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Sassari e dintorni degli Anni Ottanta nel libro revival di Riccardo Frau
di Andrea C. Loi
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Qualcuno si ricorda della Sassari degli anni Ottanta?
Anni giudicati dalla storia come ‘effimeri’, ‘incoscienti’ e per Montanelli addirittura ‘di fango’.
Ma per i teenager di allora sono stati solo scanzonati, colorati e decisamente musicali.
C’è stato infatti un tempo dove la tecnologia era ridotta al lumicino, gli smartphone non esistevano e i social network erano le salette ( o le cantine, fate voi ) che pullulavano rigogliose in città: veri e propri templi laici dove si predicava il verbo del Rock ‘n’ Roll e si tenevano gli amplificatori a manetta col miraggio di poter rilasciare l’agognato disco – rigorosamente in vinile – vero e proprio segno distintivo che demarcava uno spartiacque, quello di chi ce l’aveva fatta. Farlo sotto i riflettori del Sunset Strip a Los Angeles o nella Milano da bere, patria italica delle case discografiche, era una cosa relativamente realizzabile; provarci nella provincia sarda, alla periferia del music business, aveva tutto un altro sapore, quello dell’impresa. Vintage non è soltanto il memoriale di un’epoca chiassosa, spensierata e vissuta con tanto di esilaranti e inediti retroscena, ma un revival sociale di personaggi, band e aneddoti che hanno animato quel decennio. Un momento storico che rivendica una dignità artistica e fa riemergere uno spaccato culturale di quella commistione di suoni che sono stati gli Eighties: la stagione in cui migliaia di adolescenti inquieti – oggi adulti – si sono riconosciuti.
Riccardo, raccontaci subito di questo libro. Il titolo “Vintage. Rock e dintorni nella Sassari degli anni ’80” non lascia adito a dubbi.
Volentieri. Intanto, va detto che negli anni ’80 ebbi modo di suonare in una delle rock band più longeve in città, ma questa parentesi era rimasta accantonata nei decenni, finché, recentemente, ho ritrovato uno scatolone di cartone dove avevo conservato, all’epoca, decine di memorabilia musicali: biglietti e locandine di concerti, foto, articoli di giornale… Questo ritrovamento ha fatto scattare la scintilla della memoria e sarebbe poi divenuto il corredo documentale del libro. Poi è arrivato il primo lockdown e, in quel silenzio surreale, si è fatta strada l’idea di questo lavoro: dopo aver pubblicato oltre sessanta saggi giuridici, era ora di cambiare genere! Due parole sul titolo. La parola vintage indica un oggetto di valore prodotto almeno vent’anni prima del momento attuale: il libro voleva essere proprio un tributo ad un’epoca lontana, gli anni ’80 appunto, ma ricca di eventi e di fermenti culturali, un vero periodo aureo per Sassari, che, fra l’altro, nessuno aveva narrato prima. Forse era il momento per riportarlo alla luce, prima che se ne perdesse la memoria. Il perimetro musicale poi è espressamente riferito al rock, visto che lo avevo un po’ vissuto in prima persona. Quindi è non solo la storia del rock, ma anche un po’ la storia dei costumi della città in quei dieci memorabili anni.
Il periodo preso in considerazione sono i ‘famigerati’ anni Ottanta quelli della “Milano da bere”. Parlarci dell’atmosfera che si respirava in quegli anni in città.
Intanto si usciva dagli anni settanta e stiamo parlando degli anni di piombo: ancora ricordo, nel 1978, l’auto che passava in viale Mancini con gli altoparlanti che annunciavano l’uccisione di Aldo Moro. E anche a Sassari gli scontri a sfondo politico erano quasi all’ordine del giorno. Negli anni ’80, si inizia invece a “respirare”: sono gli anni del riflusso e le estremizzazioni politiche vengono messe da parte. I soldi giravano e le attività del tempo libero ne traevano ovviamente vantaggio: concerti, discoteche (il Dissident, il Serra Nera…), locali di intrattenimento notturno dappertutto. Se non era la Milano da bere, era comunque una svolta glamour mai vista prima. Nella prima parte del libro cerco di descrivere questo momento di passaggio, che rappresentava una svolta nell’atmosfera cittadina.
Sassari era un po’ l’ombelico del mondo in Sardegna a livello economico e culturale. La città pullulava di band e non mancava di certo fermento e voglia di fare…
Vero. A Sassari intanto arrivano nomi come Gaslini e Carla Fracci, Wayne Shorter e Ornette Coleman, i Working Week e gli Spandau Ballet, per dirne solo alcuni. Anche a livello locale si formavano le prime band, ma non c’era un circuito musicale professionale, almeno per il rock: chi organizzava un evento rischiava in proprio, magari affittando un cinema o una sala parrocchiale e anticipando di tasca. Un esperimento interessante lo fecero i Quasar, prendendo il cinema Nuovo Astra per un matinée a cui invitarono gli studenti delle scuole superiori e suonarono un intero album dei Genesis: pionieri, come altri che vengono citati più in dettaglio nel libro.
Come iniziò “tutto”. Quale fu la scintilla che dette il via a una scena musicale probabilmente irripetibile?
Il Big Bang probabilmente coincide con la rassegna rock Musica Musica ’83 del dicembre 1983 al Teatro Verdi: è un passo epocale, visto che per la prima volta si ammette un evento di questo tipo nel “sacrario” della lirica. Nel settembre 1985 (anno della grande neve in città) nasce poi il primo raduno regionale, il Rokkarea di Tonara e i gruppi sassaresi, per diversi anni, avranno una parte importante nel cartellone. Ancora: a novembre 1985 inizia il festival Rockhaus, prima in una discoteca di Tissi, il Paper Moon e poi a Ossi, allo Scala Ruja: diventerà la rassegna invernale stabile del rock sardo per tutti gli anni ’80. Nella seconda metà del decennio, si registrò poi un’esplosione di gruppi new wave. Non è possibile qui richiamare tutte le band citate nel libro, ma ricordo che i Maniumane, nel 1989, furono il gruppo di apertura al concerto dei Litfiba a Sassari. Ma dobbiamo anche riportare che il 18 agosto 1987 gli Spandau Ballet, al massimo della loro fama, vennero a concludere il tour italiano proprio a Sassari, suonando allo stadio della Torres (nello stesso stadio in cui in quegli anni giocava un certo Gianfranco Zola, per intenderci…).
Le “fazioni” erano ben definite… Metallari, paninari, punk. Insomma, per tutti i gusti… Piazza d’Italia il centro nevralgico della socialità…
A metà anni ’80 a Sassari vengono aperte le prime due paninoteche in piazza d’Italia, il Kenny e il Tilt e spuntano i paninari, quasi come a San Babila! Ma ci sono anche i metallari, i punk, gli yuppies e, in seguito, arriveranno i dark e i new-romantic. Davvero un campionario, su scala ridotta, dei movimenti giovanili che si affermavano a livello nazionale in quegli anni. Piazza d’Italia era la meta quotidiana e obbligata delle giovani generazioni: tutti passavano da lì e tutto (musica, amori, amicizie… e inimicizie) nasceva da lì, nelle “vasche” dei ragazzi da un lato all’altro della piazza, affollata e partecipata come non mai da una gioventù variopinta ed eterogenea. Dai giubbotti borchiati, alle giacche di raso con le spalline imbottite, alle creste dei punk: trovavi veramente di tutto.
Le leggende si sprecano. Un aneddoto “musicale” particolare che ti è rimasto particolarmente impresso, che hai vissuto di persona…
Te ne racconto un paio. A Pasqua del 1984, con la mia band veniamo reclutati per suonare allo Stadio dei Pini di mattina, all’arrivo della prima “Ultramaratona dei Nuraghi”: i concorrenti erano partiti da Cagliari il giorno prima e avevano corso tutta la notte. Solo che era una giornata caldissima e all’ora di pranzo non si avevano notizie degli atleti. Non c’era internet, né cellulari e nessuno sapeva se, quando e quanti sarebbero arrivati. Sarà il caldo torrido, sarà la pasta al forno che ci attendeva a tavola, fatto è che abbiamo suonato un paio di pezzi e poi ce ne siamo andati a pranzo. Pagati in anticipo, ovviamente. Poi, nei concerti in piazza in giro per la Sardegna, all’epoca, il nostro incubo era la pecora bollita proposta a cena dai comitati, pasto di cui avevamo abusato, perché suonavamo quasi tutti i fine settimana. Una sera, due di noi, sentendo l’odore della pecora in brodo all’ingresso dei locali dell’organizzazione, sono fuggiti a cercare scampo (e tramezzini) in un bar del paese. Niente da fare: un membro del comitato li rintraccia e li riporta nei locali. Mi ricordo ancora cosa disse: “Erano nel bar di mio cognato. Non sapevano cosa si stavano perdendo!”.
I Jab erano il tuo gruppo. L’aneddoto della batteria citato nel libro è eloquente riguardo la passione che avevate…
Ti riferisci alla colletta per trovare le 100.000 lire per comprare la prima batteria, dopo il provino al batterista con i fustini di Dixan… Ma com’era Sassari in quel periodo per gli appassionati di musica? Non c’era internet, non c’erano i video, né testi o tutorial delle canzoni. Trovavi solo i vinili o le musicassette alle Messaggerie Sarde, anche se il primo negozio era stato il banco dischi dell’UPIM che, all’epoca, stava fra piazza Azuni e via Cesare Battisti, dove oggi c’è Zara: se i bambini si perdevano, dagli altoparlanti chiamavano le madri a recuperarli al banco dischi. Si può dire quindi che la musica è stata importante nel nostro orientamento… Scherzi a parte, la novità vera fu il programma Mr. Fantasy di Carlo Massarini: finalmente alla televisione si materializzavano nei videoclip i gruppi rock. Lì ebbe spazio anche il rock-blues di Roberto Ciotti, che poco dopo ci ritrovammo a suonare a Sassari, al Buen Dia, un music club d’avanguardia sito dove oggi c’è il locale Le Iene, in Via Sorso. Al Buen Dia, nel 1984, praticamente iniziò la carriera da professionista Paolo Fresu e, nel 1985, un giovanissimo Antonello Grimaldi girò, da regista, uno dei suoi primi cortometraggi.
Quell’epoca è passata ormai da trent’anni. Parafrasando il titolo di una famosa canzone di Raf, “Cosa è resterà degli Anni Ottanta”?
Non a caso, ho preso in prestito questo titolo per l’ultimo paragrafo del libro. Alcuni dei protagonisti di allora, purtroppo, non ci sono più. Fortunatamente, altri sono ancora in piena attività, come il bassista Gavino Riva, che allora stava nei Metrò e oggi suona con il bluesman Francesco Piu. Ecco, un solco che fu aperto nel 1988 a Sassari fu proprio il blues, con i Blues by Five e da allora sono stati fatti grandissimi passi avanti: oggi la Sardegna ha dei validissimi musicisti blues “da esportazione”, come lo stesso Francesco o Irene Loche. Fra gli organizzatori, citerei le Ragazze Terribili, che esordirono al Rockhaus e oggi promuovono grandi eventi. Fra i tecnici, impossibile non ricordare Albero Erre, che mosse i suoi primi passi al La Luna Studio e oggi è al top del sound engineering in Sardegna. Un mio auspicio? Sarebbe una bella cosa, se, superate le difficoltà della pandemia, potessimo rivedere in un futuro prossimo lo stesso spirito che animava la città di quegli anni.
Riccardo Frau, avvocato e dirigente bancario, è autore di decine di saggi giuridici nell’ambito del diritto civile, bancario e assicurativo. Già borsista del C.N.R. e docente a contratto di diritto privato all’Università di Sassari, ha collaborato, con gruppi di ricerca, pubblicazioni e conferenze con le Università di Barcellona e di Bilbao. In ambito musicale, durante gli studi universitari ha fatto parte di una delle formazioni rock più attive in città negli anni ’80, incidendo il primo disco nel 1983 e partecipando a tutti i principali eventi rock in Sardegna di quel periodo, come Musica Musica, Rokkarea e Rockhaus. Nel 1984 è stato conduttore di una rubrica rock per una delle radio libere locali ed è stato ospite per un’intervista ad una puntata radiofonica di RAI RadioUno. Fondatore nel 1988 del primo gruppo blues di Sassari, con le sue formazioni più recenti ha suonato sia alla manifestazione Ichnos, per il rientro della Brigata Sassari da Nassirya, sia alla XXIV edizione del Festival Narcao Blues, oltre che ad eventi a Milano, Bari e Lucca. Con i suoi gruppi ha suonato in alcuni dei principali teatri dell’Isola (Verdi, Civico e Ferroviario a Sassari, Le Grazie a Nuoro, Olimpia a Porto Torres, Tonio Dei a Lanusei). Nel 2014 ha prodotto il disco “Milestones”, esposto al Rolling Stones Museum in Slovenia. Nel 2016 e nel 2019 ha organizzato e partecipato a due concerti nel carcere di massima sicurezza di Sassari-Bancali.