Sassari – ATP, il biglietto per viaggiare sui bus diventa elettronico
ROMPETE LE RIGHE
La larga vittoria di Reggio ai play-off chiude un anno deludente. È finita
Qualcuno degli esangui interpreti di questo impari scontro – ai quarti contro Reggio Emilia – avrà tirato un sospiro di sollievo, cominciando a respirare la salutare aria delle vacanze estive.
Ci sono tanti modi per scucire dalle proprie casacche il tricolore. La Dinamo ha scelto il meno glorioso, sottraendosi alla battaglia prima del tempo, davanti ad un pubblico velocemente immalinconito. Il forte centro Polonara aveva bellicosamente annunciato le intenzioni della Grissin Bon, che non ha dimenticato l’atroce beffa di gara-sette contro il Banco di Sardegna.
Lo spareggio era stato vinto al Palabigi, ed ha elettrizzato un’intera isola. Stavolta sbattiamoli fuori, aveva detto. Missione compiuta. Tre a zero: tutti a casa.
Nessuno ha domandato al roster di Stefano Sardara il bis di un trionfo irripetibile e leggendario, dopo il profondo lifting dell’organico. Siamo certi che nel calcio l’incredibile Leicester di Claudio Ranieri sarà improvvisamente richiamato ad un amaro ritorno alla realtà, dopo la sbornia di una indimenticabile vittoria nella Premier League. Ma l’approccio della squadra sassarese è stato infelice, per una serie di ragioni ambientali che non conosciamo, e che non concediamo al gossip.
La rinuncia traumatica a Meo Sacchetti è stato il primo trauma. Senza il padre buono e rassicurante di un basket libero dagli schemi e dalle tossine di un esasperato tatticismo, qualcuno si è smarrito. Il totem Lawal ha legittimamente scelto l’aureo contratto di Barcellona, e non è mai stato sostituito nel corso di questo campionato. Varnado è discreto, ma non fa la differenza.
Eyenga è stato un’ala forte reattiva, ma di limitati gesti tecnici. L’ectoplasma Petway – ed il suo grottesco gesto dell’arciere – sono stati il più imbarazzante degli equivoci, laddove è stato tagliato un buon play-guardia discontinuo ed individualista come Haynes, che magari chiedeva un quintetto più armonioso e saggio da gestire in regia. Il campione David Logan ha cantato e portato la croce, presentandosi senza benzina all’appuntamento degli scontri diretti, che lo hanno visto malinconica e rinunciataria comparsa.
L’altro top player Alexander è stato alterno e amnesico in difesa. Quando la gestione di Marco Calvani – il professorino arcigno e severo, che vive di lavagnette e scarica sugli altri le colpe di una impressionante serie di rovesci – è sembrata una scelta tragicamente sbagliata, ecco il coniglio estratto dal cilindro del Palaserradimigni.
Il general manager riprende la panchina, e comunque corona l’inseguimento ai play-off con l’ingresso tra le prime otto. Qui finisce l’avventura. Gli interventi sul mercato portano un buon combo tiratore dalla lega cinese, ed Akognon non demerita prima dello sciopero contro Reggio. La stella chiamata a galvanizzare un ambiente con il morale sotto i tacchi è il bizzoso ed isterico Mitchell, che gioca da solo e si rivela un fallimento tecnico ed umano, pericolosamente annunciato dagli amici di Trento.
Ma certe voci non sono state ascoltate. In questa fallimentare stagione – che certamente costa un bagno di sangue in chiave di sponsors prossimi venturi – è stato ferito lo zoccolo duro degli italiani, con il sacrificio di De Vecchi e Sacchetti, l’umiliante trattamento dedicato ad un vecchio maestro come Marconato, il ridimensionamento del giovane leone D’Ercole ed il cattivo utilizzo di Matteo Formenti. Adesso serve l’immediata decisione sul nuovo coach. Gira il nome di Frank Vitucci, ma salgono le azioni del Diablo Esposito e dello stesso Federico Pasquini.
Serve un play vero e con senso del gioco, non necessariamente con troppi punti tra le mani, ed il ritorno del giovane fenomeno Spissu. Logan potrebbe regalarci l’ultimo anno, ma bisogna sbrigarsi. L’ala deve essere forte fisicamente e duttile, con un buon tiro ed il senso della coralità, dopo i cattivi solisti del recente passato. L’ala potrebbe essere un forte italiano, possibilmente di buona tempra.
Il centrone è da scegliere tra quelli già innestati in Serie A. Il giocattolo si rompe, se da questa lezione non arrivano frutti immediati. Quello che conta è non fare drammi. Il grande pubblico di casa deve sentirsi ancora inebriato dei recenti allori, e non deve disaffezionarsi alla sua Dinamo senza una prova di appello. Siamo certi che l’orgoglio di Stefano Sardara celi una grande rivincita. Siamo pronti a pregustarla.
Alberto Cocco
© RIPRODUZIONE RISERVATA