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In copertina | Paolo Modolo, il re del velluto dalla Sardegna al mondo
Un’icona di stile tradizionale dalla Sardegna al mondo: la storia del sarto di Orani che da sessant’anni esporta la sua arte sulle passerelle internazionali
La singer è sempre la stessa, la usa fin da quando nel 1962 aprì il suo laboratorio al centro di Orani. Anche le forbici da taglio hanno sessant’anni. Se le fece realizzare da un artigiano del paese e sono solo sue: off limits per chiunque altro varchi la soglia della maison del velluto. Paolo Modolo ci accoglie all’interno della sartoria che porta il suo nome, “Sartoria Modolo – mastru ‘e pannu”. Risponde alle domande senza mai abbandonare gli arnesi del mestiere: ago, forbici e la sua agenda dove appunta le misure dei clienti e il modello richiesto a due, tre o cinque punte sulle spalle e la martingala a sottolineare il punto vita.
Il regno del velluto si apre davanti a noi e presenta una cascata di tessuti finissimi a comporre abiti unici al mondo che vantano modelli di nota fama. “Cossiga mi disse di confezionargli il vestito del pastore. Io gli chiesi di che colore lo volesse e lui rispose che non gli interessava, voleva soltanto che fosse proprio quello indossato dai pastori sardi”. Il presidente Francesco Cossiga ha scelto Modolo come sarto personale e fu con lui che il velluto, finemente tagliato e cucito, entrò al Quirinale.
Cossiga lo esibiva con orgoglio e con altrettanta fierezza regalava le giacche di Modolo ai suoi amici più cari. “Eravamo colleghi, lui era il picconatore e io un ex picconatore”, scherza il Re del velluto ricordando gli anni di lavoro in miniera, quando armato di piccone andava sottoterra per portare uno stipendio a casa. “Andai in pensione a 49 anni – racconta Modolo – e potei dedicarmi totalmente al laboratorio”. Pauleddu, così come lo chiamano gli amici, non conosce la fatica. “Sono in pensione solo dalla cava. L’unica cosa che mi stanca è non lavorare”.
Lo sguardo si perde nei mesi appena trascorsi segnati dalla pandemia: “Il lavoro è calato parecchio lo scorso anno per chi non produce abiti confezionati. I miei clienti devono venire in sartoria per le misure, per scegliere il tessuto e poi ancora per la prova dell’abito e per tanto tempo non è stato possibile farlo”. Sono stati mesi difficili che Modolo ha trascorso leggendo i libri che oggi trovano spazio sul grande tavolo da lavoro, quasi a fare da cornice alle pile di velluto. Parla e taglia. “Queste sono le asole”, ci dice mostrandoci una striscia di velluto lucido e morbido che incide con precisione chirurgica e certezza tecnica.
Modolo ha 76 anni e continua a cucire ogni giorno con la stessa passione di quando per la prima volta prese in mano un ago: aveva appena terminato la quinta elementare e fu suo padre a mandarlo a imparare il mestiere da una sarta di Orani. Poi il matrimonio, l’apertura della prima sartoria, ma i soldi non bastavano perché ogni paese aveva un sarto e c’era poco lavoro. Quindi l’ingresso in miniera dove stette per ventidue lunghi anni. “Finivo alle quattro del pomeriggio, tornavo a casa e iniziavo a cucire”. La clientela all’inizio era esclusivamente maschile, fatta eccezione per qualche donna pastore che aveva bisogno dei pantaloni per lavorare nelle campagne.
Poi la fama. Cossiga è stato uno dei tanti personaggi famosi che Modolo ha vestito. Insieme al Presidente, anche Costantino Nivola, il primo in assoluto, Piero Pelù, Salvatore Niffoi, Dori Ghezzi, Vittorio Sgarbi e moltissimi politici sardi: c’è stato un tempo in cui a Cagliari, nel Palazzo, tutti indossavano giacca e pantaloni di velluto firmati “Sartoria Modolo”. Una firma, la sua, che rappresenta un’esistenza e che il Maestro di Orani non ha mai pensato di vendere sebbene le richieste, giunte da famose case di moda, fossero molteplici ed economicamente accattivanti. “La firma è tutto”, ci dice guardandoci dritto negli occhi con quello sguardo gentile e fiero che racconta di sacrifici e gratitudine
È la consapevolezza di una forma d’arte pura che non può essere ceduta, ma solo tramandata. Dedizione e talento che suo figlio Francesco Modolo, oggi 46enne, ha ereditato e che rappresentano il segreto della maison che manda avanti, insieme al socio Salvatore Borrotzu. “Iniziai quando frequentavo le scuole medie – racconta Francesco -. Durante l’estate mio padre mi diceva di raggiungerlo in laboratorio e qui ho imparato l’arte del cucito”. Assieme hanno vissuto i meravigliosi anni delle sfilate sotto le stelle che in qualche modo sdoganarono l’abito in velluto per soli uomini e lo resero accessibile anche alle donne.
E le richieste furono tante. Dodici anni di passerelle nelle più suggestive location della Sardegna, dell’Italia e in giro per il mondo, dal Giappone alla Tunisia. “Il segreto del successo – svela Francesco – è lavorare sodo, come si faceva una volta”. Nella sartoria di Orani gli abiti vengono confezionati senza l’ausilio dei cartamodelli, si taglia direttamente sul tessuto e i tessuti sono pregiatissimi: Ermenegildo Zegna e Duca Visconti di Modrone spesso scelti dagli sposi per l’abito da indossare all’altare.
Un capolavoro artigianale che anche quest’anno ha portato a Orani, nel laboratorio di casa Modolo, uno dei premi più ambiti del settore wedding: l’abito da sposo più bello d’Italia. Le soddisfazioni di oggi si sommano ai traguardi raggiunti in tanti anni di lavoro: dal primo abito confezionato per Nivola ai riconoscimenti internazionali. E qualcosa di molto più intimo, Emma. Vent’anni appena compiuti, studentessa dell’Accademia di moda e design di Firenze, nipote di Paolo Modolo, figlia di Francesco. D’inverno studia in Toscana e d’estate si esercita in una delle scuole più esclusive e autentiche d’Italia: il laboratorio di famiglia.