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Oh capitano! Mio Capitano!
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Jack Devecchi: «La Sardegna ormai è casa, mi sono trovato subito a mio agio e penso proprio che non me ne andrò più via»
O Captain! My Captain!
scriveva il poeta e scrittore statunitense Walt Whitman nel 1865; l’espressione idiomatica è stata in anni più recenti anche uno dei fili conduttori de L’Attimo Fuggente. Il celebre film vedeva protagonista uno strepitoso Robin Williams nel ruolo del professore dal volto umano. Quell’amore per la poesia che il film racconta è un valore dirompente come quello di Giacomo De Vecchi per il basket, per Sassari e per la Sardegna. Lui di momenti topici se ne intende. Non aspettiamo che sia troppo tardi per realizzare anche solo un briciolo del nostro potenziale. Grandi o piccole cose, non importa. Siamo comunque destinati a qualcosa, e quindi dobbiamo farla bene. E Giacomo lo sa. Lui è il Capitano, per tutti Jack, universalmente conosciuto nel mondo della palla a spicchi come il Ministro della Difesa. Dal 2006 è di stanza a Sassari e dal 2015 porta al braccio i gradi di condottiero della Dinamo Sassari. Ha vissuto tutta la parabola del Banco dalla A2, con la storica promozione del 2010, ed è stato protagonista dell’escalation della squadra, culminata col magico triplete del 2015. L’attimo è stato colto, eccome: Scudetto, due coppe Italia e una Super coppa. Pare che nello sport professionistico attuale le bandiere non sventolino più; pare quindi che rappresentare un gruppo non sia più di moda.
Ma il capitano evidentemente rappresenta l’eccezione e il prolungamento del contratto fino al 2024 non solo certifica un atto d’amore per la società, ma quello per una città e un’isola intera.
Ciao Jack, benvenuto sulle pagine di City&City !
Nella passata stagione, per la prima volta sono mancati i playoff da quando siete in serie A. Che cosa non ha funzionato e che cosa salveresti, invece?
Sicuramente non è stata una stagione facile, ma è proprio da queste stagioni che si impara molto. Direi che non siamo mai riusciti a trovare l’equilibrio giusto per avere la continuità necessaria ad affrontare una stagione lunga con molti appuntamenti sia nazionali che europei. Ed è proprio questo che fa la differenza tra una squadra di medio livello ed una che vuole raggiungere obiettivi importanti.
Il nuovo coach ha un passato di grande spessore da giocatore e molta grinta. Che cosa hai imparato da lui e cosa ti ha trasmesso in questi primi mesi?
Esposito è bravo a trasmetterci la sua carica e il suo modo di vedere la pallacanestro; il fatto che sia stato un giocatore di alto livello lo aiuta a gestire la squadra al meglio in situazioni di stress e a leggere più velocemente alcune dinamiche all’interno del rettangolo di gioco.
Il basket è praticato da tanti bambini che rappresentano il futuro di questo sport e la Dinamo ha un settore giovanile importante…
Il fatto di aver avvicinato molti bambini alla palla a spicchi, grazie ai successi e all’entusiasmo trasmessi negli anni, è qualcosa che mi rende veramente orgoglioso; direi che è il messaggio più bello che lo sport possa dare.
Grazie alla Dinamo scudettata a Sassari abbiamo visto due anni di Eurolega e grosse squadre come Real Madrid e CSKA. Un sogno impensabile.
Che cosa ti ha impressionato di questi grandi team?
Le cosiddette corazzate europee sono squadre strutturate in maniera importante con budget ben lontani dalla realtà italiana, ma è stato veramente emozionante affrontare quegli squadroni ed i loro campioni.
Tredici anni in Sardegna. Ormai sei un sardo acquisito.
La Sardegna ormai è casa, mi sono trovato subito a mio agio e penso proprio che non me ne andrò più via.
Un po’ di attualità: raccontaci del nuovo roster…
Gruppo molto rinnovato, un bel mix di talento, atletismo ed esperienza. Prima riusciremo a trovare un’identità, prima riusciremo a toglierci qualche
soddisfazione
Un giocatore italiano o straniero che ti sarebbe piaciuto vedere a Sassari.
Se dico LeBron James, esagero? Comunque sono passati tanti campioni e sono sicuro che ne passeranno tanti altri
Sulle spalle porti l’8; ha un significato particolare per te questo numero?
È il numero che mi hanno assegnato da piccolo quando ho iniziato a giocare a basket, avevo 8 anni; ora ci sono affezionato e non lo cambierei per nulla al mondo.
Raccontaci il Jack uomo, quello lontano dai campi da basket…
Un ragazzo normalissimo con i suoi hobby: viaggiare, praticare altri sport e frequentare amici – quasi tutti sardi! -. E ovviamente una famiglia che è stata sempre il mio punto di riferimento.
Lo scudetto del 2015 rimarrà nella memoria della città di Sassari e di un’isola intera. Cosa è rimasto di quel clamoroso trionfo tanto bello quanto inaspettato?
È rimasta l’emozione di aver raggiunto un obiettivo e un sogno che ogni piccolo sportivo ha quando si avvicina a qualsiasi tipo di attività agonistica. Sono sensazioni uniche che rimarranno per sempre con me.
Nelle sfide epiche e decisive contro Milano in semifinale e con Reggio Emilia in finale, c’è stato un episodio in particolare che ti ha fatto capire che poteva essere l’anno giusto?
Quelli sono stati playoff veramente particolari, sembrava di essere sulle montagne russe; una partita bene e la successiva un disastro.
Anche la stessa gara 7 a Reggio è stata incredibile… Ma per fortuna alla fine siamo stati noi ad alzare la coppa!
Si ringraziano: la dott.ssa Angela Recino, il Presidente Stefano Sardara e l’Ufficio stampa Dinamo Basket.