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La Venere degli stracci e consumismo, le provocazioni ‘politiche’ di Pistoletto
Lo scultore Antonio Ledda spiega il significato dell’opera del grande artista biellese Michelangelo Olivero Pistoletto
Quando ci guardiamo in uno specchio noi riusciamo a individuare parti del nostro volto, ma quando siamo di fronte ad un’opera d’arte a volte ci sembra di poter identificare qualche frammento nella nostra anima, della nostra natura di uomini. La distruzione da parte di sconosciuti della Venere degli stracci installata a Napoli da Michelangelo Olivero Pistoletto è una violenza perpetrata contro chi ama l’arte.
“I vandali e gli ignoranti non hanno patria e si trovano dappertutto anche dove, come in Italia, l’arte dovrebbe essere adorata e glorificata per quanto è stata capace di dare al mondo nel corso dei secoli”, ha detto lo scultore sardo Antonio Ledda, che qualche giorno fa era stato nella città partenopea proprio per osservare da vicino l’opera del grande artista biellese, che consiste in una riproduzione di una statua di gusto neoclassico: Venere con mela, realizzata tra il 1813 ed il 1816 dallo scultore danese Bertel Thorvaldsen. “Il rogo della Venere mi spaventa, sono tempi di fuoco e guerra contro bellezza e pace“, ha detto Pistoletto ripensando alla sua opera alta sei metri, costruita in vetroresina e con una montagna di stracci veri di fronte al Maschio Angioino. “L’installazione – ha ribadito Ledda – è una delle opere più significative sul consumismo moderno: è un’opera ‘politica’ con la quale il maestro piemontese ha voluto mettere in risalto la differenza fra chi ha tutto e chi invece si deve ogni giorno arrabattare, sopravvivere, con il nulla quasi assoluto”.
(Antonio Ledda, scultore)
Pittore, scultore italiano, animatore e protagonista della corrente dell’arte povera, Pistoletto con “quel nudo classico con di fronte quegli stracci ha voluto raccontare, in buona sostanza, l’abbondanza e lo spreco del vestiario, tenendo conto nella realizzazione della sua opera delle teorie artistiche del critico Germano Celant”, ha anche spiegato Ledda. In questo mare di lacrime comunque un sorriso, Pistoletto nel corso degli anni ha realizzato diverse versioni dell’opera. L’originale è esposta a Biella alla Fondazione Pistoletto, anche se qui l’autore ha scelto di realizzare la statua in calcestruzzo; l’artista ha realizzato inoltre altre tre versioni dell’opera utilizzando calchi in gesso dell’originale Venere con la mela conservata al Museo di Copenaghen. Le altre opere possono essere ammirate a Napoli, nel museo di arte contemporanea Donnaregina, in una collezione privata in Germania e, grazie ad un prestito dal museo d’arte contemporanea del Castello di Rivoli di Torino, la Venere si può osservare anche a Milano, Collezione Giuliana e Tommaso Setari.
Una delle installazioni più interessanti – ha ancora suggerito Ledda – è posizionata dentro la nicchia dell’abside del Tempio di Venere a Roma, luogo simbolo della tarda-antichità, dove l’artista si eleva come contro altare di un conflitto insoluta tra passato e presente, una riflessione che comunque non colma la distanza tra moderno ed antico, ma che forse riesce a far comprendere il significato diacronico di classicità”.
In questi giorno l’artista di Serramanna è in Campania per partecipare presso il Castello di Cicala di Nola ad una mostra “Con gli occhi di Bruno”, dedicata a Giordano Bruno.