Sui passi dei rivoluzionari sardi: visite guidate gratuite nel centro storico di Sassari

Sassari, 25 aprile 2025
Auguri. Voglio iniziare col dirci auguri. Auguri che non vogliono essere sobri, ma carichi di tutti i significati che ognuno e ognuna di voi porta con sé. Auguri a voi. Auguri a chi crede e vive la democrazia come un valore che va custodito, alimentato e costruito giorno per giorno. Auguri a chi sente che il 25 aprile sia la propria festa. Auguri anche e forse soprattutto a coloro che non sentono l’importanza e la cogenza proprio in questi tempi. Auguri anche a loro, perché la loro libertà si fonda qui.
A ottant’anni dal 25 aprile del 1945, questo sentimento di appartenenza alla lotta partigiana e al suo esito finale, la Liberazione, è un dovere morale, storico e collettivo. A ottant’anni da quella svolta storica, da cui scaturisce la nostra democrazia, in un tempo in cui le nostre generazioni vedranno l’estinguersi delle testimonianze dirette di chi ha partecipato a quella lotta che ha coinvolto e ha visto protagoniste tutte le anime antifasciste del Paese. Le stesse anime che poi hanno saputo mettere da parte le differenze e hanno saputo condurre in porto la propria missione attraverso la Costituzione. Tutte quelle persone avevano un’idea diversa di Italia, muovevano da esigenze e prospettive diverse, eppure nella lotta, nel sacrificio per un’unica verità hanno trovato la libertà. Sguardi differenti ma con un unico presupposto, la lotta al fascismo.
Noi fissiamo il tempo attraverso le date. Noi ricordiamo a partire da esse. Ma nessuna data è realmente carica di significato se non ha un motore che la spinge avanti. Questo motore per noi è la Costituzione. Se l’Italia è un Paese democratico lo deve alla Costituzione e alla sua capacità di preservare lo spirito antifascista. La Costituzione è il manifesto dell’antifascismo italiano e determina la democrazia come unica alternativa al regime fascista e a ogni forma di dittatura.
E dentro la Costituzione non sarà mai abbastanza il nostro impegno verso il suo primo articolo: repubblica democratica fondata sul lavoro, c’è scritto. Democrazia e lavoro. Perché parlare della Liberazione soffermandoci sul lavoro? Non c’è vera democrazia senza libertà. Non c’è democrazia senza la possibilità per ogni persona di autodeterminarsi e di emanciparsi dal bisogno, che è la prima forma di sudditanza, di schiavitù. Non è un caso che i nostri padri e le nostri madri abbiano optato per fondare la Repubblica democratica italiana sul lavoro. Il fascismo ha ridotto il Paese alla fame e alla miseria, l’ha soggiogato nel suo cono d’ombra. Strappandogli le sue libertà, l’ha trascinato verso il baratro della guerra. E il primo fondamento che sorge dalla sua liberazione è il lavoro. I nostri padri e le nostre madri hanno pensato di ripartire da questo. Il lavoro come opportunità di sottrarsi a ogni forma di sudditanza sociale, morale e materiale, ma anche come possibilità di realizzazione della persona, in tutte le sue differenze.
Ecco perché il nesso tra democrazia, liberazione e lavoro deve essere presente alla nostra coscienza. Perché ancora oggi non viene meno il tempo in cui il lavoro manca, in cui il lavoro è sottopagato, in cui il lavoro è occasione di rischio per le persone, in cui il lavoro traccia differenze tra persone e persone, tra classe e classe. La Costituzione è una costellazione di snodi per la libertà. E noi oggi vogliamo ripartire da qui.
Perché se non c’è democrazia senza libertà, non c’è libertà se si è costretti a vivere nel bisogno. Ed è il bisogno che ci sottrae all’altruismo, alla solidarietà, al senso di comunità. È il bisogno che ci rende egoisti, aggressivi, incapaci di fare scelte e incapaci di dire una sola parola netta, seriamente indignata, verso ciò che accade alle popolazioni vicine, alle popolazioni prossime ai nostri confini. Siamo in debito verso chi ci ha liberato ma ci chiediamo se siamo davvero liberi di allungare la mano e toccare la libertà altrui. Perché se potessimo toccare le altre popolazioni con la nostra mano, sentiremmo gli effetti della guerra, dell’oppressione, dello sterminio, della violenza.
Impegnati nei nostri conflitti sociali, assistiamo quotidianamente a conflitti che insanguinano il mondo: siamo davvero rassegnati alla semplice conta degli scenari di guerra? Conflitti che perdureranno se non metteremo la pace al primo posto, se non ci faremo piegare all’esclusiva logica delle armi: noi crediamo di poter dire ad alta voce che non si dà difesa alcuna senza un’armonia tra i diversi ordinamenti della nostra Europa, senza una economia comune, una economia di coesione e di interessi comuni. La moneta unica non realizza questo insieme, tantomeno possono farlo le armi. Nel liberarci i nostri padri e le nostre madri hanno fondato la Repubblica su una Costituzione che è un contenitore di valori. Non guarda soltanto alla difesa, non è l’esplicazione di un solo valore.
L’8 novembre del 2024 Sassari attraverso il Consiglio comunale si è dichiarata Città della Pace. Non solo per continuare a costruire la pace nella nostra quotidianità, la quale – pur nei problemi – ha fortune che altre comunità non hanno e che alcune non hanno mai avuto. Siamo stati liberati e in questo, quindi, ereditiamo una doppia fortuna. È con questo che diciamo che siamo Sassari ma siamo anche Ucraina, siamo Palestina, siamo Siria, siamo Myanmar, siamo Sudan, siamo Somalia, siamo Congo, siamo Maghreb, siamo Kashmir, siamo Sudamerica.
Se non possiamo dire questo, cosa possiamo fare? Cosa insegniamo alle nuove generazioni? Con quali occhi guarderanno il futuro? A ottant’anni da quel giorno è ancora 25 aprile 1945. E il rischio che la sua presenza sbiadisca è sempre imminente, che la memoria indulga alla nostalgia, che diventi simbolo e non anima attiva. Non c’è una sola parola di queste che non fondi la sua possibilità nell’antifascismo. Noi sappiamo però che la società è una trama fatta di differenze. E noi queste differenze le tuteliamo tutte. E a chi crede di poter sorvolare su tutto questo chiediamo: cosa faresti oggi? Cosa avresti fatto? Cosa preferiresti? Sceglieresti il baratro o la libertà? Chi si è sacrificato per noi non ha indugiato davanti a questa scelta.
Viva il 25 aprile, viva la Resistenza, viva la libertà!