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L’eco dei favolosi anni ’80: il concerto di Tony Hadley e il ricordo degli Spandau Ballet a Sassari
Il 22 agosto ad Alghero si terrà il concerto di Tony Hadley, con la TH Band. Molti ricorderanno peraltro che Hadley era soprattutto il cantante e front man degli Spandau Ballet, formazione che negli anni ’80 si contendeva il primato nel pop rock con i Duran Duran di Simon Le Bon
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All’epoca gli Spandau dominavano le classifiche con hit come Gold, Through the barricades, Only when you leave, I’ll fly for you e molte altre, mentre il buon Tony faceva a gara con Simon per polarizzare le attenzioni dei – ma soprattutto delle – teenager, mentre in quegli anni il look delle rockstar assumeva un’importanza almeno pari alle note del pentagramma. Le vecchie icone alla Jimi Hendrix erano infatti lontane anni luce e le nuove band preferivano modelli più in linea con quel decennio brillante ed edonistico (emblematico il videoclip di Rio dei Duran Duran, con ambientazioni VIP, vita in barca a vela e spiagge caraibiche).
Ma ci fu un momento in cui la storia cittadina entrò clamorosamente in contatto con questo circuito, dato che il 18 agosto 1987 proprio Tony Hadley e gli Spandau Ballet conclusero il loro tour estivo allo stadio Acquedotto di Sassari. Era davvero un caso che un evento di questa portata approdasse nella città turritana? Per rispondere, proviamo per un attimo a contestualizzare la vicenda, con un salto indietro nel tempo di una quarantina d’anni.
Premettiamo intanto che, negli anni ’80, Sassari si trovò a rivestire un ruolo da protagonista in ambito regionale per quanto riguarda il fenomeno musicale, vivendo una stagione di intensa fioritura di spettacoli ed eventi culturali A questo contribuiva una fortunata “congiuntura astrale” di più fattori, primo fra i quali un buon tenore di vita, dal momento che il reddito medio cittadino pro-capite era allora il più alto registrato nell’Isola (come attestato da uno studio pubblicato su Repubblica nel 1991). Questo benessere, giunto dopo la cappa greve degli “anni di piombo” e dopo gli scontri politici (anche fisici), che non avevano risparmiato la piazza cittadina, aveva condotto, fra le altre cose, ad un proliferare di iniziative e di locali ed alla nascita di una intensa movida, che ruotava intorno ad una affollatissima Piazza d’Italia, con le rappresentanze, a livello nostrano, dei principali movimenti giovanili del momento (yuppies, paninari, metallari, new wave, punk, new romantic, dark: le delegazioni c’erano tutte).
Sulla Nuova Sardegna, intanto, ogni fine settimana compariva una rubrica in cui si citavano oltre una ventina di luoghi di divertimento e i vari eventi promossi da questi ultimi, fra feste da ballo, DJ anche di fama nazionale, concerti di band cittadine, o perfino rassegne musicali stabili, come il RockHaus, che prese le mosse dalle discoteche dell’hinterland e divenne il trampolino di lancio dei gruppi sassaresi per i raduni di RockArea (la piccola Woodstock sarda) e, più avanti, per Arezzo Wave.
Un ruolo centrale di aggregazione musicale spettava anche al club Buen Dia (o Buen Dja, secondo altra grafica), sito in Via Palmaera (che negli anni ha cambiato denominazione in Loft, Menestrello e Le Iene), in cui i giovani sassaresi avevano modo di incrociare diversi affermati musicisti (basti citare Paolo Fresu, Roberto Gatto, Giulio Capiozzo e Roberto Ciotti, fra i tanti). Alcune immagini “vintage” del Buen Dia ci vengono restituite da un cortometraggio di Antonello Grimaldi, allora giovanissimo regista, che nell’estate 1985 girò proprio in quel sito gli interni di Weltanschauung, un video con l’omonima band new wave locale.
Altri fenomeni nazionali intanto sceglievano proprio le vivaci sponde sassaresi per le loro iniziative: fra queste, per citare un caso fra gastronomia e costume, va ricordata la prima catena italiana di fast-food, molto anteriore alla globalizzazione dei Mc Donald’s, con la paninoteca Kenny sul lato alto di piazza d’Italia (anche se l’ingresso era da via Manno, con un “percorso obbligato” che conduceva ad attraversare tutto l’isolato). Nel frattempo sul lato basso della piazza vedeva la luce anche una paninoteca concorrente (il Tilt) e Sassari diventava così piazza di riferimento dei paninari locali, emuli dei fondatori di Milano San Babila, con i loro giubbotti Moncler (preferibilmente senza maniche!), i jeans Naj Oleari e le cinture El Charro in bella vista.
Per tornare alle premesse, allora, non sembra casuale che alcune iniziative di rilievo trovassero terreno fertile alle nostre latitudini, visto che i promotori potevano confidare ragionevolmente su una buona riposta della piazza locale. In questa cornice va quindi inserita la tappa degli Spandau Ballet, che, non a caso, trovò ampio riscontro fra i giovani, accorsi a migliaia per affollare lo stadio. Per rivivere quel momento, abbiamo fatto una chiacchierata con un testimone diretto dell’evento, Angelo Pingerna, storico commesso a Sassari del negozio di dischi Goody Music in via Cavour, ancora attivo come musicista, che partecipò come spettatore e che, qualche anno fa, ha anche scritto un articolo al riguardo proprio su queste pagine
Angelo, come poteva accadere che un musicista metal, quale eri tu all’epoca, andasse al concerto degli Spandau Ballet, così distanti dal vostro movimento?
Con un altro amico metallaro, per la verità, andammo inizialmente con l’intento di fare da elementi di disturbo, visto che noi combattevamo i gruppi da classifica, tant’è che, oggi si può dire, entrammo senza pagare, da un buco della recinzione!
Che pubblico era presente in quella occasione?
Direi che un buon 80% era un pubblico femminile e il restante 20%… fidanzati costretti ad accompagnare le loro ragazze! Ma arrivavano pullman di giovani da tutte le località della Sardegna, Porto Torres, Ossi, Tempio, perfino Cagliari. Lo stadio era pieno. Poi in Piazzale Segni c’era una folla di ragazzi che non erano potuti entrare e ascoltavano il concerto da fuori. Fu un evento importante, a distanza di alcuni anni da un altro concerto rock internazionale tenutosi a Sassari, con i Rockets: fra l’altro, in entrambi i casi questi artisti vennero portati in città quando erano all’apice del loro successo e non come… revival di sé stessi.
Quanto era importante il look per una formazione glam rock come gli Spandau?
Era importantissimo per tutti i gruppi degli anni ’80 e ogni genere musicale aveva il suo dress code. E devo ammettere che, alla fine, lo show era bellissimo, con un grande colpo d’occhio sul palco e ottima presenza scenica della band. Gli Spandau erano un po’ i Roxy Music elevati a potenza per il look dandy o new bohemian, come si usava dire all’epoca. Sul piano musicale, avevo provato a suggerire provocatoriamente alle mie vicine di posto che stavano suonando in playback, ma… ho rischiato il linciaggio! Suonavano dal vivo, in realtà, ma non escludo che si avvalessero anche di qualche base pre-registrata per arricchire il sound (cosa che oggi, fra l’altro, è pacificamente accettata nei concerti).
Un’ultima domanda. Che atmosfera si respirava quella sera di agosto e, in generale, nella città di quegli anni?
Si percepiva che si trattava di un avvenimento di grandissimo rilievo e l’aspettativa era palpabile, con masse di ragazzi festosi che sciamavano in viale Adua verso lo stadio. Aggiungo che in quegli anni le giunte comunali fecero un grande lavoro di sostegno agli spettacoli e agli eventi culturali, tanto che a Sassari si esibivano non di rado artisti di ottimo livello internazionale.
Finita l’intervista, resta un’ultima considerazione. Ripercorrere gli eighties non vuole essere solo un’operazione nostalgia, ma un modo per ricordare che un tempo non troppo lontano, anche in questa città, si poteva “pensare in grande”, attitudine un pò smarrita nei successivi anni di crisi. Se è vero che i tempi oggi sono diversi e, prima di ogni iniziativa, si impone una rigorosa attenzione ai bilanci, forse è però giunto il momento, compatibilmente con le risorse in campo, per riprendere slancio con progetti un po’ più ambiziosi.
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