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I Bertas e il mondo che cambia
di Maria Fiori
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Bertas, «Cambiarlo per farne uno in cui tutti possano far parte dello stesso accordo»
Cambia il mondo… ma tutto resta sostanzialmente uguale! L’essenza reagisce ai mutamenti e concede solo varianti perfezionate: per chi sa coglierle, per chi sa andare avanti migliorando. Le note di alcuni dei più conosciuti successi dei Bertas ancora si rincorrono per le stanze quando il gruppo (Enzo, Mario e Marco), serenamente rilassato sul bagaglio di storia, ricco di passaggi tra pentagramma e studio, appare quasi non consapevole di ciò che rappresenta: traccia indelebile nel panorama musicale non solo isolano. Capacità di reinventarsi, di trasmettere e di concedere emozioni, di credere fino in fondo in quanto proposto ha contraddistinto i Bertas quasi fin dalle origini, quando, oltre cinquant’anni fa i fondatori (i fratelli Costa) ponevano i primi incerti passi nel mondo increspato dell’arte musicale.
Partiamo dalla fine: “Cambia il mondo”, nuova produzione, quale è il messaggio:
Ci siamo messi con poco (sorridono)! In realtà cambia il mondo e noi no! O meglio noi vorremmo che cambiasse il mondo ma vorremmo restare sempre uguali. Forse per comodità o forse perché in realtà stiamo bene così come siamo. Solo per comodità (ancora sorriso). In realtà, in questo poco più di un anno di lavoro, ci si è fermati a pensare al mondo che cambia nel senso più ampio del termine, ma magari cambiasse davvero! Oppure ci si è chiesti: cambia il mondo? O “cambia il mondo!” in senso imperativo. Certo assistiamo a cambiamenti epocali. Ma quale epoca non li ha?
A proposito di epoca, e domanda facile facile degli esordi, “Bertas” chi o che cosa é?
Ripescammo la parola nel linguaggio più interiore di Sassari, dove “berta” è sinonimo di “in gamba”, “furbo”, “attento” ma con th. La “s” venne dopo, quando il lavoro si fece un po più serio. Ma può essere anche intesa come un’aggiunta dei tempi, inclini, per moda, ad “inglesizzare” ogni termine.
Però il primo successo “Fatalità” è tutto in italiano.
È vero. È, però, uno dei pochi pezzi degli anni sessanta che si distingueva per non essere una cover. Pur essendo una creazione della casa produzione RCA, era tutta in italiano e questo faceva la differenza, nel panorama di cover presenti sul mercato e portate al successo dai grandi artisti del momento.
In quest’ottica quindi “Badde lontana” rappresenta quasi una sfida?
Ora possiamo dire che lo fosse. Sette anni più tardi, la scelta di scrivere e proporre un pezzo in sardo ha rappresentato una scelta coraggiosa. Diciamo molto coraggiosa! Tant’è che ci fu proposta una versione tradotta in italiano. Ma venne fuori una canzone d’amore melensa, una cosa nemmeno paragonabile all’originale (la poesia di Strinna) che aveva un suo senso solo cantata con la metrica e la lingua giusta. Abbiamo partecipato ad un Cantagiro con la versione italiana di Badde Lontana e con la nostra (scarsa) considerazione del pezzo, ma, in una di queste tappe, è stata unanime la scelta di eseguire il brano originale. In sardo! Ed è stata la tappa migliore. Il pubblico ha apprezzato e la gente ha capito. Vi era la nostra anima!
Quindi sardo sia!
Non è stato così facile. Sempre negli anni 70 volevamo proporre un’altra canzone “Pensende a tie” ma, dato lo scarso interesse dimostrato da parte della RCA, si decise, ancora coraggiosamente, di rescindere il contratto pur di pubblicare il nostro pezzo, realizzato invece da un’altra casa discografica a Milano.
Si può dire che, per quell’epoca, eravate vent’anni avanti?
A pensarci ora, direi di si. Proporre la nostra vera natura in un periodo in cui si preferiva altro non era certo facile anche se i provini che facevamo nella nostra casa discografica, in lingua originale, finivano in cassaforte quali “pezzi eccezionali” ma la logica del momento imponeva il “consumo” delle canzoni in grado di produrre facile guadagno.
Quindi quando sfioraste il festival di San Remo…
… lo sfiorammo soltanto! Perché la canzone imposta era tutt’altro che nelle nostre corde e fu esclusa quasi subito (sorridono insieme).
Unu mundu bellissimu, che ci riporta al tema dell’attuale CD, rimarca la qualità della scelta sarda.
Sì. Tant’è che un bel lavoro, sempre in sardo, venne fuori anche dalla collaborazione con Mark Harris, americano. Ma forse lui, con la sua capacità di lavorare come un matto e la sua tenace permanenza nell’isola è più sardo di noi. Semplicemente si rivelava la scelta giusta. Infatti negli anni 90 ci fu la svolta con Amistade, mentre Como Cheria, pezzo nato a Sedilo, con Ichnos, su mandato in diretta su Radio 2. Successivamente, Tutt’umpare fu molto apprezzato, tanto che la musicassetta, velocemente realizzata, fu anche la più venduta. Con “Sa Missa” poi, l’impegno è stato tantissimo.
Renzo Arbore ha detto di voi “Li ho lanciato io” e vi ha voluto nella sua tappa a Sassari
Già! “Fatalità” era sempre nel suo programma radiofonico!
E siamo tutt’ora lieti di avere il suo apprezzamento. La nostra evoluzione ha previsto, per nostra volontà, una crescita diversa e consapevole. Scelte anche azzardate ma desiderate e fortemente volute. Ora con “Cambia il mondo”*, in cui prevale l’italiano, forse la scelta è un messaggio: cambiare il mondo per farne uno in cui tutti possano far parte dello stesso accordo.
* Produzione “Mediando”. In edicola e libreria
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