Tempio Pausania – Al Teatro del Carmine Jashgawronsky Brothers in ToyBoys
Breve storia di una squadra vincente
I primi passi esitanti della Dinamo Banco di Sardegna
ora che si è consegnata alla storia vincente del basket italiano – calpestano un piccolo terreno di gioco con i tabelloni di legno e le tribunette di pochi gradoni, non lontano dalla storica chiesa di San Giuseppe. Il campo è stato ricavato dal cortile di un liceo classico della buona borghesia sassarese, e mille grandi finestre dall’alto si affacciano sul proscenio dei dieci pionieri di questa eccitante avventura. I colori sociali sono il bianco e blu di importanti squadre dell’est europeo, e cominciano le prime sfide per i primi protagonisti di un viaggio che è destinato ad arrivare lontano: si chiamano Pietro Barracani e Antonio Lavosi, Francesco Soccolini e Graziano Bertrand, Roberto Centi ed Antonio Manca, Rosario Cecaro e Giovanni Pilo, Bruno Sartori e Salvatore Virdis: è il 23 aprile del 1960. Papa Giovanni ha appena annunciato pace in terra agli uomini di buona volontà, John Kennedy oscilla tra nuova frontiera nei diritti civili ed oscure trame contro il regime cubano di Fidel Castro, e Livio Berruti sta per infiammare le Olimpiadi di Roma con il suo travolgente allungo verso la medaglia d’oro in un evocativo volo di colombe.
Gli esordi societari vedono la Dinamo nel campo Meridda, prima del trasferimento alla Palestra Coni di Viale Adua, ad un passo dallo stadio calcistico e dal vecchio acquedotto cittadino. Dal 1980 la squadra si trasferisce nel nuovo impianto di Piazzale Segni, che dodici anni dopo – grazie alla promozione in Legadue – è ampliato con la creazione delle due tribune dietro i tabelloni. Nel 2005 il complesso è dedicato alla memoria di Robertina Serradimigni, la grande e sfortunata cestista prematuramente scomparsa. Il primo vero traguardo è l’accesso alla Serie C nazionale, nel 1966. La società sassarese vivacchia in una mediocrità aurea per molto tempo, prima della storica promozione nella Serie B del 1981. L’ autentico contatto con la pallacanestro che conta è la promozione del 1986 alla Serie B1 nazionale: ora Sassari può dirsi presente in un campionato di tutto rispetto, e consolida la struttura societaria. E’ la squadra che vede il play Sergio Milia – oggi importante uomo politico regionale – ed il lungo Beppone Pirisi stelle e beniamini di un roster, che inizialmente fatica a raggiungere la sospirata salvezza. L’attenzione della gente per questo gruppo cresce impetuosamente, soprattutto in occasione delle sfide infuocate contro Cagliari.
Nel 1989 ecco la magica salita nella Legadue. Un grande coach come Mario De Sisti trascina alla festa finale un gruppo sorprendentemente capace di prevalere in finale sulla favorita Siena di Giroldi e Carraro. Bini e Mossali sono i principali alfieri della riscossa. Il basket isolano non vedeva gli stranieri americani nelle proprie file dai tempi gloriosi degli Anni Settanta, e la breve parabola del Brill Cagliari ed i suoi assi: l’esile fenomeno John Sutter e l’astuto gaucho Carlos Ferello. La matricola conosce un emozionante e commovente battesimo di fuoco in Coppa Italia, opposta ad una leggenda italiana come la Philips Milano: arrivano in città Dan Peterson ed il totem Dino Meneghin, il genio Mike D’Antoni ed il fromboliere Antonello Riva, la leggenda Bob Mc Adoo e Riccardo Pittis a regalare un brivido straordinario. L’infinito applauso del popolo sassarese saluta un avvenimento storico e l’abbraccio ammirato della storia all’astro nascente isolano, che gioca una partita di rara intensità e soccombe con onore. La saggia gestione dell’Avvocato Dino Milia – un dirigente straordinario per saggezza e carisma – fa arrivare in Sardegna ottimi allenatori come Massimo Mangano e Cesare Pancotto, ed autentici campioni per infiammare la tifoseria locale: Allen e Thompson, Frederick e Comegys. Nel mentre i supporters sassaresi si stringono intorno agli storici primattori italiani di questa scalata verso la vetta: il regista veneziano Chicco Casarin e la guardia ligure Mauro Bonino, che aiutano il giovane asso di casa Emanuele Rotondo a diventare il migliore giocatore sardo di ogni epoca assieme al cagliaritano Tore Serra, prima del boom di Gigi Da Tome.
Sono stagioni di risicata difesa della posizione faticosamente conquistata, con un tourbillon di tecnici e diverse scelte di mercato sbagliate. Milia cede la dirigenza alla famiglia Mele: e dopo due play-off brucianti sul filo di lana, ecco l’ingresso nell’Olimpo con Meo Sacchetti in panca. E’ il 2010, dopo la finale vincente contro i laziali di Veroli. Nella stagione di esordio nella massima serie il Banco di Sardegna cala un tris di assi come Travis Diener, James White ed Othello Hunter. L’anno successivo il cugino Mandrake che raggiunge Aladiener un Banco ormai molto ambizioso, come testimonia il sensazionale terzo posto finale. Stefano Sardara è il nuovo presidente, e la Dinamo saluta un secondo posto memorabile nella regular season, prima della sfortunata serie contro Cantù che infrange il sogno tricolore. La Dinamo ora si misura nei palcoscenici continentali dell’Eurocup. Il resto è storia di oggi, con la coccarda sul petto ed una coppa in bacheca.
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