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L’A.P.E. organizza degli incontri per parlare di endometriosi
La psicologa Micaela Fusi spiega come rivolgersi ad associazioni come l’A.P.E. possa essere di supporto alle donne
Sono ferite che vanno oltre il dolore fisico, ma che possono essere rimarginate, quelle delle donne affette da endometriosi, circa il 10% della popolazione femminile. Gli aspetti psicologici legati alla malattia, una patologia cronica invalidante per la quale persiste ancora un ritardo diagnostico che va dai 5 agli 8 anni, sono spesso sottovalutati, pur essendo molto importanti per il benessere della persona.
Come emerso a Parma, durante il recente incontro organizzato dall’A.P.E. Associazione Progetto Endometriosi, che unisce pazienti volontarie di tutta Italia nel fare informazione e creare consapevolezza sulla malattia, con la psicologa e psicoterapeuta Micaela Fusi – la quale da 11 anni si occupa di supportare le donne che soffrono della patologia, collaborando con l’A.P.E. a Parma, oltre ad essere stata relatrice ai due corsi di formazione per psicologi e psicoterapeuti organizzati dall’associazione -, ciò che più le spaventa è «il non essere credute nel dolore fisico, nell’idea che ciò che provino sia considerato esagerato, condizione che aumenta anche il dolore psicologico».
Avere dolori forti durante il ciclo mestruale o l’ovulazione viene ancora troppo spesso considerato “normale”, frutto di un retaggio culturale che non aiuta le donne ad esprimere la propria femminilità e a convivere con sofferenze che non hanno nulla di ordinario.
Lo sa bene Roberta, da molti anni volontaria dell’A.P.E., la quale oggi si impegna per aiutare donne che come lei convivono con l’endometriosi e il suo stigma.
«Ho 42 anni – racconta Roberta – e ho avuto dolori durante il ciclo già da ragazzina. Per tantissimi anni ho considerato tutto questo normale. Una sera a teatro non riuscivo nemmeno a stare seduta. Così mi sono rivolta all’Ospedale Maggiore di Parma, scoprendo che era un centro specializzato in endometriosi. In poco tempo ho ricevuto la mia diagnosi e sono stata operata. Sono stata fortunata, perché tante ragazze cambiano ginecologo e nessuno riesce a dare un nome a questi dolori. Non sapere cosa si ha è ciò che fa più male». E non è facile parlarne. Di qui il ruolo fondamentale che rivestono i gruppi di supporto di associazioni come l’A.P.E.
«Confrontarsi con altre donne che vivono una condizione simile può essere di grande aiuto – spiega la dottoressa Fusi -. È necessario che ogni donna si senta riconosciuta nella propria storia e possa parlarne con donne che hanno paure ed emozioni simili. Poter condividere, riuscire a conoscere sempre più cos’è la malattia, crea la consapevolezza necessaria per affrontarla. Si tratta di un tema che tocca la propria femminilità, l’intimità, la sessualità, ed è più facile confrontarsi con chi ha già vissuto un’esperienza».
Agli incontri partecipano sia donne che hanno appena ricevuto la diagnosi e dunque sono alle prese con preoccupazioni e con la ricerca di informazioni, sia donne che hanno già elaborato le diverse fasi della malattia. Aprirsi diventa la chiave per sentirsi meno sole e scegliere consapevolmente.
«Di fronte alle difficoltà fisiche ci si riprende, ma mentalmente è più complicato – spiega Roberta -. Un conto è avere un mal di schiena, cosa di cui si parla con serenità, un conto è avere un dolore che incide sulla femminilità e sul rapporto di coppia. Le donne hanno bisogno di essere credute e di essere partecipi delle proprie scelte, non deve essere la malattia a scegliere per te. Ma purtroppo ci sono ancora persone che sostengono che l’endometriosi sia una moda». Il consiglio è di rivolgersi ad un centro specializzato, ma all’inizio non è facile capire che sia questa la scelta giusta da fare. «Prendersi cura del corpo non trascurando la mente, è questo ciò che fa la differenza», sottolinea la psicologa Micaela Fusi.
«L’endometriosi è molto invalidante e le donne fanno fatica a gestire il dolore psicologico, i vissuti legati al non riuscire ad avere una vita come si vorrebbe. Uscire con le amiche, andare a lavoro, frequentare la scuola o avere relazioni sentimentali non sono situazioni semplici per le donne con endometriosi. C’è inoltre la paura di non poter avere gravidanze. Parlarne, confidarsi con altre donne è un modo per concentrarsi sul femminile e far si che questo femminile ferito possa trovare altri ambiti per realizzarsi in modo pieno. Fondamentale è inoltre informare le adolescenti, affinché diventino portatrici di consapevolezza».
L’associazione diventa un punto di riferimento importante, dà la possibilità di essere libere di potersi esprimere. «All’inizio prevale la paura – aggiunge Roberta – perché non si ha idea di cosa sia l’endometriosi, né a cosa si può andare incontro. Dopo anni, affrontando il problema, comprendendo cosa può succedere, condividendo la propria storia, la paura viene meno».
Cos’è l’endometriosi?
L’endometriosi è una malattia infiammatoria cronica che colpisce in Italia circa il 10% della popolazione femminile in età fertile, anche se i dati sono estremamente parziali e probabilmente sottostimati. I sintomi più diffusi sono: forti dolori mestruali ed in concomitanza dell’ovulazione, cistiti ricorrenti, irregolarità intestinale, pesantezza al basso ventre, dolori ai rapporti sessuali, infertilità nel 35% dei casi. Per una malattia di cui non si conoscono ancora le cause, per la quale non esistono cure definitive né percorsi medici di prevenzione, per limitare i danni che l’endometriosi provoca, è fondamentale fare informazione per creare consapevolezza!
L’A.P.E. è una realtà nazionale che da oltre 16 anni informa sull’endometriosi, nella consapevolezza che l’informazione sia l’unica prevenzione ad oggi possibile.