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BIKINI, SENZA DI TE ESTATE NON È
di Bonaria Loi
Velocissima l’evoluzione del due pezzi, ricca di trasformazioni e curiosità
È notevole e singolare la storia del costume da bagno femminile. Nei primi del novecento le donne si mostrano al sole con una vera e propria tuta in tessuto di lana, che copre completamente il corpo. Verso gli anni ‘20 il costume si accorcia , le gambe si scoprono concedendo spazio all’abbronzatura. Ma la sua lunghezza deve rispettare misure ben precise e, all’ingresso delle spiagge, vengono effettuati i controlli. Guai a chi esibisce una mise troppo corta! Raggiunta la fine degli anni ‘30 fa capolino il due pezzi, lanciato dall’azienda Jantez, famosa per alcune campagne pubblicitarie e tutt’oggi operativa nel beachwear. Il 1946 è un anno chesegna nuovi inizi e cambiamenti nella vita della donna; dal punto di vista sociale, politico e, soprattutto, dell’ immagine. Il costume da bagno acquisisce così un ruolo fondamentale: aiutare la donna ad emanciparsi. Louis Réard, un ingegnere automobilistico, negli anni ‘40 si interessa di affari nel settore lingerie vicino a Les Folies Bergères a Parigi. Frequentando le rinomate spiagge di St. Tropez, nota alcune donne arrotolare i bordi dei loro costumi da bagno per abbronzarsi meglio. Questo gesto lo ispira a disegnare un costume dalle misure più ridotte, troppo ridotte e, sopra ogni cosa, improponibili per quei tempi.
Nasce così il bikini. Quattro triangoli di pochi centimetri, ritagliati su un tessuto con fantasia a stampa di giornale. Non a caso deve fare notizia. Solo una mente ingegnosa e creativa come quella di Réard può illuminarsi di questa idea. Un’idea esplosiva. Il bikini deve essere messo in mostra per suscitare interesse e solo su una bellissima donna può essere ammirato. Non è semplice ingaggiare una modella che osi indossarlo per il debutto. Così Rèard, dopo vani tentativi, si rivolge ad una spogliarellista del Casinò de Paris. Solo la diciannovenne Micheline Bernardini, attraente e sfrontata, decide di indossarlo. L’ idea di Réard è proprio quella di provocare una reazione esplosiva nel mondo della moda, attirando l’attenzione dei media e del pubblico. Ci riesce.
La comunicazione per il genio è un punto di forza e il 5 luglio del 1946 la popolare piscina pubblica “Molitor” di Parigi ne diviene il palcoscenico. Il bikini è già un fenomeno. Ma la società dell’epoca non può vedere di buon occhio l’ esposizione di tanta carne al sole. Regna sovrano il senso del pudore. La ridotta mutandina, che lascia scoperto l’ ombelico, provoca scompiglio particolarmente tra gli uomini. La Bernardini riceve circa 50.000 lettere di fan. Il riferimento è chiaro: questo capo d’ abbigliamento che mostra così tanti centimetri di pelle nuda, è destinato ad avere un effetto rivoluzionario sulle abitudini e il modo di pensare delle donne. Il due pezzi, il cui nome richiama l’Atollo Bikini, uno dei tanti famosi Atolli delle Isole Marshall, comincia a valicare i confini francesi approdando anche in Italia. Viene messo in primo piano al concorso di bellezza più famoso “Miss Italia”. Nel 1947 le miss in passerella sfilano indossandone uno; tra le ragazze più in vista Lucia Borlani, in arte Lucia Bosè, che quell’anno viene incoronata reginetta . E, nel 1950, con un bikini mozzafiato, Sofia Loren ottiene il titolo di Miss Eleganza. Bastano le loro immagini fasciate in quel costume per creare mercato e, da quel momento, la necessità per tutte le donne dello spettacolo, e non solo, di possederne uno come strumento di seduzione. Il ‘ due pezzi’ sconvolge la morale comune, al punto che vengono stipulate delle regole per esibirlo. Carabinieri, muniti di centimetro, controllano le donne all’ingresso delle spiagge. La stessa Anita Ekberg, diva della “Dolce Vita” finisce in caserma tra i fischi e gli insulti. Ma il bikini insiste e persiste. Raggiungendo glorioso i nostri giorni.