Scherma – Orgoglio CUS Cagliari: il fioretto maschile va in B1

Sempre più isolani, sempre più isolati
Leggevo delle polemiche relative alle dichiarazioni di Roberto Vecchioni sulla Sicilia e, per quanto i modi siano stati abbastanza naif, mi trovo d’accordo con le motivazioni che ha dato in seguito all’affermazione. Che accadrebbe se qualcuno, al pari di Vecchioni a Palermo, venisse qui a dirci “la Sardegna è un’isola di merda”? Che motivazioni darebbe? Le stesse o diverse? Noi sardi non abbiamo infiltrazioni mafiose nel tessuto sociale è vero, ma – c’è sempre un fatidico “ma” da affrontare – siamo così certi di non esserci adagiati su un’idea di noi stessi che ormai è ben lontana dalla realtà?
Siamo un’isola distante dal resto dell’Italia e lo siamo da tanti punti di vista. Geograficamente il nostro distacco è palese. Ma non prendiamoci in giro; siamo distanti anche in molti altri modi. Forse questa lontananza dal resto di ciò che dovrebbe appartenerci potrebbe essere un bene. Lo sarebbe se ragionassimo in termini di conservazione della nostra identità, ma credo che questo nuovo attaccamento alle “radici” stia diventando, sempre più spesso, simile alla disperazione con cui un naufrago si aggrappa ad una zattera, piuttosto che all’amore dovuto alla terra che ci ha dato i natali.
Viviamo in un microcosmo in cui non c’è spazio per il vero confronto e l’alternativa. Chiunque abbia un’idea originale o innovativa viene guardato con sospetto. Avere successo è quasi una vergogna. Il profilo basso – quasi rasoterra – è una legge di vita. E’ meglio non dar da parlare. E’ meglio sminuirci da soli prima che l’occhio malevolo pretenda un livellamento verso il basso. Chi non lo fa è superbo e la superbia è un’onta difficilmente lavabile nel mare di Sardegna. Meglio vivere sereni nella lamentela di ciò che non va, delegando la soluzione dei problemi ai pochi che hanno il coraggio di agire, ben sapendo che qualsiasi azione sarà criticata per il solo fatto di essere stata posta in essere.
Rivendichiamo dunque la nostra cultura! Continuiamo a farlo senza nemmeno capirla pienamente, amandola superficialmente con l’abitudine distratta riservata ad una donna che siamo convinti di possedere. Accontentiamoci dell’immagine da cartolina, dello stereotipo vacanziero di una Sardegna fatta solo di mare, di una bottiglia di birra nostrana, di un arrosto di maiale con in sottofondo un canto “a tenore”. Illusi che ciò che arriva “dal continente” sia meglio di noi, ma disprezzando continuamente tutto ciò che non conosciamo.
Continuiamo allora ad assomigliare a coloro che soffrono di complessi di inferiorità, che gonfiano il petto perché hanno terrore di non essere abbastanza forti! Chiunque si allontani da qui è un “traditore”… bisogna non fare troppa fortuna; l’ideale sarebbe rimanere ma senza alzare eccessivamente la cresta. Non abbiate troppa voglia di fare, oppure anche gli altri saranno costretti ad abbandonare l’immobilismo. Non date il buon esempio! Non fatelo mai, vi prego! Ci sarebbero orde di persone che non saprebbero più di che lamentarsi, troppo occupate nel tentativo di dare un senso ad un territorio che è in grado di regalarci con amore quasi ogni cosa.
Lasciamo la proverbiale fierezza sarda a morire nelle feste del santo patrono e nelle onnipresenti bandiere dei Quattro Mori; quelle che spuntano in tutto il mondo non appena si profila all’orizzonte un qualsiasi gruppo di persone! Limitiamoci a cantare l’Inno della Brigata Sassari ogni 2 giugno… tanto chi doveva morire lo ha già fatto! Isoliamoci di più. Releghiamoci e fustighiamoci. E poi guardiamoci in faccia e diciamoci quanto siamo belli!
Ma se aveste voglia di non farlo; se aveste caso mai il desiderio di essere criticati, mal visti o solo accusati di superbia… beh… c’è un mondo là fuori fatto di risorse naturali, di menti brillanti, di idee, di storia millenaria, di tradizioni ancestrali che probabilmente nemmeno conoscete.
Siate felici! Sorridete! Perché nel mentre ci hanno tolto Ryanair… Siamo ancora più isolani; siamo ancora più isolati. E la “continuità territoriale” ride a crepapelle!
Francesca Arca
© RIPRODUZIONE RISERVATA