Serie D – Latte Dolce tra gruppo e difesa: coperta corta, ma le soluzioni non mancano
Gioite per lei, perché la judoka Emanuela Medda è di un altro pianeta
Una donna di 47 anni affetta da sindrome di down, Emanuela Medda, ha sostenuto con successo l’esame per il primo Dan di judo. La testimonianza del suo allenatore Giuseppe Giglio, l’attestato di stima di Antonello Corona e il plauso di Valerio Fadda presidente comitato ACSI Cagliari
Di Paolo Salvatore Orrù
Lei ha visto orizzonti dove altri avevano disegnato confini. Figlia di un progetto sportivo che alla fine di una emozionante giostra ha avuto successo, Emanuela Medda, una donna di 47 anni con sindrome di down, è riuscita a sostenere, e quel che più conta, a indossare dopo un severo esame la cintura nera di judo. “Ritrovarsi insieme è un inizio, restare insieme è un progresso, ma riuscire a lavorare insieme è un successo” aveva detto una volta il grande imprenditore americano Henry Ford, con una frase che preludeva a un programma e a un modo, aperto, di rapportarsi con gli altri. Certo, quando si inizia un percorso non si sa se un progetto avrà successo, l’importante è però che le cose abbiano un principio.
Così cominciano le avventure, che sono tali proprio perché nessuno sa se finiranno con un successo o con una sconfitta. “Proviamoci”, si era detto in ‘principio’ e con una buona dose di coraggio Giuseppe Giglio, il tecnico di arti marziali del Judo Club Trexenta, quando aveva accettato nel 2013 la proposta di una Coop di Guasila che gli aveva chiesto di allenare la giovane donna.
Giglio, evidentemente, è un uomo che ama le sfide. “Devo dire che”, ha affermato con una certa emozione a City@City il patron della palestra di Guasila, “il primo a dover imparare ero io, perché quella atleta che ha cominciato a lavorare con me sul tatami aveva maturato nel corso della sua esistenza un suo mondo”. Da un seme, quasi sempre, nasce una pianta: “Quella ragazza”, ha sostenuto Giglio, “ha mostrato una capacità di concentrazione fuori dal comune, tant’è che a un certo punto ho deciso di farla lavorare con i normodotati e i risultati si sono notati subito”. Tutto era cominciato quasi per gioco, con una convenzione che è stata stipulata “quasi per sfida”. Molte grandi sfide nascono così. “In questo modo mi sono inserito in un mondo diverso, in un mondo che, nonostante le difficoltà connaturate, mi ha dato qualcosa di importante”, ha affermato con commozione Giglio.
Il progetto è cominciato bene e si è sviluppato senza troppi problemi “Così Emanuela è riuscita, grazie alla grande attenzione della famiglia, a portare a termine il percorso che l’ha portata sino alla cintura nera”, ha concluso l’allenatore. La soddisfazione di Giglio è anche quella di Antonello Corona, il maestro di arti marziali che l’ha esaminata e dirige l’ASD dojo Sen No Sen di San Gavino: “Emanuela è una ragazza molto sensibile ed è stata capace nel corso dell’esame a dare il meglio di sé, nonostante l’emozione”.
Per Corona, componente del coordinamento regionale arti marziali ACSI, “tutti meritano un applauso: Giglio perché ha avuto una sensibilità fuori dal comune, Emanuela perché ha fatto un bel lavoro: ha capito le tecniche, ha interiorizzato i movimenti e, soprattutto, ha mostrato di saper stare con gli altri”. Un plauso in più per Giglio: “È stato capace di interagire con sensibilità con un mondo poco conosciuto e che, se valorizzato, potrebbe fare un salto di qualità tecnico e fisico incredibile”. Non è stato possibile sentire Emanuela perché “i parenti temono che si emozioni troppo”: anche le cinture nere hanno bisogno di essere protette.