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Ezio Gallizzi, nuovi talenti crescono
Il giovane sassarese, classe 2000, è uno dei prospetti più interessanti nel panorama cestistico sardo
di Emiliano Arru
Cresciuto nel Basket90 Sassari, è approdato al settore giovanile della Dinamo Sassari, dove ha debuttato a soli 16 anni, in seria A. Nelle ultime tre stagioni, ha vestito le maglie di Cagliari Dinamo Academy, Fortitudo Alessandria e Sutor Montegranaro, dove sta disputando una stagione all’altezza delle aspettative. Si è raccontato al nostro magazine, parlando del presente e dei suoi sogni nel cassetto.
Ezio, hai debuttato a soli 16 anni in serie A, nella stagione 2017-18, con addosso la maglia della squadra della tua città. Che sensazioni hai provato quel giorno?
È stata un’emozione incredibile. Se devo essere sincero, non mi aspettavo nemmeno di entrare in campo quel giorno. Quando ho visto coach Pasquini guardare la panchina e farmi cenno di entrare a un minuto dalla fine della partita casalinga contro Cantù, è come se si fosse fermato il cuore per l’emozione. Debuttare in serie A, a soli 16 anni, indossando la maglia della mia città è stato sicuramente uno dei momenti più belli della mia vita. In quella stagione venivo convocato prevalentemente nelle trasferte europee di Champions League; è stata una fantastica esperienza che mi è servita tantissimo per crescere come giocatore e come persona.
Nonostante la tua giovanissima età, hai già maturato tanta esperienza. Cagliari Dinamo Academy in serie A2, Fortitudo Alessandria e Sutor Montegranaro, dove giochi attualmente, in B. Quali obiettivi ti sei posto per la tua carriera?
Il mio obiettivo più grande è quello di continuare a lavorare duramente, migliorando giorno dopo giorno e riuscire ad arrivare il più in alto possibile. Già per l’anno prossimo vorrei raggiungere lo step successivo della mia carriera, tornando in serie A2 dopo la bella esperienza alla Cagliari Dinamo Academy.
Tra qualche anno, magari non tanto lontano nel tempo, speri di tornare nella tua Sassari per giocare davanti alla tua gente, magari in un PalaSerradimigni gremito?
È il mio sogno nel cassetto che spero possa realizzarsi un giorno. Poter giocare nuovamente nel nostro PalaSerradimigni, davanti a quei 5000 spettatori festanti, veramente attaccati alla maglia. Come detto, è un qualcosa che ho vissuto per un solo minuto, ma in quei sessanta secondi ho provato delle sensazioni incredibili, come sentire il parquet vibrare sotto i miei piedi. Tornare nella mia Sassari da protagonista sarebbe meraviglioso, ma per arrivare a giocare in quella categoria e a quel livello, sono consapevole di dover lavorare sotto ogni punto di vista: tecnico, tattico e mentale. Vestire la maglia della mia città sarebbe una grande responsabilità, un peso nel senso più positivo del termine, mi spingerebbe a dare il massimo in ogni momento.
A quale grande cestista del presente o del passato ti ispiri?
Per quanto riguarda il passato, se di passato possiamo parlare, visto che non si è ancora ritirato ufficialmente, uno dei miei giocatori preferiti è sempre stato il fortissimo play ex Dinamo, Travis Diener, per il suo modo di giocare, il suo carisma e la sua leadership in campo. A lui mi sono ispirato nei miei primi anni di pallacanestro. Tra i giocatori del presente, non posso che nominare Marco Spissu, che anche lui come me, è partito dalle serie minori, per poi tornare alla Dinamo da protagonista, guadagnando anche la maglia della nazionale a suon di grandi prestazioni sul campo. Ho la fortuna di essere amico di Marco e di potermi allenare molto spesso con lui in estate. A Marco cerco sempre di rubare più segreti possibili, facendoli miei e cercando così di migliorare il mio bagaglio tecnico.
Hai avuto la fortuna di allenarti e giocare al fianco di grandi giocatori come: Bamforth, Pollonara, Devecchi e Dyshawn Pierre. Quali sono stati i compagni “senior” che ti hanno maggiormente aiutato a crescere ed insegnato più di tutti?
Il capitano Jack Devecchi è stato una vera guida. Fin dal primo giorno mi è sempre stato vicino aiutandomi a crescere, migliorare, capire i miei errori e correggerli. In quella stagione ho veramente legato molto con tutti i componenti della rosa, cercando di imparare il più possibile da tutti: la serietà e l’abnegazione di Rok Stipčević, lavoratore infaticabile, l’incredibile tecnica di tiro di Scott Bamforth, l’atletismo e le movenze di Dyshawn Pierre o la passione e la voglia di non mollare mai di Achille Polonara. Ma al di là dell’aspetto tecnico, era un gruppo davvero unito ed era un piacere per me farne parte. Mi hanno sempre fatto sentire parte del gruppo e insieme a loro ho vissuto delle esperienze che porterò sempre con me e che ricorderò in ogni momento con estrema felicità.
Quanto è difficile per un giovane cestista italiano farsi strada nel nostro basket professionistico?
È difficilissimo per tutti i giovani italiani e lo è ancora di più per noi cestisti sardi. Il basket giovanile sardo non viene seguito molto a livello nazionale ed è per questo che per noi diventa ancora più difficile emergere. Le esperienze nelle finali o negli spareggi nazionali sono fondamentali per farsi notare al di fuori dell’ambito regionale. Ovviamente per fare strada occorre fare la cosiddetta gavetta, partendo sempre dalle serie minori, con tanti allenamenti e moltissimi sacrifici, stando lontano da casa, dai tuoi affetti personali, dai tuoi amici e non è assolutamente facile. Ma se voglio arrivare il più in alto possibile, tutte queste cose sono fondamentali. Bisogna semplicemente sacrificarsi e fare le cose con estrema dedizione ed impegno. Sicuramente ci vuole anche una bella dose di fortuna, ma a prescindere da ciò, non mi manca certo l’ambizione e il “non accontentarsi mai”. Penso che si possa sempre migliorare a qualsiasi età e che si possa imparare qualcosa di costruttivo da ogni situazione.
Quali aspetti tecnici dovresti allenare per poter migliorare ancora?
Gli aspetti tecnici da affinare nel mio ruolo di play sono sicuramente la visione di gioco, il palleggio e l’arresto e il tiro in mezzo all’area, ma più in generale è fondamentale allenare e migliorare tutti gli aspetti. Anche se faccio una cosa meglio delle altre, non mi voglio mai accontentare perché si può sempre fare di meglio. L’aspetto dove devo crescere maggiormente è quello legato alla mia fisicità. Salendo di categoria il gioco diventa sempre più fisico. La prestanza fisica nel basket professionistico è fondamentale quanto la bravura tecnica. Negli ultimi anni sono cresciuto tanto a livello fisico, ma vorrei mettere più massa muscolare senza però perdere i miei punti di forza come, ad esempio, la rapidità che può essere molto utile in tantissime occasioni.
La tua carriera sino a questo momento è stata molto simile a quella di un altro sassarese doc come Marco Spissu, che dopo essersi fatto le ossa nelle serie minori, è tornato nella sua Dinamo da protagonista, riuscendo anche a conquistare la nazionale italiana. Speri di riuscire ad imitarlo un giorno?
Assolutamente sì, è sicuramente il mio obiettivo fare un percorso molto simile al suo, partendo dalle serie minori per poi tornare a casa, in maglia Dinamo da protagonista. Per ora il mio obiettivo è continuare a lavorare e crescere giorno dopo giorno. Penso alla giornata e ad andare in palestra lavorando più duramente ed intensamente del giorno prima per raggiungere il mio obiettivo nel minor tempo possibile. Marco gioca e si allena sempre con il cuore, mettendo sempre in campo tutto sé stesso. Durante la sua carriera è riuscito a zittire tutti quelli che non credevano in lui, migliorando sempre più, fino ad essere il play titolare della nazionale italiana e di una delle squadre più forti in Italia.
Dove giocherai l’anno prossimo?
Questa è una domanda abbastanza complicata [sorride]. È molto difficile risponderti, visto che manca ancora tantissimo alla fine di questa stagione. Per ora penso solo a finire al meglio questa annata sportiva; a Montegranaro mi trovo benissimo, ma come ogni anno, a fine stagione farò tutte le mie valutazioni. Sarebbe importante tornare a giocare in A2 facendo fare un ulteriore step alla mia carriera, ma ci sono tantissimi fattori da prendere in considerazione. Purtroppo, non ci sono più squadre sarde in questa categoria che mi permetterebbero di avvicinarmi a casa, ma anche stare lontano dai miei affetti, vivendo da solo, mi ha fatto crescere tantissimo dal punto di vista umano. Non è stato facile adattarmi all’inizio, ma piano piano mi ci sono abituato ed è stato davvero di grande aiuto.