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Magia nera, l’Inquisizione strangolava “per non versare sangue”
L’istituzione ufficiale di un Tribunale in Sardegna risale al 1493 con la nomina di un inquisitore da parte di Tomás de Torquemada. Ecco cosa si può trovare a Castelsardo, Aritzo e Bidonì
La Sardegna non è mai stata isolata dal mondo, anzi è stata – grazie alla sua posizione geografica nel Mediterraneo – uno dei crocevia della cultura medievale umanistica e rinascimentale. Anche nella nostra Isola, dunque, i dotti avevano avuto l’opportunità di studiare la scienza alchemica e i sacerdoti avevano avuto la possibilità di “sposare” la religione cattolica alle teorie eretiche. Una delle capitali di quel mondo, intorno al 1500, è stata Castel Aragonese, l’attuale Castelsardo. Il castello, cinto da un baluardo di mura, fu costruito nel 1112 dalla dinastia genovese dei Doria. Passò poi sotto il controllo degli aragonesi e poi dei piemontesi. Il borgo – un dedalo di vie e viuzze impervie di chiara concezione medievale (un tempo si raggiungevano in groppa agli asini), che improvvisamente sorprendono affacciandosi a strapiombo sul mare cristallino- è senza dubbio uno dei più belli dell’antica Ichnusa.
L’antico castello dei Doria ospita al suo interno molte curiosità legate alla magia nera. “Il Palazzo episcopale – si legge in Contus, un magnifico blog – “propone mostre permanenti di estremo interesse (tel. 079.63.93.099), come Stregoneria, eresia e Santa Inquisizione, in cui sono esposti gli strumenti di tortura utilizzati dagli inquisitori per ottenere la confessione di presunti maghi e streghe”. Solo pochi anni fa c’è stata una eccezionale scoperta, “si tratta di una biblioteca di oltre quattromila volumi risalenti a Cinquecento e Seicento rimasti sepolti per secoli in un’antica cisterna nella cattedrale del castello”, è stato scritto in Contus Antigus. Fra questi frammenti di storia, sono stati messi in luce alcuni manoscritti sono legati alla scienza dell’alchimia. Tra i più interessanti, “un manoscritto seicentesco di un canonico semina indizi che paiono indicare gli altari della cattedrale di Castelsardo come tappe di un percorso iniziatico”. La chiesa del castello Doria, con le sue cripte e i retabli del quattrocentesco Maestro di Castelsardo, ben valgono una visita.
Altri luoghi magici possono essere osservati ad Aritzo, piccolo borgo a centro della Barbagia e alle falde del Gennargentu, noto per i suoi meravigliosi boschi di castagno e i suoi ciliegi, ma anche per Sa Bòvida, l’antico carcere dell’inquisizione, oggi un museo in cui si possono osservare gli strumenti di tortura utilizzati dalla presunta giustizia ecclesiale, ovviamente per interposta persona: la pena era eseguita dall’autorità civile, il cosiddetto braccio secolare – al quale il tribunale dell’Inquisizione rilasciava il reo – perché gli ecclesiastici non potevano (non possono) «spargere il sangue», come indicato dalla costituzione De iudicio sanguinis et duelli clericis interdictio del Concilio Lateranense IV del 1215; anche all’autorità civile il tribunale raccomandava di eseguire la sentenza evitando di spargere il sangue del condannato e la bruciatura sul rogo, con o senza strangolamento preventivo, che evita appunto lo spargimento di sangue. L’edificio di Aritzo presenta un sottopassaggio a sesto acuto di origine spagnola chiamato, appunto, Sa Bòvida (la volta). Il percorso si sviluppa nei vari ambienti dell’antico carcere e comprende “la mostra permanente intitolata Bruxas, dedicata alla magia e alla stregoneria tra XV e XVII secolo: oggetti rituali di tipo religioso, magico e stregonesco introducono il visitatore nel mondo delle credenze popolari e delle più terribili maledizioni. Una parte della mostra è dedicata all’Inquisizione con una collezione di strumenti di tortura, utilizzati per secoli su migliaia di innocenti, accusati di stregoneria e di malefici (per info, tel. 0784.62.98.01), ha scritto Contus.
Anche il centro di Bidonì, 150 anime, ha in questo senso tantissimo da offrire. Nel piccolo centro della provincia di Oristano – sorge a poca distanza dalla costa orientale del lago Omodeo, uno dei bacini artificiali più grandi d’Italia, ricavato dalla deviazione del fiume Tirso – c’è infatti un piccolo museo che parla di streghe e di janas. Nel suo territorio, inoltre, si possono osservare iscrizioni tombali di età romana (il tempio di Giove). “L’età dell’Inquisizione e la lunga storia delle memorie ancestrali e magiche contro cui ha lottato la Chiesa sono raccontate nel museo S’omo ‘e sa Majarza (“La casa della Strega”): stregonerie dall’antichità ai giorni nostri, sulle tracce della magia nera e bianca”, si legge nel blog. Il museo è nella sede del vecchio municipio (tel. 0783.69.044, su appuntamento) e vi si può osservare il Malleus Malleficarum , “Il Martello delle streghe”, un codice pubblicato nel 1486 che diverrà la guida in tutti gli interrogatori per stregoneria.
L’Inquisizione in Sardegna era nata in seno all’unione tra le Corone di Castiglia e Aragón. L’istituzione ufficiale di un Tribunale risale al 1493 con la nomina a inquisitore, da parte di Tomás de Torquemada, di Sancho Marín, dottore in Iuris Utriusque originario di Zaragoza. Fino a quell’anno aveva ricoperto la carica di inquisitore del tribunale di Mallorca, che estendeva le sue competenze alla Sardegna. La nomina risale al 31 marzo 1493, ma l’attività del tribunale incominciò tra il mese di ottobre e novembre successivi. Anche se non vi furono episodi di ribellione verso il Sant’Uffizio, come in altre parti della Corona, si verificarono numerose rimostranze verso il tribunale, accusato di voler impoverire l’economia isolana: non solo molti giudei conversi erano agiati e ben inseriti nell’economia della società, ma i beni confiscati agli inquisiti non rimanevano nel territorio, andando a ingrassare le casse della Suprema. Il malcontento fece sì che a soli due anni dalla sua nomina, il Marín fosse inviato in Sicilia e al suo posto, nel dicembre 1497, venisse nominato Gabriel Cardona, rettore di Peñíscola. La sede del tribunale fu inizialmente stabilita a Cagliari, nel medievale convento di San Domenico, prima sede dei francescani in Sardegna. L’attività di controllo dell’eretica pravità nella Sardegna medievale fu affidata, secondo direttiva pontificia, prima ai francescani e poi all’Ordo Prædicatorum.