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Il Pride “infuocato” di Olbia
Le attività della giovane comunità lgbtq+ olbiese fra contestazioni e rivendicazioni. Abbiamo intervistato Enea, uno degli organizzatori dell’evento
“Pride Infogau”, Orgoglio infuocato, questo il nome della manifestazione, giunta quest’anno alla sua terza edizione, che lo scorso 4 settembre ha scosso dal torpore di fine estate la città di Olbia. Centinaia di giovani e giovanissimi hanno percorso le strade della città, partendo dal parco Fausto Noce e concludendo il corteo davanti al palazzo del Comune. Non solo un clima di festa, ma anche e soprattutto di denuncia sociale animava i manifestanti, i quali in piazza S.Simplicio hanno voluto ricordare la storia di Cloe Bianco, insegnante transgender suicidatasi nel giugno 2022 a causa delle discriminazioni subite, alla quale è stata simbolicamente dedicata la piazza.
Diritti, riconoscimento e inclusione sono le parole più presenti sui cartelli e sugli striscioni che hanno attraversato la città: la comunità Lgbtq+ olbiese critica fortemente infatti, nel manifesto dell’evento divulgato attraverso i suoi canali social, i vincoli imposti dal patriarcato: dalle difficoltà di accesso all’aborto alle molestie fisiche e verbali, dal maschilismo tossico alla cultura dello stupro. Abbiamo approfondito questi argomenti con Enea, uno dei membri organizzatori dell’evento:
Enea, come collettivo siete rimasti soddisfatti della partecipazione?
Essendo un pride indipendente, non possiamo naturalmente vantare una partecipazione massiccia come quella di altri pride. Tuttavia, anche senza una folla oceanica è stato importante che ci fossero ugualmente tante persone pronte a mettere la faccia su un’iniziativa come questa in una realtà di provincia. Olbia non ha mai avuto un pride prima, non c’era una comunità queer unita e per questo motivo abbiamo deciso di organizzare per primi l’evento.
All’interno del manifesto troviamo la parola “fr*ciə”. Per quale motivo avete deciso di rivendicare questo termine per voi stessi?
È un termine che abbiamo utilizzato fin dal principio in maniera naturale, nonostante abbia una storia di violenza. Noi teniamo a rivendicare questo termine in modo da renderlo portatore di un messaggio e di un’idea nella quale ci rivediamo. Pensiamo che sia un modo per recidere quel senso di disprezzo e di violenza che essa si porta dietro, rendendola inoffensiva.
A cosa pensi che sia dovuta la preponderanza di giovanissimi e giovanissime all’interno del corteo?
La maggior parte dei partecipanti erano dai 15 ai 25 anni circa, ma non ci si limitava a questa fascia di età. Penso che questi temi siano molto più sentiti da persone giovani, mentre in generazioni più anziane spesso sopravvivono molti preconcetti legati alla natura del pride. Idee di questo genere portano a sentirsi esclusi e non comprendere appieno il significato del pride come rivendicazione dei propri diritti.
Hai mai avuto la percezione di Olbia come di una città omotransfobica? Cosa pensi si possa fare per migliorare la situazione?
Non definirei Olbia una città omotransfobica più di quanto non lo sia una qualsiasi città medio-grande italiana, tuttavia è una realtà nella quale il giudizio altrui è molto pesante e le apparenze sono fondamentali, perciò qualunque deviazione dalla “norma” viene guardata con sospetto. Ciò che incolperei a Olbia è di essere una città poco aperta verso le diversità, che siano di genere, orientamento sessuale, etniche etc.
Credo fortemente che renderci visibili, scendere in strada e mostrarci nelle strade di Olbia con la nostra diversità possa far cambiare le cose. Abbiamo la possibilità di scuotere la coscienza delle persone e mostrargli che queste sono anche le nostre strade e che abbiamo il diritto a partecipare alla vita cittadina e a sentirci al sicuro come chiunque altro.
Molte delle criticità esposte durante la manifestazione riguardano la gestione dei percorsi di transizione. Qual è la situazione delle strutture di affermazione di genere in Sardegna nella tua esperienza?
A Olbia non esistono strutture deputate al percorso di affermazione di genere, il che porta la maggior parte delle persone a rivolgersi ai pochi centri presenti a Sassari o a Cagliari, comportando delle spese che non tutti sono in grado di sostenere. Le strutture inoltre sono spesso sottofinanziate e carenti di personale adeguatamente formato. Nel caso poi ci si volesse sottoporre a operazioni chirurgiche è obbligatorio spostarsi in continente, poiché questo tipo di interventi non vengono effettuati nell’isola.
Quali sono gli obiettivi che Pride Infogau si pone per il futuro?
L’assemblea di Pride Infogau vede l’importanza di scendere per strada, prendere spazio e attraversare la città con istanze transfemministe e anticapitaliste carenti in luoghi di provincia come Olbia, con la volontà di continuare a farlo negli anni che verranno. Ciò significa che in futuro potremmo decidere di concentrarci su eventi di aggregazione e informazione, per creare cultura e spazi transfemministi di cui abbiamo bisogno. Nelle prossime settimane di settembre stiamo organizzando degli eventi che pubblicheremo sui social.
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