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L’ULTIMO DEI MOHICANI IN TERRA SARDA
«Gioco 90 minuti. La velocità non è più come prima, però mi diverto»
Tore Sanna, 77 anni, sassarese. E’ il più longevo calciatore d’ Europa, forse del mondo. Inizia a giocare nel 1950 nella Josto di Sassari e, da allora, non si ferma più. In sessantacinque stagioni ufficiali di fila disputa 3.500 partite con incalcolabili reti. Tore Sanna veste le maglie di Josto, Bonorva e Bosa. Ossese, Sennori, Bono ed Estudiantes di Sassari. Quest’ultima una sua creatura, in cui milita dal lontano 1969. Estroverso e simpaticissimo giocatore, allenatore e dirigente, Tore è uno dei personaggi più noti dello sport sardo.
Tore, ci racconti quella volta dove voi dell’Estudiantes vi siete presentati all’appello dell’arbitro con due squadre?
Era la stagione dei primi anni ‘90. L’allenatore che io scelsi era giovane, uno che metteva la musica ai giocatori prima di entrare in campo. Eravamo primi in classifica, in seconda categoria, ma si mise in testa di mettermi fuori squadra; lo annunciò ai giocatori il martedì, il giovedì, come proprietario della società, gli dissi di fare le valigie. Lui organizzò una specie di ammutinamento e si presentò la domenica successiva a S.Maria la Palma con la maggior parte dei ragazzi che, nel frattempo, lo avevano seguito. Io richiamai i “vecchi”, per cui ci presentammo al campo, come Estudiantes, con due squadre diverse. L’arbitro non seppe che pesci prendere e non diede inizio alla gara. Noi perdemmo a tavolino. La settimana successiva tornai naturalmente al timone della squadra. Quel tecnico imparò a sue spese che non si può comandare in casa d’altri.
Tore, alla tua età hai intenzione di proseguire? Non ti senti l’ultimo dei Mohicani?
Assolutamente no. Il calcio è la mia vita. Ogni tanto provo a fare una partita a tennis, ma non è la stessa cosa. Io voglio vedere le due porte e sentire l’olio di canfora dello spogliatoio.
Ma riesci ancora a giocare?
Certo! Gioco 90 minuti, la velocità non è più come prima, però mi diverto. Quest’anno ho segnato anche due reti, sia pure di rigore. Provo sempre un immenso piacere ad entrare in campo. Quando l’arbitro fa l’appello, mi batte sempre forte il cuore.
Hai conosciuto tanti giovani calciatori in questi decenni: c’è differenza tra quelli di ieri e quelli di oggi?
Oggi ci sono troppi tablet, telefonini e cuffiette varie. L’allenatore parla e il ragazzo, nel frattempo, chatta col cellulare. Non dico di essere come noi, che da ragazzi a Sassari giocavamo ancora con la “marroccura” e a “cirimella”, ma una via di mezzo deve pur esistere.
In questi anni secondo te il calcio è cambiato?
Si, moltissimo. Adesso è più veloce, ma prima c’era molta più tecnica ed era più duro giocare perché ti marcavano a uomo. Vorrei vedere un ragazzo di oggi tallonato da un Costanzo Dettori, il formidabile difensore sassarese della Torres degli anni 60. Non toccherebbe palla.
Anche l’atmosfera di quegli anni era diversa.
Dagli anni ‘60 agli anni ‘80 c’era benessere e, nei paesi, tutti andavanoal campo. Certo si eccedeva anche, come quando negli anni ‘60 in un incontro Sorso – Luras, a fine gara, spuntarono le pistole. Per non parlare di un accesissimo Sennori – Castelsardo nel 1966, quando un tifoso sennorese staccò con un morso mezzo orecchio ad un supporter del Castelsardo. Ogni tanto c’era qualche invasione di campo (Tore ride di gusto), ma a me piacevano quelle atmosfere genuine. Oggi sembra tutto finto, con i genitori che pensano ai loro figli come a dei campioni.
Hai rimpianti?
No. Per quelli ancora c’è tempo.
Argentino Tellini
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