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Awake for Days, una storia americana
ph Gina Russoniello
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Una tournée di 40 date negli Stati Uniti e tanti altri progetti da realizzare. Per la band nuorese il sogno continua
Che cos’è il sogno americano? Di solito è la metafora, di chi, attraverso il duro lavoro, il coraggio, la determinazione vuole dare forma ai propri sogni. Questi valori erano condivisi da molti dei primi coloni europei che attraversavano l’oceano e sono stati declinati dalle generazioni seguenti fino ai giorni nostri. Gli anni Settanta e Ottanta hanno rappresentato l’apoteosi e rafforzato un concetto e capitava: la classe operaia può andare in paradiso. Anche con la musica che rimane un potente veicolo di comunicazione e un linguaggio universale. La band capitanata da Nicola Piredda ha giocato le sue carte e l’abbiamo intervistata fresca reduce dall’avventura a Stelle e Strisce.
Innanzitutto grazie per il vostro tempo e il vostro spazio su City&City.
Ci sono tante parole per descrivere la gioia e l’onore di poter fare un tour negli Stati Uniti, possiamo dire solo che non potevamo immaginarci di fare, dopo pochi mesi di lavoro con il nostro management, un tour in America di ben due mesi e mezzo insieme ad una band famosissima come i Cold. Noi pensavamo sarebbero dovuti passare altri anni ed invece siamo stati catapultati in questo fantastico e lunghissimo tour per tutti gli Stati Uniti. Diciamo quindi che è andato tutto oltre le nostre migliori aspettative. Trovarsi in mezzo a strade gigantesche e grattacieli mastodontici è incredibile, soprattutto pensando che veniamo da una piccola città come Nuoro.
Immagino sia un’esperienza fantastica. 40 date sono un numero importante.
Raccontateci un po’ nei dettagli…
Sì, 40 date sono un numero enorme, anche perché noi non abbiamo mai fatto un tour così lungo e sinceramente non sapevamo cosa aspettarci. Dobbiamo ammettere che è stato faticoso e appagante allo stesso tempo, faticoso perché a volte abbiamo viaggiato anche per dieci ore di fila senza fermarci, questo perché le distanze tra una città e l’altra in alcuni casi erano notevoli; appagante perché abbiamo suonato in bellissimi posti e alla fine di ogni concerto la gente ci ha chiesto gli autografi, comprato il nostro merch e ha voluto fare le foto con noi.
Un fattore molto faticoso è il clima, a volte veramente non sapevamo come vestirci. Per fare un esempio: abbiamo fatto 5 date in Texas dove il clima era estremamente caldo e umido, qualcosa come 42 gradi all’ombra e successivamente ci siamo spostati in Colorado dove la temperatura era sullo zero. È stato devastante per noi, tosse, raffreddore e febbre, ma fortunatamente siamo riusciti a rimediare in fretta grazie alla nostra buona scorta di medicine e ai due giorni successivi di day off che ci hanno permesso di riprenderci prima degli show in Colorado. Un altro aspetto negativo con cui abbiamo fatto i conti è il cibo, incredibilmente buono ma estremamente grasso e così povero di nutrienti che siamo stati costretti a comprare degli integratori alimentari per sopperire alla stanchezza . La nostra buona cucina mediterranea ci è mancata!
Come siete arrivati a giocarvi la possibilità di questo tour oltreoceano?
Tutto è cominciato a novembre 2018 dopo l’uscita del nostro primo videoclip “With you” su YouTube, Facebook e Instagram e proprio qui ci arrivò uno strano messaggio da parte di una persona a noi sconosciuta: un importante manager statunitense ci invitava a collaborare con lui perché riteneva avessimo delle potenzialità come band.
Che fosse un importante manager lo abbiamo scoperto dopo qualche ricerca sul web, perché all’inizio abbiamo tentennato un po’. Per alcuni giorni c’è stata un po’ di ansia: prima di prendere una decisione siamo rimasti svegli intere notti (Awake For Days, mai nome fu più azzeccato) a pensare “ma sarà vero?”, un manager dagli Stati Uniti che ti chiede di collaborare con lui? A quanti capita? È uno scherzo?. Insomma nelle nostre teste frullavano mille pensieri positivi e negativi. Così dopo averne parlato tutti quanti abbiamo deciso di accettare la sua proposta iniziando a lavorare con lui, e dopo qualche mese ci siamo ritrovati in giro per gli Stati Uniti.
Per promuovere il vostro genere musicale, gli Stati Uniti sono un paese ideale?
Gli Stati Uniti non sono un paese ideale, sono IL paese ideale per chiunque fa musica. Qui ci sono i migliori produttori del mondo, i migliori management, le migliori etichette e gran parte delle band che noi ascoltiamo e di cui siamo fan provengono da qui. Una cosa che ci ha totalmente spiazzato è che qui, in un qualsiasi centro commerciale o negozio, passano alla radio band come Slayer, Iron Maiden, Limp Bizkit, Korn, insomma qui è la normalità, e se pensiamo che in Italia questa cosa è fuori da ogni logica capiamo perché gli Stati Uniti sono il posto giusto per chi fa il nostro genere.
Negli USA il nostro genere è super apprezzato. La gente, con l’interesse mostrato nei nostri confronti, ci ha fatto sentire apprezzati come musicisti e coccolati. Purtroppo per una band come noi in Italia è molto difficile emergere, il nostro genere è di nicchia, e in Italia le etichette e le radio a oggi cercano artisti che fanno trap, pop o qualche tormentone del momento, perché questo va di moda oggi nel nostro Paese; per chi fa rock e metal non ci sono speranze.
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La vostra successiva campagna di Crowfunding ha suscitato molta curiosità e qualche isolata critica. Volete parlarcene?
Il CrowdFunding è stato lanciato con la notizia del tour, e siamo molto contenti perché in tanti (soprattutto chi ha avuto modo di incontrarci nei nostri concerti) hanno capito quanto ognuno di noi abbia messo la propria vita al servizio di questo sogno. Lo sforzo economico per noi e le nostre famiglie è stato gigantesco ed effettivamente abbiamo rischiato di non poter prendere parte all’avventura americana che ha cambiato ogni nostra prospettiva futura, per cui siamo grati e onorati di quanto raccolto. Stiamo preparando delle ricompense molto belle ed esclusive per chi ha contribuito. E’ ovviamente arrivata qualche critica, fondamentalmente motivata dall’ignoranza totale rispetto ai meccanismi del mondo musicale e di cosa voglia dire fare “crowdfunding”. Ma ormai siamo abituati a leggere commenti di ogni tipo su internet, quindi possiamo solo sorridere e spiegare ancora una volta di cosa si tratta. Per noi era in gioco la nostra carriera, la nostra vita, e chi ha anche soltanto percepito quanto sia importante per noi, ci spinge avanti con speranza!
Raccontateci come sono nati gli Awake For Days
Gli AFD sono nati nel Gennaio del 2013 dalle ceneri di una precedente band in cui Io (Lukas) e Nino eravamo i fondatori. Ricordo bene che ci trovammo ad un bivio, decidere se proseguire la nostra strada in una direzione decisamente professionale, o stare in sala e suonare a livello locale. Optammo per la prima. Avevamo delle nuove tracce, e tutto quello di cui avevamo bisogno era trovare un buon produttore per registrare ad alti livelli. Il primo step fu proprio quello di affidare la produzione a Eddy Cavazza, con il quale negli anni siamo diventati ottimi amici. La nostra prima creatura fu “Magnificent Disorder“, prima esperienza in studio a livello professionale, ricordiamo quei giorni come un grande trampolino di lancio per la nostra carriera, non tanto per i frutti raccolti successivamente alla sua pubblicazione ma perché fu una vera e propria scuola, ci mise davanti a degli ostacoli enormi, e capimmo che la strada era ben più lunga di quello che pensassimo.
Ma il punto a nostro favore è sempre stato il fatto che amiamo le sfide, e subito dopo l’incisione del disco lavorammo per 4 lunghi anni con Eddy per far sì che gli Awake For Days potessero confrontarsi ad alti livelli nel mercato a cui puntavamo. La Band si consolidò nel corso del 2013 dopo un cambio di formazione con l’entrata in pianta stabile dei nostri Mike e Nick, con i quali finalmente riuscimmo a trovare un giusto equilibrio, confermato dal fatto che la band da 7 anni è rimasta invariata!
Che influenze avete avuto a livello musicale?
Le nostre influenze come potete ben immaginare sono molteplici, ognuno di noi le ha messe in campo soprattutto durante la registrazione del nuovo album “Multiverse”. Si va dai Linkin Park a Marilyn Manson, cantanti come Chester Bennington, Corey Taylor e Christian Machado. Poi Meshuggah, Lamb of God, FFDP e Korn, tra i tanti.
Ciclicamente si dice sempre “il rock è morto”. Nel 2019 pare invece vivo e vegeto.
Che impressioni avete avuto da quelle parti?
Possiamo confermarvi che il rock in America è più che vivo, la gente vive la musica in modo totalmente differente rispetto al nostro paese. A tal proposito Nashville ci ha lasciati senza fiato, e non per niente insieme a New Orleans viene chiamata la città della musica. Il giorno prima del nostro show a Nashville abbiamo deciso di visitare la città, e più precisamente la via principale della città che si estende per almeno due chilometri. Appena scesi dalla macchina abbiamo sentito un frastuono incredibile, sembrava che mille musicisti stessero suonando da qualche parte in centro città. Iniziamo a camminare, a destra e a sinistra una serie incredibile di locali, uno dietro l’altro, saranno stati più di 100 in tutta la via. Ogni locale aveva un gruppo dal vivo, si passava dal rock al country, dal metal all’ hip hop, alcuni locali avevano anche tre piani e in ogni piano c’era una band diversa, è stata un esperienza incredibile. Principalmente i gruppi erano per lo più rock, ne abbiamo contati almeno 50. Quindi possiamo confermare che il rock è decisamente vivo e vegeto.
Domanda di rito: i vostri progetti per quest’ultimo per il prossimo anno
Il tour americano ci ha permesso di tornare in Sardegna sicuramente con il bagaglio arricchito e la consapevolezza di aver ben figurato. In tanti ci stanno chiedendo di tornare spesso in tour, ed accontentarli è la nostra speranza ed intenzione. Per il prossimo anno comunque ci saranno delle belle sorprese!