della pianta è del 1535, ad opera dello spagnolo Gonzalo Fernández de Oviedo y Valdés nella sua Historia general y natural de las Indias. Linneo nel 1753, nel suo Species Plantarum, descrisse due differenti specie di pianta: Cactus opuntia e C. ficus-indica. Fu Miller, nel 1768, a definire la specie Opuntia ficus-indica, denominazione tuttora ufficialmente accettata.La propagazione della pianta si attua per talea. La fioritura avviene a maggio-giugno, con la produzione di frutti ad agosto.
Le pale della pianta nel Centro America, vengono tuttora utilizzate per l’alimentazione umana, e consumate fresche, in salamoia, sottaceto o candite. In Italia numerose sono le elaborazioni gastronomiche che si possono ottenere con la polpa del fico d’india. Squisita è la marmellata, il gelato, il succo di frutta, il liquore e la sapa. Si può ricavare un interessante liquido sciropposo chiamato estratto, che può essere utilizzato per preparare gli storici mostaccioli, in sostituzione della sapa di mosto. I mostaccioli sono preparati col succo del frutto di fico d’India ristretto, a cui si aggiungono farina di semola e aromi. Interessante è anche la mostarda, preparata in modo analogo, ma addizionata di succo d’uva.
La ricetta: Saba di fico d’India
Ingredienti:
1 kg di fichi d’India, scorza di un arancio.
Procedimento:
Sbucciate i fichi d’india. Spremeteli con le mani in una ciotola. Versate il tutto in una pentola capiente, con un goccio di acqua e ponetela sul fuoco e a fuoco leggero fatela cuocere per 30 minuti. Finito il tempo, filtrate con una garza. Versate il succo di nuovo nella pentola e aggiungete la scorza di arancia. Lasciate cuocere a fuoco lentissimo fino a che il liquido non si addensa. Si ridurrà di circa un quinto e saranno necessarie circa 4 – 6 ore di cottura. Otterrete un liquido denso, scuro e dolce. Imbottigliate e sigillate. Conservate in luogo fresco. La saba di fichi d’india può sostituire la saba di mosto per preparare diversi dolci della tradizione sarda.
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