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ISOLA FELICE, FERTILE IN OGNI COSA
Di Giovanni Fancello
Giornalista, esperto di enogastronomia e scrittore
Così decantava la terra di Sardegna il filosofo Aristotele: una verità da Prova del cuoco
Fin dai tempi antichi, la nostra era un’isola che attraeva i viaggiatori, stimolati a raggiungerla per la sua ricchezza e selvaticità. Anche il suo popolo ha vagato nel bacino del Mar Mediterraneo per scambiare cultura e colture con altre civiltà più lontane. Nella Mitologia greca si narra di Aristeo, figlio del dio Apollo e della ninfa Cirene, istruito a innestare l’olivastro per ottenere l’olio, a cagliare il latte per ottenere il formaggio e ad allevare le api per avere il miele. Dopo la morte del figlio, decise di emigrare e chiese alla madre Cirene una flotta per dirigersi verso nord-ovest. Giunse in Sardegna e attratto dalla bellezza selvaggia dell’isola, vi s’insediò. In questa nuova terra cominciò a praticare le sue conoscenze. La nostra era una terra ambita anche per i Fenici che vi s’insediarono perché trovarono porti, fonti di sale, terre da grano. E tanto ne furono attratti che si allontanarono completamente dalla loro terra natia. Una Sardegna contesa anche dai Romani che lottarono per conquistare quell’importante punto strategico militare ed economico.
Si ha notizia infatti, che nei porti della Roma antica affluivano importanti prodotti dalla Sardegna: grano, pelli, formaggio, carni, tessuti e tanto, tanto miele. In quest’isola maturavano prodotti che ogni altro popolo cercava di conquistare. Ancora, in epoca contemporanea, è ritenuta una terra dove ogni materia prima raggiunge la massima espressione alimentare. Tutto questo grazie al particolare microclima che fa della Sardegna un unicum, ma anche grazie alla sagacia ed instancabile opera e cultura del suo popolo. Ma ancora grazie ai talentuosi cuochi che sanno trasformare la materia prima, rispettandone le componenti e la storia che l’ha caratterizzata, ottenendo fragranti, sani e appetitosi piatti della cucina da tutti invidiata. È in questa suggestione storica che è da osservare il viaggio che hanno fatto Pino Pazzola e Luigi Senes, a Roma, per raggiungere gli studi della RAI di Cinecittà. Come ambasciatori dell’intero popolo sardo, lo hanno rappresentato gastronomicamente nella seguitissima trasmissione de “La Prova del Cuoco” su Rai 1, condotta da Antonella Clerici. Sono andati a sviscerare ogni prodotto degno di una precisa identità, da utilizzare nelle preparazioni che man mano cadenzavano le puntate: freschissimi pesci, ricci, pane cerimoniale di Olmedo, asparagi selvatici, marigosus di Gavoi, tonno rosso, olio evo Nera di Oliena, pompia di Siniscola, torrone, nocciole e noci di Desulo, pistiddu di Orotelli, dolci artistici in pasta di mandorla di Oliena, pecorino di Osilo, greviera di Ozieri, miele di Dorgali, bottarga di tonno e di muggine. E poi, ancora, creazioni artigianali a corredare la tavolata: maschere de su Componidori di Oristano, dei Mamutones di Mamoiada, dei Boes di Ottana, ceramiche artistiche di Porto Torres. Eccellenze che hanno permesso alla copia di cuochi di sfidare, vincere e primeggiare su ogni concorrente, dando nobile identificazione alla cucina dell’isola felice.
Intervista a cura di Roberta Gallo
Trionfo di profumi e sapori della tradizione sarda
Una cucina, quella sarda, che eredita dalla cultura del duro lavoro coscienza, responsabilità e professionalità. Incontriamo lo chef turritano Pino Pazzola ,vincitore della “Prova del cuoco” e il ristoratore sennorese Vito Senes, padre di Luigi che,con entusiasmo, ha affiancato Pino nella nota trasmissione. Nonostante appartengano a due generazioni differenti, Pino e Vito spartiscono, oltre ai sapori, gli ideali. E, talvolta, le idee. Il primo impara presto a preservare i sani principi della tradizione. Il secondo, a coniugarli alle nuove esigenze. Giocano entrambi da battitori liberi pur non rinunciando alla parte più umana e autentica del loro lavoro: la condivisione. E, mentre scavano nella loro fantasia gastronomia e organizzativa, creano piatti che non deliziano solo il palato. Ma l’animo.
Da quanto tempo lavorate nel campo della ristorazione?
Vito: dal 1982
Pino: dal 1987
Cosa significa “La prova del cuoco” per uno chef?
Vito: è un grande trampolino di lancio per giovani emergenti, come mio figlio Luigi, che si sta avvicinando al mondo gastronomico.
Pino: una bella vetrina. Un salto di qualità. Per quanto mi riguarda, un importante riconoscimento del mio lavoro, che sta vivendo una grossa impennata.
Ricordate un errore che ha messo a repentaglio la vostra esperienza?
Vito: niente di grosso. Anche se bisogna monitorare, costantemente, le materie prime, per assicurarsi di non prendere fregature, che possono compromettere il nostro lavoro.
Pino: Una volta, non è andata bene una cena. Ciò che dispiace, quando incorri in queste incresciose situazioni, è che ci rimetti parte della
reputazione. La bella figura rappresenta il 90% delle soddisfazioni. L’aspetto economico è un’altra cosa.
Da clienti,come scegliete un ristorante?
Vito: tramite amici. E il passaparola. La scelta cade, comunque, sui cibi genuini. La fantasia e la novità, che fanno da traino ai tempi che viviamo.
Pino: vado dagli amici. E colleghi.
Come si combatte lo spreco in cucina?
Vito: prima di tutto bisogna saper comprare. Noi lavoriamo su prenotazione, quindi è facile non buttare niente.
E poi, cosa da non trascurare, facciamo la spesa tutti i giorni.
Pino: facendo attenzione a ciò che si compra, giorno per giorno. Genuinità e freschezza devono essere i principi guida.
Qual è il vostro junk food, cibo spazzatura, preferito?
Vito: non riesco a rinunciare ai fritti e ai grassi.
Pino: Mc Donald.
Mangiamo per vivere o viviamo per mangiare?
Vito: personalmente, vivo e mangio con soddisfazione. Prima si mangiava ciò che si trovava. Ora c’è troppo.
E tante cose nelle grandi distribuzioni andrebbero eliminate.
Pino: Viviamo per mangiare. E’ l’unica cosa che c’è rimasta.
Qual è l’ingrediente principale della vostra professionalità?
Vito: il lavoro. Con il senso del dovere si vince sempre.
Pino: la professionalità, appunto. E la correttezza