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Il lungo viaggio delle launeddas, Bruno Loi racconta la sua avventura musicale
“Il mio mentore è stato Dionigi Burranca, l’ultimo dei grandi maestri della scuola dei fratelli Figus”. I sardi suonano le launeddas da almeno 3500 anni, parrebbe dimostrarlo un bronzetto nuragico rinvenuto in agro di Ittiri (SS). Il concerto con il suonatore di arghul
di Paolo Salvatore Orrù
“La musica è per l’anima quello che la ginnastica è per il corpo”, ha scritto Platone qualche millennio fa, eppure sembra la biografia di Bruno Loi, judoka, ma soprattutto suonatore di launeddas. Loi ha cominciato a studiare questo strumento a 17 anni. “Il mio mentore è stato Dionigi Burranca, l’ultimo dei grandi maestri della scuola dei fratelli Figus. Sono stato suo allievo per 18 anni, il tempo necessario perché mi tramandasse oralmente le sue conoscenze. Solo allora ho potuto cominciare a suonare nelle sagre della Sardegna, e solo qualche anno dopo ho potuto valicare i confini dell’Isola per esibirmi prima in Italia e dopo all’estero”.
I sardi suonano le launeddas da almeno 3500 anni, parrebbe dimostrarlo un bronzetto rinvenuto in agro di Ittiri (SS). “Raffigura un sacerdote che tiene tra le labbra tre canne ed ha le guance gonfie, gli archeologi presumono si tratti di un suonatore di launeddas”, ha spiegato Loi a City@City. La statuetta, un ex-voto, rappresenta un personaggio maschile, seduto, nudo e con il volto caratterizzato da profonde occhiaie e da una bocca larga che soffia un flauto a tre canne (per gli studiosi: suonatore itifallico di launeddas).
Anche oggi le canne sono diverse per lunghezza e spessore, in cima c’è “sa cabitzina” dove c’è l’ancia. Il basso (basciu o tumbu) è la canna più lunga e fornisce una sola nota su cui è intonato l’intero strumento. La seconda canna (mancosa manna) funge da accompagnamento ed è tessuta con spago impeciato al basso (modellando la croba). La terza canna (mancosedda) è libera, ovvero non è legata alle altre due, ed ha la funzione di produrre le note della melodia. L’accordatura viene effettuata appesantendo o alleggerendo le ance con l’ausilio di cera d’api. Per la loro costruzione non si usa la canna palustre ma un’altra che cresce specialmente nel territorio compreso fra Samatzai, Sanluri e Barumini.
“Nel mondo non esiste un congegno uguale, tuttavia in Egitto è utilizzato uno strumento simile: l’arghul, che però ha solo due canne. La terza canna delle launeddas dal punto di vista musicale fa la differenza, perché è quella con cui si produce la melodia. Inoltre, lo strumento egiziano non ha le ance a cera, questo vuol dire che per raggiungere l’accordatura devono essere scorticate”, ha spiegato ancora Loi. Il risultato? “Le loro ance durano una settimana, le nostre possono durare anche 15 anni”.
Oltre che in Sardegna, il suonatore di San Gavino (ma è nato a Nuoro nel 1962) si è esibito in molti circoli sardi della Penisola, da qualche anno la sua presenza è richiesta anche in altri Continenti. “Fra le altre opportunità, ho avuto il piacere, lo considero uno dei momenti più belli della mia carriera, di essere presente in qualità invitato all’inaugurazione della biblioteca di Alessandria d’Egitto”. Loi, che ha suonato da solista, non nasconde d’essersi emozionato soprattutto quando gli è stata offerta la possibilità di duettare con un suonatore di arghul (gli arabi lo usano per accompagnare la danza del ventre e altri tipi di spettacoli musicali). Un po’ come se la musica degli Shardana rincontrasse dopo millenni quella egiziana. “Con lui abbiamo subito trovato una sintonia musicale che non mi attendevo: non parlavamo la stessa lingua ma la musica, le note, ci hanno permesso di intenderci, di improvvisare, di divertirci”. Rubando parole ad Alessandro Barico: “a volte le parole non bastano. E allora servono i colori. E le forme. E le note. E le emozioni”.
Fra i grandi suonatori Loi ha apprezzato, oltre Burranca, il grande Luigi Lai. “Il ricambio generazionale è garantito, ci sono molti giovani dotati. Fra loro voglio citare un mio allievo, Giovanni Tronci di Ortacesus, un vero talento. Bravissimi anche Andrea Pisu e Michele Deiana”. Loi è stato uno dei soci fondatori, con Burranca, dell’associazione asseminese Sonus de canna. “Con Sonus abbiamo fatto tanta ricerca sul campo: siamo andati in molti paesi del Campidano per carpire il sapere degli anziani depositari di canti e balli delle tradizioni locali”. Nel 2011 Loi ha fondato, con sede in San Gavino, Nodas Antigas, una associazione che raggruppa allievi provenienti dai paesi vicini. “Portiamo avanti il discorso cominciato da Dionigi Burranca con Sonus de canna, spesso lavoriamo con le scuole”.
Scrive il grande jazzista Paolo Fresu: “E se la tradizione dello strumento a tre canne è presente principalmente nel sud dell’Isola è al nord che ancora oggi si possono udire sui palchi delle piazze le voci cristalline dei cantanti nelle gare (in logudorese o in gallurese) accompagnati dalla fisarmonica e dalla chitarra mentre nel centro dell’Isola l’organetto sostiene ancora le danze collettive ed in particolare il liberatorio “ballu tundhu“. Pochi sono gli altri strumenti utilizzati e, fatto salvo per qualche zufolo e flauto come ‘su sulittu’ o ‘sa bena’ o qualche percussione come “su tamburinu” di Gavoi, lo strumentario della tradizione sarda è alquanto ridotto e riconoscibile … le launeddas sembrano essere lo strumento polifonico più antico del Mediterraneo”.