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Sassari, gli anni ottanta e il rock. Parte II: dalla Woodstock sarda agli Spandau Ballet
di Riccardo Frau
Nella prima puntata abbiamo lasciato una Sassari che si immergeva nel clima degli anni ’80: tramontati gli estremismi degli anni di piombo, è il momento del “riflusso” ed emerge un inedito approccio edonistico alla vita, sull’onda di un certo benessere economico. L’icona freak e hippy non è più di moda e si fa largo il modello del giovane professionista in carriera, lo yuppie: nel 1985 una delle discoteche locali, il Dissident (già Mandingo e poi Byblos), negli inviti, si candida ad esserne il luogo di ritrovo. Non meno di una ventina di locali notturni, intanto, animano la movida locale e dell’hinterland, alimentando il risveglio della comunità, che beneficia anche di una serie di concerti ed eventi culturali con un’intensità mai vista in precedenza.
L’anno in questione si ricorda intanto per la prima grande neve, che mancava a Sassari da tempo: per tre giorni consecutivi a gennaio la città è sotto una spessa coltre bianca e finalmente si possono lanciare le palle di neve in Piazza d’Italia, per chi non lo aveva mai fatto. E’ anche l’era di alcuni fenomeni di costume nati con il fortunato programma TV Quelli della notte, di Renzo Arbore: imperversa la sigla Ma la notte no e il fantomatico Cacao Meravigliao. Arriva anche il film Ritorno al futuro con Michael J. Fox, che lascia il segno.
Intanto, nelle “vasche” dei ragazzi in piazza d’Italia circola una nuova cultura rock, che, intuita da alcuni impresari e spinta da qualche locale di avanguardia, dà sbocco ai primi gruppi professionali. Il 1985 è, in effetti, il momento in cui Sassari confeziona alcune band “formato esportazione” e si ritaglia una parte di rilievo nel primo storico raduno rock regionale: il festival RokkArea (in seguito RockArea) di Tonara, all’inizio di settembre diventa una piccola Woodstock sarda e così sarà anche per gli anni a seguire. Ecco il parterre, per quanto possibile ricavare dalle fonti, delle edizioni degli anni ’80:
- 1985: Cento, Metrò, Bolingo Breakers, Frank Raya, Ice, Y Greco, Araba, Joe Perrino & the Mellowtones, Jab, Death Sentence, Dune, Weltanschauung, Vapore 36, Tomato Ketchup, Crèpes Suzette, Phisique du role. Ospiti gli Skiantos;
- 1986: Next, Agorà, Nice Ray, Ici on va faire, L’altro suono, Jab, Skull, Metrò, Seven Miles, Tomato Ketchup, Dune, Vapore 36, Physique du Ròle;
- 1987: Skull, Rudeboys, Masoko Tanga, Five for Garage, L’Altro Suono Seven Miles, Honeymoon Flowers, Vapore 36, Kim Squad, Wanted the Shocking Beast, Jab, Metrò, Oxigen Traffic Line, Tomato Ketchup;
- 1988: Wicked Apricots, Honeymoon Flowers, Five for Garage, Not Moving.
A proposito dei Not Moving, in anni recenti un componente di questa band livornese descriveva la situazione di Tonara nel 1988 in questi termini: “Trovammo un paese da favola a 1.000 metri d’altezza, con donne vestite con i costumi tradizionali e uomini a dorso di mulo” (così il blog Tonara, Joe Strummer e i Not Moving, in http://tonyface.blogspot.com). La realtà era ben diversa, ovviamente, ma certi stereotipi sull’Isola sono duri a morire.
Nel 1989 invece l’edizione non si tenne, a causa del ritrovamento di una piantagione di cannabis nella zona, che qualcuno (maliziosamente?) collegava all’utenza del festival, come scriveva Repubblica il 23 agosto 1989.
Buona parte dei gruppi del festival inizialmente veniva dal capo nord dell’Isola, rappresentanza poi assottigliata, nel corso degli anni, a vantaggio della zona di Cagliari. Nella prima edizione troviamo in cartellone, accompagnato dai Jab, anche Frank Raya, sassofonista sul brano Donne di Zucchero a San Remo quello stesso anno, dal look con capelli rasta tipo Ruud Gullit (anzi, di più). Nello staff della rassegna spiccano alcune figure che avrebbero poi avuto una carriera nella cultura e nello spettacolo: presentavano il festival Francesco Abate (oggi scrittore e caporedattore della cultura sull’Unione Sarda) e Sante Maurizi (ora attore di teatro), mentre il cameraman era Franco Ferrandu (attualmente giornalista di Videolina).
Non è tutto: nel novembre 1985, da una joint venture fra La Luna Studio di Giovanni Leonardi e la discoteca Paper Moon di Sandro Satta, a Tissi, nasce la rassegna invernale Rockhaus, che darà corso, nella seconda metà del decennio, ad un calendario stabile di concerti con gruppi da tutta l’Isola. In questo passaggio emergono alcuni fenomeni inediti per la movida locale, primo fra tutti il fatto che gli eventi si tenevano di mercoledì: l’idea di una serata infrasettimanale in un locale dell’hinterland era senza precedenti, ma in linea con il clima leggero di quegli anni. I clienti erano giovani professionisti e imprenditori, ma anche studenti universitari, questi ultimi almeno finché i genitori non “tagliavano i viveri”: l’edonismo trovava precisi limiti nella paghetta settimanale. Ad un certo punto della serata, fra l’altro, il Paper Moon serviva un primo caldo agli ospiti della discoteca: una “coccola” in stile metropolitano. Ecco i nomi di alcuni gruppi partecipanti alla prima edizione: Cento, Jab, Bags, Ice, Joe Perrino & the Mellowtones, Tomato Ketchup, Weltanschauung, Seven Miles, Drowner, D.D. Band, Start.
La manifestazione poi si trasferisce ad Ossi, allo Scala Ruja e qui, nel 1986, per la prima volta viene proposto un concerto rock la notte della vigilia di Natale: uno stacco netto dalle tradizioni cittadine, dove si rivisitava in chiave mondana la ricorrenza “familiare” per eccellenza. In seguito la rassegna passerà di mano all’associazione Le Ragazze Terribili e con loro Rockhaus diventerà una selezione per il festival Arezzo Wave.
Nella seconda metà degli anni ’80, intanto, emergono nuove icone giovanili, anche a livello locale: in Piazza d’Italia si notano i primi dark, rigorosamente nerovestiti, ai quali si aggiunge qualche new romantic, con spalline imbottite e vaporose acconciature di capelli colorati. Sul manifesto di una band di rock demenziale dell’epoca spunta una singolare definizione del fenomeno: <<I dark sassaresi non lo sono mai per loro scelta, ma solo piuttosto perché gli piace vestirsi di nero e con qualche decorazione qua e là e allora la gente gli chiede: ma tu sei dark?>>.
Ma intanto il movimento new romantic segna a suo favore un punto clamoroso, perché Sassari ospita, il 18 agosto 1987, il concerto degli Spandau Ballet (al tempo al massimo della loro fama e diretti concorrenti dei Duran Duran), che chiudevano il loro tour italiano proprio nel capoluogo turritano, come annunciato dalla stampa nazionale. Quel giorno Sassari si trovava così ad essere al centro del mondo, con la visita della band glam rock per eccellenza e stuoli di teenager incantate dai loro beniamini di fama planetaria. Meno adorante si mostrò la stampa locale, che, sul piano tecnico, non fece sconti a Tony Hadley e soci. Un ricordo di quella serata è stato pubblicato nel 2015 proprio su queste pagine da Angelo Pingerna (Sogno di una notte di mezza estate. Ottanta Nostalgia. Gli Spandau a Sassari), dove si ricordava che certi miracoli avvengono una sola volta nella vita.
Tornando al rock locale, i gruppi hard e metal intanto crescono: dopo gli Start arrivano i Subway, i Drowner e altri ancora, fino agli Hot Pets, che, oltre all’attività dal vivo, vanteranno una produzione discografica di qualità audio professionale. In provincia, intanto, si distinguono gli Skull e i Twilight Zone di Ozieri, oltre ai Dynamite di Porto Torres. I punk hanno un loro referente nella band P.S.A.- Punk Sound Aganist: creste colorate e giubbotti borchiati rendevano ben visibile in Piazza d’Italia il loro distaccamento.
E’ anche il momento della new wave, che sforna in città gruppi a ripetizione: Next, Atro, FMC, THC, Anonimia, Udidio, Mousetrap, Seven Miles, solo per citarne alcuni fra i più attivi, oltre ai Maniumane, che nel 1989 aprono il concerto dei Litfiba a Sassari. C’è spazio anche per il rock demenziale dei Vietato di Fumare, con una surreale cover di Hotel California degli Eagles in sassarese (!) e per i Jack on Fire, primo tassello del progetto di Alfredo Murtula (prematuramente scomparso) per il gruppo Umiliati & Offesi, che varcheranno anche il Tirreno per suonare sulla Penisola.
Infine, nel 1988 compare per la prima volta in città il blues, con i Blues by Five, che aprono un solco poi seguito negli anni da Blue Velvet, Downtown Blues, Dislocation Blues e, per citare la vicina Osilo, dai Blue Juice, da cui spiccherà il volo il bluesman Francesco Piu, uno dei portabandiera del blues isolano e non solo.
Come si è visto in questa retrospettiva, gli anni ottanta mostrano in generale, Sassari compresa, un nuovo mood e inediti fermenti, con una varietà di movimenti giovanili che si aggrega non più su temi politici, ma intorno a nuovi stili di vita, magari più leggeri, ma molto effervescenti. Questo crogiolo diventa non solo il propulsore di un decennio glamour, ma anche l’humus di una stagione rock senza precedenti.
Ma allora, per dirla con Raf, Cosa resterà di questi anni ottanta?
Non tantissimo, verrebbe da dire ad una prima impressione: durante la pandemia, i microfoni sono rimasti spenti e le chitarre chiuse nelle custodie. Ora che si riprende, c’è in giro voglia di spensieratezza e “la musica che gira intorno” (direbbe Ivano Fossati) è soprattutto quella commerciale, con poco spazio alle produzioni originali delle giovani rock band.
Ma sarà questa l’ultima fermata? O magari la ripartenza sarà anche il momento di un nuovo inizio?
Dopo tutto, diceva un famoso pensatore, la storia non è fatta solo di corsi, ma anche di ricorsi.
Il rock vive a Sassari, negli anni ’80, una delle sue stagioni più intense: sulla spinta di nuovi gruppi emergenti e su iniziativa dei primi manager, il fenomeno esce dalla dimensione underground e si accredita nelle strutture cittadine più prestigiose, come il Teatro Verdi e il Teatro Civico, attirando l’attenzione dei media e di un pubblico sempre più vasto. Partendo da questo primo nucleo, il movimento rock cittadino raggiunge, dalla metà del decennio fino alla sua conclusione, una dimensione regionale e crea i presupposti per esportare alcuni progetti anche sulla Penisola. Per la prima volta questo tema viene condensato in un’unica opera, avvalendosi di materiali di archivio e foto d’epoca. Il racconto, in parte autobiografico, unito alle testimonianze di alcuni dei protagonisti musicali di quegli anni, offre una vista dettagliata non solo sul movimento musicale locale degli eighties e sui suoi attori principali (musicisti, organizzatori, tecnici e case discografiche), ma anche sugli scorci di vita cittadina e giovanile di quel periodo.