Scherma – Orgoglio CUS Cagliari: il fioretto maschile va in B1

di Gavino Sanna
© riproduzione riservata
Ora che è stato digitalizzato l’archivio di Sassari Sera, periodico fondato dall’indimenticabile Pino Careddu, Gavino Sanna ci racconta il senso profondo di questa testata: un pezzo essenziale di storia del giornalismo sardo
Da Sassari Sera – n.1 Anno 48
Lo confesso: non mi è mai stato difficile parlare di me, magari parlando di qualcun altro. Mi accingo a farlo per l’ennesima volta. Mi rendo conto di non essere originale: il narcisismo insieme all’egocentrismo è materia ben nota nel nostro mondo di “Sono così bravo, che più bravo non si può”.
Ma più che parlare di me vorrei raccontare qualcosa su Sassari Sera e quindi inevitabilmente del rapporto ricco e silenzioso tra Pino Careddu, uomo di cultura, editore, giornalista e fattorino tutto fare del giornale e me, sempre teso alla ricerca di un contributo politico-sociale da dare alla mia terra. Ricordo che a sedici anni la mia matita incerta trovava ospitalità all’interno di questo giornale già fortemente orientato verso la denuncia di ciò che altri tacevano. Quando lasciai la Sardegna per il continente e poi per l’America non sapevo proprio quale sarebbe stato il futuro di Sassari Sera ed il mio rapporto con esso.
Mi chiedo ancora oggi (molti emigranti potranno capirmi più facilmente) se fosse più giusto lasciare la propria terra, avara di lavoro, depauperata dai potenti, inginocchiata dalle dominazioni, soffocata dalle culture importate, o diversamente, se fosse più giusto rimanere per lottare contro le iniquizie secolari, per cercare invano lavoro senza essere galoppino di nessuno, per sentirsi una specie di Don Chisciotte della Mancia. E come allora non saprei proprio cosa rispondere. Penso però che in entrambi i casi ci voglia del coraggio. In entrambi fede nel futuro.
Pino: tenacemente porta avanti – praticamente da solo – una battaglia che grida in ogni occasione tutta la dignità e genuinità di un popolo che non vuole piegarsi, non vuole tacere di abusi e soprusi che è costretto a subire.
Gavino: pur senza contatti non dimentica la sua terra ed invia la sua rabbia di emigrato in sintetiche caricature sulle poche cose che riesce a sapere da oltre oceano. Non si parlano, non si sentono, ma si capiscono a cinquemila chilometri di distanza.
Quando riattraverso l’oceano per stabilirmi a Milano, la necessità interiore di un maggior interesse sociale e politico verso la mia terra mi spinge ad un ulteriore impegno.
Dietro la sua piccola figura, Pino nasconde una fede incrollabile. Non baratta. Né per altro è abituato a questuare. Non è facile trovare qualcuno disposto a compromettersi con chi è costituzionalmente contro il Palazzo, per cui spesso si ritrova a fare tutto da solo: scrivere, impaginare, imballare, consegnare. Lui non mi chiede nulla; ma trovo la sua testata ormai superata. La sua veste tipografica ricorda il vecchio Espresso. L’aspetto è un po’ grigio. L’impaginazione non invoglia certo alla lettura.
Io non gli dico nulla; mi rimbocco le maniche e mi metto al lavoro. La mia esigenza di un maggior impegno sociale e politico comincia subito a trovare una sua realizzazione pratica.
Il taglio funzionale, la nuova veste tipografica, il formato felice ed adeguato ai tempi danno più leggibilità ai suoi contenuti sulle edificanti storie di Palazzo ed all’ironia dissacrante che tanta materia trova negli esempi quotidiani di scandali e di scempi nei confronti di una terra di cui ci si ricorda solo in tempo di vacanze.
Sassari Sera nasce come reazione al monopolio dell’informazione in Sardegna. Si propone ai lettori come periodico (quindicinale): quasi un riassunto ragionato delle notizie omesse dai due quotidiani dell’Isola. Questa sua caratteristica – l’informazione basata sulla disinformazione calcolata dei quotidiani esistenti – ne fa un giornale specializzato su ciò che succede nel Palazzo. Storicamente e giornalisticamente sfrutta il momento in cui alcuni uomini politici sardi divengono protagonisti della vita nazionale.
In Sardegna trova terreno fertile individuando nella condotta della classe politica e nell’utilizzazione di centri decisionali (Regione, comuni, provincia, enti pubblici) comportamenti improntati all’arbitrio ed all’abuso di potere.
La denuncia di fatti gravissimi, occultati dal silenzio della stampa quotidiana, interrompe un costume di omertà e di connivenza.
Centinaia di lettori, decine di intellettuali emarginati, uomini politici accantonati dal ricambio generazionale dei partiti, vedono questo giornale come una occasione di rivincita morale e di ristabilimento del rapporto fatto accaduto – verità narrata.
Linguaggio e titolazione sono improntati all’irriverenza verso i potenti di turno
Alla trasgressione verso i rituali del potere. Il fatto politico è visto esclusivamente sotto l’aspetto del costume. Il motore della storia non è la politica in senso astratto, ma gli uomini che fanno la politica; nella loro fisicità e quotidianità, nelle loro abitudini e frequentazioni, nella loro banalità elettoralistica e nelle loro ambizioni culturali.
Viene coinvolto, in questo giornalismo d’irrisione e di demistificazione (Sassari Sera è uno dei primi giornali ad usare il disegno caricaturale come satira politica) un mondo di personaggi e di valori prematuramente consegnati alla storia e alla rispettabilità.
La reazione più violenta viene dai giornali che bollano Sassari Sera di qualunquismo e scandalismo. All’inefficacia di questa catalogazione segue una serie calcolata, scientifica quasi, di querele per diffamazione che si risolvono puntualmente in altrettante vittorie giudiziarie. Le vicende giudiziarie contro questo periodico finiscono per accreditarlo presso strati pigri dell’opinione pubblica e cerchie ristrette di opinion maker delegati dal regime politico dominante a camuffare i misfatti in immagini di rispettabilità. La strategia successiva è quella del silenzio, della non-citazione, del black out. Nonostante la congiura del silenzio, dalle denunce di Sassari Sera scaturiscono inchieste giudiziarie e procedimenti contro personaggi pubblici che escono dalla scena politica.
Intorno al ’75, nel clima di permanente scandalo nazionale in cui vive l’intero Paese
Grazie anche ad un tipo di contro-informazione di cui (in versione provinciale) Sassari Sera è tra gli anticipatori, il periodico Sassarese (che è il giornale estensivamente più letto in Sardegna) non potendo più offrire un’emozione dentro ogni notizia, punta ad una specializzazione, scegliendosi il lettore tra gli addetti al Palazzo. Una pausa operativa (dovuta ad una rimeditazione dell’esperienza di lavoro ed all’esigenza di proporsi con una nuova veste grafica) ha chiaramente marcato l’assenza di Sassari Sera, nonostante la nascita di altri due quotidiani.
La fame di contro-informazione, parallela alla vocazione alla disinformazione da parte del giornalismo quotidiano, ripropongono ancora, sul mercato della notizia, l’esigenza della sopravvivenza di questo giornale, legata all’esperienza professionale ed esistenziale del suo unico redattore, direttore e proprietario.