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Paolo Citrini, il narratore straordinario della Dinamo
di Gibi Puggioni
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Paolo Citrini, otto stagioni, a partire dall’A2, 434 partite nelle vesti di assistant coach al fianco di Sacchetti, Calvani e Pasquini. Con Esposito non c’è stato rapporto. Poi, svanita la possibilità di andare fuori per un’esperienza da coach, deve scegliere fra due opportunità non certo esaltanti: trasferirsi a Cagliari all’Academy o dirigere il settore giovanile. Paolo è in crisi. Una sera con Sardara e il Gm
Pasquini viene fuori una terza opportunità: occuparsi della Dinamo Web Tv che, nata due anni prima, ha bisogno di un lancio definitivo. “Te la sentiresti di occupartene a tempo pieno?” gli chiede Sardara. Paolo che da giovanissimo è stato un giornalista sportivo, vede una prospettiva interessante.
Una stretta di mano, un abbraccio, forse qualche lacrima; poi smessa la tuta, indossa gli abiti normali di un giornalista normale che deve portare avanti un progetto straordinario. E intanto lavora a una pubblicazione, La mia Dinamo dietro le quinte, non un libro di appunti presi in questi anni, ma ricordi a braccio, vissuti dentro il campo, negli spogliatoi, al fianco delle persone che lo hanno accompagnato in questa avventura.
Com’è stato il ritorno in TV?
Esaltante. Il video di Jack Devecchi che alza la Europe Cup sul parquet di Würzburg ha fatto registrare 112mila visualizzazioni. La partita di
ritorno 95mila. Il discorso motivazionale del coach Pozzecco ai giocatori negli spogliatoi 73mila contatti. Con Dinamo Tv raggiungiamo i sardi in tutto il mondo, li informiamo quotidianamente di qualsiasi novità e il riscontro arriva nelle trasferte europee.
Un grande progetto che ha un solo precedente realizzato dalla Juve nel calcio. Diamo un prodotto che arriva tutti i giorni a chiunque voglia avere notizie della Dinamo, in qualsiasi parte del mondo si trovino, attraverso le varie applicazioni web.
Analizziamo la stagione appena conclusa. In campo abbiamo visto due squadre completamente diverse: quella deludente guidata da Enzo Esposito e quella travolgente del suo successore Gianmarco Poozzecco. Più che vedere problemi tecnici mi è parso che Esposito abbia sbagliato l’approccio psicologico con i giocatori. Da mental coach, qual è la tua opinione?
Esposito è un buon allenatore, un grande lavoratore, ma questo alle volte non basta. Pozzecco è stato bravo a trasformare psicologicamente i suoi giocatori. Con la sua umanità e le sue qualità di coach è riuscito a far scattare nella testa dei giocatori quel clic che ha portato la squadra a svoltare arrivando a conquistare 22 vittorie consecutive e a sfiorare la conquista del secondo scudetto.
Hai tracciato un ritratto di Meo Sacchetti.
D’altronde lo conosco bene. Secondo voi nel 2015 la Dinamo aveva un roster lungo e forte per raggiungere i traguardi che ha raggiunto?
Certamente no. La verità è che tutti giocano bene con Meo. Illustri sconosciuti con lui sono diventati straordinari giocatori. Sa di basket,
sa leggere nella testa dei giocatori, scarica su di sé le tensioni che potrebbero condizionare la squadra.
Ma un po’ con lui ce l’hai stando a quello che hai scritto nel capitolo La mia anima nel Purgatorio…
Per me è stato come un padre e ne conservo un bel ricordo. Ma nella vita non tutto va sempre come vorremmo e alle volte le strade si dividono. Non mi aspettavo niente, sono felice di essere rimasto alla Dinamo, di essere uno dei capisaldi di questa società. Dinamo Tv ha oggi un ruolo importante nell’informazione e lo avrà ancora di più nel futuro grazie ad un nuovo progetto sul quale c’è totale intesa con il presidente.
Il più forte giocatore americano arrivato alla Dinamo è Travis Diener?
No, il più forte è stato Drake Diener, come giocatore e come uomo. Accanto a lui collocherei Bootsy Thornton, straordinario giocatore, uomo squadra dotato di una rara mentalità vincente che ci è stata di grande aiuto. Drake l’ho conosciuto nel 2006 quando stavo a Castelletto Ticino. Il gm Gianmarco Vacirca, che lo seguiva dai tempi del college a De Paul Chicago, lo aveva chiamato in A2. Ma dagli Usa arrivavano voci allarmanti sul suo stato di salute. Lo accompagnai a Varese dal medico che avrebbe dovuto decidere sulla sua idoneità agonistica. Drake era pallido, tirato. Il medico gli diagnosticò una malattia grave ma curabile se tenuta sotto controllo. Il suo sorriso liberatorio alla fine della visita fu una delle più belle cose che una persona possa vedere. Andammo a pranzo e nel pomeriggio Drake volle allenarsi. Tiri da ogni posizione. Un bombardamento davanti ad alcuni giocatori incantati dalla sua meccanica di tiro. Uno spettacolo. Per quella stagione un giocatore come lui, che avrebbe potuto giocare ancora nell’Nba, firmò un contratto da 45 mila dollari. Drake aveva fame, voglia di vincere. Fisicamente si riprese presto. Da Castelletto Ticino passò a Capo d’Orlando, poi a Siena, Avellino e Teramo. Nel 2011 raggiunse il cugino Travis alla Dinamo. Nacque una coppia di tiratori eccezionali. A Sassari era arrivato un play che aveva giocato in Nba, implacabile tiratore, ineguagliabile assist man.
Al ritorno da Venezia per la Dinamo, squadra sconfitta, la grande accoglienza degli sportivi in Piazza d’Italia come nel 2015 quando conquistò lo scudetto. Questo pubblico è un fenomeno del basket italiano, sei d’accordo?
La Dinamo ha consentito ad una città, ad una Regione, ad un popolo, di identificarsi nell’orgoglio di essere sardi. Da Venezia, sono sicuro,
ripartiremo per i successi futuri. Il presidente Sardara l’ha detto: “Ci riproveremo”. Forte anche dell’entusiasmo che Gianmarco Pozzecco
ha saputo infondere nell’ambiente, proprio quando la squadra attraversava il suo momento più difficile. Oggi sappiamo chi è il Poz e cosa è in
grado di fare. E soprattutto sappiamo chi è il presidente Sardara.