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Ottanta nostalgia: gli Spandau a Sassari
Sogno di una notte di mezza estate
È una calda sera di mezzo agosto del 1987. Una scia di giovani, con capelli cotonati e laccati, si muove verso lo Stadio Acquedotto, percorrendo a passo lesto Viale Adua.
Si preparano all’evento pop dell’estate sassarese, e l’attesa è febbrile.
Da qualche ora gli ampi parcheggi intorno all’attuale Piazzale Segni sono quasi soffocati dal grande numero di automobili.
Da ogni località dell’isola gli autobus scaricano comitive di ragazzi in festa, che si inseguono e ricorrono festosamente prima di avviarsi verso le gradinate dell’impianto sportivo sassarese.
È in arrivo una delle band europee del momento. Sono il fenomeno musicale dell’anno: gli Spandau Ballet di Tony Hadley.
Non sono esattamente i nostri beniamini. A malincuore io ed i miei amici scortiamo amiche e fidanzate, abbozziamo e quasi digrigniamo i denti. Non riusciamo a capacitarci di questo travolgente successo. Noi maschi – rockettari e metallari della prima ora – ci domandiamo sconsolati quali prodigiosi meriti musicali abbiano conseguito questi giovanotti per meritare un’accoglienza così delirante del gentil sesso di tutta la Sardegna.
Bisogna ammettere faticosamente che sono più astuti di noi, con la loro eleganza glamour e ricercata. Niente da spartire con i modi ruvidi ed esagerati dei nostri cantanti, che indossano jeans attillatissimi ed a zampa di elefante, emettono ruggiti e quasi gridano come degli invasati, accompagnando il tutto con gesti osceni alla platea.
È un mondo completamente diverso: i nostri performers ad esempio si producono in concerti con il volume altissimo. E corrono da una parte all’altra del palco in una sorta di sabbia infernale.
Ma il pop delle masse è un contesto completamente diverso. Niente è primordiale e istintivo. Ogni look e gesto, ogni particolare dell’immagine è curato con sublime astuzia e ruffiana ricerca del facile consenso.
Mancano solo due ore all’inizio dell’evento. Il prato dello Stadio Acquedotto è punteggiato da un’orda famelica di fans, pronte a strappare ogni brandello di stoffa dai panni sontuosi dei propri idoli, vestiti come damerini vanitosi ed un poco sprezzanti. La febbre sale ancora. Sembra la reunion dei Beatles o la nuova data dei Led Zeppelin. Io e i miei amici ci sentiamo un po’ inadeguati e spaesati davanti a questa festa collettiva del pubblico femminile. E proviamo a difenderci goffamente con la greve ironia. Il mio sarcasmo è accolto dalle mie amiche con sguardi truci degni del più trash dei chitarristi di Heavy metal.
Inizia il concerto, quasi sommerso dalle urla delle ammiratrici in estasi. Ogni mossa di Tony Hadley e dei fratelli Kemp è accompagnata dal commento interessato delle nostre accompagnatrici, che ostentatamente ci ignorano: sono proiettate sul minimo respiro proveniente dal palco degli Spandau.
L’apoteosi è durante l’esecuzione di “Throught the barricades”, ma i decibel impazzano anche quando la band esegue “True” e“Only when you leave”. Dagli spalti fioccano le improbabili richieste di matrimonio per gli eroi dell’evento sassarese. Li osservo attentamente: ed azzardo che stiano suonando in playback, ma la mia illazione è accolta da un tentativo di linciaggio. Okay ragazze, come non detto…
Mentre il concerto volge al termine uno della band grida alle ragazzine in lacrime: “Arrivederci Sassari!” Sarà un addio. Certi miracoli avvengono una sola volta nella vita. Tony Hadley – l’uomo bello da sei milioni di dollari – ha lanciato mille occhiate rapaci alle ragazze più carine. Una delle mie amiche sostiene che non le staccava gli occhi di dosso. Ma nessuno l’ascolta, mentre lentamente percorriamo il viaggio di ritorno. Il sogno di una notte di mezza estate è finito.
Angelo Pingerna
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