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Il furore dei guerrieri Shardana, Ignazio Dessì racconta le gesta di Shamas
Il romanzo, quasi una chanson de geste, è la saga di un gruppo di uomini che decide di vivere o morire “per coronare il destino che li attende, mille volte più grande di quanto si sarebbero aspettati”
di Paolo Salvatore Orrù
“Siamo Sardi, uomini legati ad antiche catene, ma dall’animo testardo come tori selvaggi”, ha scritto nel suo libro di poesie – Boxis – il grande poeta sardo Dino Maccioni. Versi che sarebbero potuti essere l’aggressivo prologo del romanzo storico, Shamas principe shardana, scritto da Ignazio Dessì, giornalista di Tiscali News. Il libro racconta la storia di un gruppo di testardi che decide di attraversare il mondo conosciuto per cercare una “pista” che li condurrà “dalla loro isola all’Egitto e al regno ittita, tra isole incantate, montagne impervie e mari inesplorati, entro scenari di natura selvaggia, per giungere ai misteriosi templi dei sacerdoti custodi dei segreti, o a incontrare la Donna che vede e l’Errante”, si legge nella presentazione di Shamas. Tutto comincia con la scoperta di un antico papiro che – spiega a City@City lo scrittore – consente di riportare alla luce una misteriosa tomba ipogeica in Sardegna, dove, da millenni, un uomo e una donna dormono il sonno eterno”.
Nasce da queste premessa la storia di Shamas, mitico principe degli Shardana, il più glorioso dei Popoli del mare. Il racconto, quasi una chanson de geste, è la saga di un gruppo di uomini che decide di vivere o morire “per coronare il destino che li attende, mille volte più grande di quanto si sarebbero aspettati”, spiega Dessì, “pur di perpetuare, di generazione in generazione, una sacra missione, come in un fatidico cerchio, che rende l’epilogo il preludio e il preludio l’epilogo. In modo che la grandiosa storia di un popolo, mai del tutto sepolta, possa riemergere finalmente dalle ombre del passato”. Il cronista ha intessuto il suo trascinante romanzo tenendo conto di un contesto storico altamente plausibile, che ha poi abitato con personaggi esistiti, ma anche con eroi germogliati dalla sua magistrale fantasia. Un mix irresistibile, ispirato da colte letture e da frequentazioni importanti: è amico ed estimatore del grande archeologo sardo Giovannino Ugas.
(Ignazio Dessì con l’archeologo Giovannino Ugas)
Non ci resta allora che leggere, tuffarci con anima e corpo nelle battaglie combattute da Shamas contro il perfido Kren-hantikos e la sua setta di incappucciati, e, soprattutto, con Hattus-hail lo sfregiato, mentre nell’Isola del Grande verde, si consuma un assassinio e il rapimento di un bambino innocente, sino all’epico epilogo nella battaglia di Kadesh. Dessì in questo romanzo coglie l’occasione per dare un senso compiuto alla storia Shardana. Un popolo che trascorreva la vita protetto da solide torri, allevava bestiame, conosceva la vinificazione e l’agricoltura, ma sapeva anche eccellere in battaglia e attraversare il Mediterraneo, che in quell’era, al contrario di quanto si era sostenuto in principio, era tutto un fiorire di bastimenti spinti da vele. Il giornalista è nato a Nuraminis (Ca), ed è proprio qui che si è innamorato della storia degli Shardana. “Girovagavo sin da bambino con i miei coetanei nelle campagne e nelle piccole alture generose di resti nuragici che stanno tutt’intorno al paese, e con quei guerrieri ho combattuto cento, mille battaglie”, spiega tra il serio e il faceto Dessì, che da subito aveva intuito come chi era stato in grado di costruire i possenti nuraghi poteva senza troppe remore cavalcare le onde per raggiungere in breve tempo altri mondi abitati.
“Immaginavo quella che poteva essere la vita di quelle popolazioni, e crescendo l’amore per l’archeologia mi ha portato ad approfondire questi argomenti”, commenta. Dessì nel suo libro ha provato a ricostruire non solo cosa succedeva in Sardegna prima dell’epoca romana, e ancor prima che nell’Isola sbarcassero punici e fenici. “Ho sempre voluto capire come si svolgeva la vita nelle nostre comunità nel periodo del bronzo che, pur essendo un periodo evidentemente glorioso, era anche stato molto trascurato dagli storici”. Domande semplici, eppure prive per molto tempo di risposte certe. “Tuttavia, gli approfondimenti fatti nel corso del tempo da luminari e cattedratici, ma anche da studiosi non accademici, ha gettato un po’ di luce sul periodo in cui ho immaginato le gesta del grande Shamas”.
Le gesta del guerriero sono ambientate attorno al 1200 avanti Cristo, quando a dettare legge e civiltà erano uomini che abitavano fra gli ittiti, gli egizi e i micenei, ma anche fra gli Shardana. “Gli studiosi stanno ancora discutendo su quale può essere la loro vera identità, ma più si discute più emerge che gli Shardana erano sardi”, commenta ancora Dessì. Del resto, sostiene ancora lo scrittore, “è quanto sta emergendo dagli ultimi studi, in particolare va citato l’immane lavoro di professor Ugas, che, di recente, ha sintetizzato la sua ricerca di trenta anni in Gli Shardana e la Sardegna dove, in pratica, dimostra che gli Shardana erano sardi”. Alcune prove sono fondamentali. “In Egitto è stata scoperta una stele, quella di Tanis, dove si legge che un nucleo di guerrieri ‘dal cuore impavido, da sempre non si sapeva come combatterli, essi arrivavano con il cuore fiducioso … su vascelli da guerra dal mezzo del grande verde e non di poteva resistere davanti ad essi”.
Un reperto essenziale, anche se una rondine può non fare primavera. “C’è però un’altra stele che conforta la prima, quella di Karnak, dove in una specie di mappamondo è indicata la collocazione geografica dei Popoli del Mare, da cui si evince che gli shardana abitavano le Isole in mezzo al verde (Sardegna e Corsica). Ma ci sono anche altre prove letterarie ed archeologiche. Da qui una conclusione: gli shardana erano sardi”. Se tutto ciò non dovesse bastare, a dimostrare la grandezza di queste genti ci sono non solo i bronzetti ma anche i giganti di monte Prama, che rappresentano guerrieri-eroi che hanno le stesse caratteristiche descritte per gli Shardana dai documenti egizi. Shamas, insomma, non è solo un personaggio immaginario, lui è la raffigurazione di uno Shardana in carne ed ossa, così come lo ha immaginato la fervida mente di Ignazio Dessì. Ed è l’emblema di una storia dimenticata, di un popolo e di una grande cultura. Leggere per credere.