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Gianni Serra: «La mia Sassari è una città vivibile»
Il comandante della Polizia Municipale: «Partire dai più piccoli per cambiare la cultura delle regole»
«Sono nato a Sassari 55 anni fa. Ci ho vissuto sino al 2010 poi, dopo un’esperienza professionale a Olbia (2010-2016) sono tornato a casa dove ho i miei affetti. Conosco perfettamente la città, sono affezionato a questo territorio, alla sua gente, alla comunità. Sassari è una città vivibile, dove è piacevole uscire ed è possibile farlo in sicurezza perché c’è un livello di attenzione importante sulle tematiche della sicurezza stessa e una cultura della legalità altrettanto importante».
Gianni Serra, comandante della Polizia Municipale, fotografa così la sua Sassari:
Una Sassari che fa i conti con criticità che caratterizzano il momento storico e un disagio sociale crescente. A volte c’è la percezione di un livello di sicurezza non elevato ma i dati statistici del Ministero raccontano un’altra storia. Cosa distorce l’indicatore? L’eccessiva enfatizzazione, la strumentalizzazione, un uso distorto della comunicazione virtuale.
La percezione del cittadino riguardo l’operato della Polizia Municipale?
Ritengo sia positiva. Spesso sui social emerge qualche voce fuori dal coro perché c’è scarso filtro, si scrive tutto e il contrario di tutto. Chi nutre sentimenti negativi nei confronti della Polizia Municipale, perché magari risultato positivo all’alcol test e non dotato di adeguata maturità, può mettere una maschera virtuale e riversare il suo disappunto sulla tastiera. La critica costruttiva è sempre bene accetta, ma in caso di offese e diffamazione si va sulla responsabilità penale. L’obiettivo mio e dei miei collaboratori è lavorare nell’interesse del territorio e della collettività con umiltà, abnegazione e spirito di servizio.
Come è cambiata Sassari negli anni?
Penso a quando ero studente e universitario. Il momento storico era completamente diverso. Allora Sassari era considerata la città borghese per eccellenza, quella che ha dato natali a due presidenti della Repubblica, a diversi esponenti e rappresentanti di spessore della politica e delle istituzioni. Allora non esistevano i moderni strumenti di comunicazione: la percezione di sicurezza veniva costruita sulle singole esperienze di vita, ed era più elevata. Sassari era più ricca, con più opportunità di lavoro, l’economia galoppava. Oggi la contingenza è diversa, non si possono fare confronti. C’è maggiore preoccupazione, la rete fa viaggiare la notizia a velocità multipla: fatti risolvibili acquistano dimensioni e contorni che superano il nucleo familiare e il contesto di quartiere.
La cultura della sicurezza?
Sassari si è sempre distinta per un livello culturale di eccellenza, grazie anche alla presenza dell’Università. Ultimamente si è parlato di incendi ai veicoli, è montata una preoccupazione legittima per un fenomeno che però si è manifestato solo negli ultimi anni, legato a volte a bravate di ragazzi annoiati o atti emulativi. Tendo a considerarli fisiologici di una città di 130mila abitanti, di cui la stragrande maggioranza vive in sicurezza. Noi rappresentanti istituzionali e forze dell’odine ci stiamo adeguando alle nuove necessità con attività qualificate, presidi sempre più costanti nelle aree esposte a determinati rischi. Vogliamo che la comunità si senta sicura.
Un rapporto privilegiato quello con le scuole..
Sono il nostro punto di riferimento, utile a rafforzare la cultura della legalità. I giovani sono una priorità. In accordo con i dirigenti scolastici cerchiamo un approccio ludico per i bambini delle elementari, diamo loro la patente dello scolaro e consegnamo loro le cosiddette multe morali: li abbiamo portati in città, dovevano individuare le auto in sosta selvaggia e multarle, aggredivano letteralmente l’automobilista che, imbarazzato, accettava l’errore. Alle scuole medie ci rapportiamo con ragazzi che si apprestano a conseguire il patentino per il ciclomotore e proponiamo loro lezioni teoriche e percorsi di guida sicura. Mutuando una mia esperienza passata, inviteremo invece gli studenti delle scuole superiori a realizzare cortometraggi ispirati alle regole di sicurezza legalità su tematiche riferibili ad esempio al bullismo, all’uso di droghe o alla guida in stato di ebbrezza.
L’automobilista sassarese?
È l’automobilista italiano. Sempre opportuno ri-attualizzare le regole, creare sensibilità verso le fasce deboli dell’utenza stradale. Ci accusano di essere molto rigorosi in fase di intervento e sanzione in alcune aree congestionate. Non è repressione fine a sé stessa, è extrema ratio. Rispetto delle regole finalizzato al rispetto degli utenti deboli, ma devo dire che nelle aree in cui le regole sono ben esplicitate il rispetto si c’è.
La movida?
Ben venga, bene che i giovani si divertano a Sassari senza spostarsi. Le segnalazioni riguardano il disturbo della quiete e al riposo delle persone. Occorre trovare un accordo fra esigenze di chi riposa e di chi si diverte, esigenze che speriamo si concilino. I locali hanno dimostrato grande maturità: l’estate scorsa non siamo mai intervenuti per sollecitare lo spegnimento della musica oltre l’orario consentito. A volte l’eccesso è dato dal vociare delle persone, pensiamo a piazza Tola: noi però ci siamo, diamo un segnale, invitiamo tutti al rispetto delle regole.
Baby Gang?
Appena arrivato a Sassari ho attivato la stazione mobile in piazza Castello, in risposta ai fatti raccontati dalla cronaca. Abbiamo purtroppo dovuto denunciare alcuni 18enni che hanno aggredito dei minorenni, per fortuna senza gravi conseguenze. Il sabato potenziamo i servizi perché i ragazzi devono rispettare le regole: buttare la carta della pizza nel cestino, rispettare gli arredi urbani, evitare di provocare risse e disordini. I bravi ragazzi hanno capito che basta rispettare le regole per fruire liberamente degli spazi liberi.
La Sassari che vorrei?
Una città con ancora più spazi fruibili, magari con un bel parco attrezzato dove ritrovarsi e vivere gli spazi. Bello sarebbe avere una cittadella sportiva, un polmone verde fruibile gratuitamente da tutti. Un desiderio da semplice cittadino, chissà che fra qualche anno non possa realizzarsi.