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Dalla Mariglia al Trucco: i giochi di carte tipici della Sardegna
La passione dei sardi per i giochi con le carte ha radici antichissime e si tramanda da generazioni. Nonostante ciò in tempi recentissimi la Pinella, la Scopa, la Mariglia e il Trucco iniziano a scemare nell’indice di apprezzamento delle nuove generazione sempre più attratte dai nuovi “divertissement high-tech”
E pensare che l’amore per questo passatempo, sia in Sardegna che nel resto d’Italia, si coltiva già dai tempi del medioevo. Sulla scia dello scontro tra Oriente e Occidente, durante il periodo delle crociate, i contingenti inviati in Terra Santa, tra assedi, cariche e colpi di balestra ebbero il tempo di assorbire dalla cultura araba alcuni giochi sviluppati su carte rettangolari e mentre distribuivano colpi di spada per conquistare le roccaforti del Medio Oriente, ebbero modo di dilettarsi con i mazzi di origine persiana e mamelucca negli sporadici periodi di pausa dalle attività belligeranti. Alcuni mazzi ebbero così modo di approdare in Europa anche grazie al flusso di rientro dei pellegrini in visita ai luoghi Santi e influenzarono la fantasia di alcuni artisti, principalmente francesi ed italiani. Costoro prendendo spunto dai disegni orientaleggianti di queste carte, iniziarono a sviluppare un piccolo universo simbolico fatto di fanti, cavalieri e cortigiani.
Questo stesso universo nel quale si registrano richiami all’alchimia, ai tarocchi e alla scienza magica propri del mondo medievale, è stato poi reinterpretato anche in chiave locale. Oggi più o meno ogni Paese del Vecchio continente ha dei propri mazzi nazionali. L’Italia vanta il maggior numero di varianti regionali e anche la Sardegna ha un proprio “mazzo di rappresentanza” prodotto dalla nota azienda triestina Modiano. Queste carte, i cui semi (is mertzas) vengono tradotti in sardo con cupas (coppe), oros (denari), bastos (bastoni) e ispadas (spade), ammiccano senza mezzi termini alla tradizione al mondo spagnolo de las cartas soprattutto in virtù dei legami storici che vincolano l’isola alla penisola iberica.
Sebbene ad oggi i casinò online riescano ad attrarre un numero sempre maggiore di appassionati del tavolo verde, grazie soprattutto alla sempre crescente diffusione di internet e delle nuove tecnologie come smartphone, pc e tablet che consentono di giocare comodamente da casa alla roulette, poker e blackjack, ancora in tanti non riescono a resistere al fascino antico della “smazzata” dal vivo con gli amici. Quando si parla di carte in Sardegna non si può fare a meno di menzionare la Mariglia, quasi un’ambasciatrice regionale di questo genere di passatempi.
Nota anche come bridge sardo la Mariglia è testimone attiva dei rapporti sardo-iberici visto che sembrerebbe proprio riprendere alcune dinamiche di “smazzo” dall’Hombre, un gioco del XVII sviluppatosi proprio nella penisola iberica quando gli aragonesi tenevano sotto scacco i quattro mori. Pare che Enrico Berlinguer, il segretario del partito comunista a cavallo tra anni ’70 e ’80, fosse un giocatore indefesso di Mariglia avendone appreso i segreti nella nativa Sassari in gioventù. Sebbene si lamenti l’assenza di una federazione che unisca sotto lo stesso ombrello tutti i giocatori della regione, a cadenza regolare si assiste allo svolgimento di combattuti tornei che da Olbia a Berchidda incoronano gli assi di questa interessante disciplina della mente.
Altra “curiosità” regionale è il Trucco o Truco, un gioco diffuso a macchia d’olio in Italia che riveste un’importanza particolare per gli abitanti del comune di Paulilatino. Originariamente inventato dagli spagnoli, le sue dinamiche di diffusione in Sardegna seguono infatti un percorso particolare che ricorda l’emigrazione dei sardi in Argentina nel corso dei primi anni ’20. Questo passatempo che premia l’abilità di saper bluffare e che fu particolarmente caro allo scrittore Jorge Luis Borges, venne infatti introdotto in sudamerica dai conquistadores al seguito di Hernan Cortes. Con la creazione degli stati nazionali in Sud America questo gioco iniziò a diffondersi in particolare in argentina e nei sobborghi di Buenos Aires. Fu qui che tre emigrati paulesi, Serafino Cossu, Serafino Trogu e Cosimo Cossu, appresero il Truco dai locali e, una volta tornati in Patria trasmisero ai loro concittadini le regole di questo svago che unisce due continenti.