Serie C – Torres, batti un 4! Rullato il Carpi per il terzo posto definitivo

di Andrea Loi
Vicende umane e sportive dei protagonisti isolani della noble art nel nuovo libro di Argentino Tellini “La vita a pugni”
“La vita a pugni” non è solo un libro di pugilato. Attraverso le vicende umane e sportive dei protagonisti ci si potrà specchiare nella storia di un paese di provincia come Porto Torres. Una comunità che ha subito negli anni una trasformazione epocale, come nessun’altra comunità dell’isola: da paese agricolo e di commerci portuali ad una delle più grandi realtà industriali d’Italia. Per poi sprofondare nel baratro economico in cui si trova. Il pugilato è risultato in netto contrasto con l’andamento economico turritano. Infatti dagli anni ’30 ai ’60 esplose nel suo massimo fulgore, quando in città c’era davvero la fame e la boxe per taluni era l’unico mezzo per mangiare. L’avvento del petrolchimico e del benessere economico hanno distratto parecchi giovani e le palestre hanno cominciato ad essere disertate. Ma c’è un altro fatto che spiega il declino del pugilato turritano: la morte del suo fondatore Baciccia Martellini, avvenuta nel 1973. Dopo la sua scomparsa il movimento non fu più lo stesso. Baciccia Martellini va annoverato fra i più grandi allenatori italiani di ogni epoca. Grande allievo di Steve Klaus, demiurgo del pugilato mondiale. Certo, a Porto Torres e nel territorio ci sono stati altri formidabili combattenti, eccellenti organizzatori come Alberto Mura, ma il pugilato tecnicamente si è impoverito, come del resto in ogni parte della penisola. Ora cerchiamo di capire come la palestra di pugilato guidata da Baciccia sia arrivata ai vertici nazionali e ci sia rimasta per oltre 40 anni, fatto unico in Italia. Pochi infatti possono fregiarsi della caterva di titoli conquistati dai pugili turritani.
Dalla città turritana al Madison Square Garden di New York Storie di pugili sardi famosi e non, che hanno lasciato il segno
Pino Mura incalza Girgenti nella sfida per il titolo< Il pugilato a Porto Torres non era solo uno sport, ma un fatto di costume. Dal 1930 in poi lo praticavano quasi tutti e la palestra fungeva anche da centro sociale. Ma andiamo per gradi. I guanti in città li portò Antonio Polese, un giovane boxeur che aveva vissuto a Milano. Era il 1931 e si diceva che Polese (poi costruttore di barche come tutta la famiglia) si allenasse col mitico Erminio Spalla, una stella dei guanti italiana ed internazionale. Baciccia, ventiseienne podista, si innamorò di quei guantoni e decise di fondare la boxe. Le palestre erano a dir poco anguste, ubicate nei sottoscala o nei magazzini in disuso. Erano inoltre attrezzate con mezzi di fortuna. Per docce si usavano tubi collegati a delle “tambullane”, che sul tetto venivano riempite con secchi d’acqua dai bambini, gli sciuscià turritani. Ce n’erano tanti, tutti futuri pugili. Dopo pochi anni arrivarono i primi risultati. Peppino Masia, detto Gatturi’, negli anni ’30 fu un mosca di valore nazionale. Anche se il primo pugile a mettersi in evidenza fu Nino Perantoni. Poi seguirono tanti altri. Negli anni ’40 di valore eccelso furono Peppino Madeddu e i fratelli Sini, in particolar modo Anselmo e Salvatore. Peppino fu un gallo di eccezionale valore, emigrò a Genova sotto le cure di Bensi, celebre maestro dell’epoca. Madeddu venne però mandato allo sbaraglio. In allenamento combatteva giornalmente con pugili di 20 chili più pesanti di lui, con conseguenze gravissime per il suo fisico. Una triste storia. Anselmo Sini invece si misurò con autentici campioni di valore europeo come Formenti e Pollidori. Dopo la guerra il pugilato a Porto Torres e in tutta l’Isola divenne ancor più importante. Nel’antica Turris venne il tempo dei Colombino, Ruggiu e Giaconi. Quest’ultimo sconfisse da dilettante niente di meno che Duilio Loi, uno dei più grandi della boxe italiana di sempre. Tuttavia il più grande del periodo fu sicuramente Mario Solinas, pugile e maestro eccezionale.

Nel 1947 conquistò al Verdi di Sassari il titolo italiano dei mosca professionisti contro Gavino Matta, il più bravo pugile sassarese di ogni tempo. Il bello però per la boxe turritana doveva ancora venire. Negli anni ’50 Baciccia forgiò un’irripetibile generazione di pugili. Atleti del calibro dei fratelli Iacomino, di Bruno Striani e di Mario Altana furoreggiarono ovunque. Erano tutti pugili che oggi come minimo sarebbero di valore europeo. Lo erano già allora, figuriamoci adesso. Ma fu Francesco Fiori a strabiliare maggiormente. Nel 1963 salì addirittura sul quadrato del Madison Square Garden di New York, il tempio della boxe mondiale. Sbaragliò il campione statunitense dei medi alla sesta ripresa. Poi altri match vincenti a Boston, Baltimora e Toronto. Porto Torres nel frattempo era in pieno boom economico, la molla della fame che spingeva i ragazzi in palestra non c’era più. Tuttavia la boxe turritana espresse ancora campioni del calibro di Costantino Fiori e Pino Mura.

Quest’ultimo fu olimpionico a Città Del Messico, Campione italiano dilettanti e vincitore nel 1967 dei Giochi del Mediterraneo. Il buon Pino nel 1975 divenne anche campione italiano professionisti dei Gallo, nel match epico contro Girgenti, disputato al Campo Occone di Porto Torres davanti a 10.000 persone in delirio. Dopo la morte di Baciccia altri pugili si affacciarono all’orizzonte: i nuovi scugnizzi turritani. La boxe continuò ad essere seguita, anche se i valori tecnici diminuivano dappertutto. Candidda, Salis, Piga continuarono negli anni ’70 la grande tradizione portotorrese, insieme a tanti altri. Negli anni ’80 di grande valore furono Mario Falchi e Angelo Sassu, campioni italiani nei novizi e nei dilettanti. Negli anni a seguire un grandissimo talento è stato Domenico Mura, un welter medio numerose volte in nazionale negli anni ’90, anche con i gradi di capitano. Col suo Boxing Club nel frattempo imperversava l’indimenticabile Alberto Mura, pugile e soprattutto organizzatore.

Alberto riuscì a portare il pugilato turritano e sardo ai fasti di un tempo, con i suoi formidabili eventi mai visti prima. Nel 2012, a soli 54 anni, una terribile malattia se lo portò via. Tuttavia fece in tempo ad esaltare Tore Erittu, l’ultimo campione espresso dalla città, due volte sul trono italiano dei massimi e dei massimi leggeri. Nessun sardo è riuscito in questa impresa e Tore è ancora in attività. Porto Torres nel frattempo è sprofondata in una grave crisi sociale, con la chiusura del petrolchimico e delle sue industrie. Il pugilato rimane una delle sue poche certezze.Sempre un movimento vivo, certo non più paragonabile a quello di un tempo. Nel libro ho descritto in maniera ben più dettagliata tutta questa fantastica epopea, dedicando ampio spazio anche alla boxe sarda e ai suoi valenti interpreti che hanno fatto la storia.

La maggior parte è cresciuta a Cagliari , nella mitica palestra Sardegna di via Barone Rossi. Zuddas, Rollo, Manca, Melis, Udella, Atzori, Puddu sono nomi del firmamento pugilistico non solo sardo, ma addirittura mondiale.Ce ne sarebbero altri, valorizzati dal grande organizzatore cagliaritano Antonino Picciau e dal maestro Lello Scano. In questo contesto non si può dimenticare il più grande di tutti: Tore Burruni da Alghero, Campione del Mondo e più volte Europeo negli anni ’50 e ’60. Per non parlare del recente olbiese Simone Maludrottu, campione europeo nel 2004 e Mondiale sfiorato in Giappone nel 2008. Insomma nel libro “La vita a pugni” sono tante le storie che meritavano di essere ricordate. Nelle pagine ne troverete a centinaia. Sono stati uomini e pugili che hanno dato tutto se stessi in nome di una vittoria, spinti da un orgoglio antico. La copertina è del più grande pubblicitario del mondo: Gavino Sanna da Porto Torres, che ha anche scritto uno avvincente capitolo su Mario Altana. La prefazione è del Nino Nazionale, ovvero Nino Benvenuti, ex Campione del Mondo dei pesi medi. L’editore è Carlo Delfino, una garanzia. L’opera sta avendo un grande successo: 360 foto e 330 pagine scritte col cuore. Per onorare la memoria di uomini che non potevano cadere nell’oblio.