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Phareco: Il sogno di Grazia
Grazia Fenu Pintori, classe 1964, è una donna dall’aspetto slanciato, camice bianco e sguardo fisso dentro due tubi puntati su un vetrino
Sassarese, liceo classico, laurea in medicina ed ora professoressa associata di anatomia umana di scienze biomediche; mamma e anatomopatologa dell’unità operativa di Anatomia Patologica dell’Università di Sassari, Grazia porta avanti un sogno, anzi 2, che tiene ben in vista fuori dal cassetto.
Da fitoterapeuta ed omeopata si pone l’obiettivo di curare – dove possibile e senza integralismi – attraverso la medicina naturale, studia così le virtù della pompia; da anatomopatologa sogna di porre fine al ciclo vitale delle cellule tumorali con una ricerca sugli amniociti.
E da sarda fa entrambe le cose in Sardegna. Non che non abbia avuto l’occasione di farlo oltreoceano, ma è qui che vuole fare ricerca.
Studia l’unità materno-fetale fin dalla tesi di laurea e sa che in caso di cancro nella madre embrioni e feti non si ammaleranno. Ma perché? La lampadina si accende con la domanda di un’aspirante ostetrica che vuole sapere a cosa serva esattamente il sacco vitellino, quella membrana extraembrionale presente fin dall’inizio della gravidanza. Serve a proteggere il feto è la risposta d’ordinanza. E se fossero le sue cellule ad impedire che la patologia tumorale materna si trasmettesse al nascituro?
In accordo con il laboratorio di genetica che pratica le amniocentesi recupera i campioni di liquido amniotico destinati allo smaltimento dopo l’analisi; contiene cellule di sfaldamento della cute del feto – oggetto di studio dell’amniocentesi -, ma anche cellule di sfaldamento del sacco vitellino. Le isola e le mette in coltura insieme a cellule patologiche che ha a disposizione in quel momento in laboratorio; sono cellule di vitreoretinopatia. Dopo 24 ore butta l’occhio alle due colonie; le cellule del sacco non sono più rotonde, hanno emesso delle propagini che dopo 72 ore circondano i vitreociti malati fino ad inglobarli.
Le cellule del sacco vitellino, evidentemente ligie al dovere, hanno inglobato, riducendole in brandelli, le cellule nemiche. E se il nemico è il carcinoma della mammella o il neuroblastoma gli amniociti non si tirano indietro.
In letteratura non c’è niente in proposito, quindi la ricerca viene depositata all’ufficio brevetti internazionali. È il primo gradino della scala; i successivi saranno lo sviluppo clinico e quello pratico. In cima c’è il sogno.