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Orgoglio e pregiudizio – Un bagno di folla ad Alghero per una festa di civiltà
Sono passati ben quarantacinque anni
da quando nel 1969, nella notte tra il 27 e il 28 giugno, ebbero luogo a New York quelli che ancora vengono ricordati come i “Moti di Stonewall”, la prima forma decisa di rivendicazione dei diritti civili da parte delle persone omosessuali. Le retate della polizia nei locali gay erano all’ordine del giorno e l’omosessualità era considerata una malattia mentale. Lo Stonewall Inn, un frequentatissimo locale gay nel Greenwich Village, vide l’irruzione di sei agenti che minacciarono gli avventori, iniziando a rompere gli oggetti a colpi di manganello. Circa duecento persone vennero identificate e tre drag queen fermate, poiché una legge imponeva di indossare almeno tre capi di vestiario adatti “al proprio genere”. Ma per la prima volta, proprio quella sera, si ebbe una reazione. Probabilmente il lancio di una bottiglia contro gli agenti da parte della transgender Sylvia Rae River, scatenò una vera e propria rivolta che coinciderà simbolicamente con l’inizio del movimento di liberazione omosessuale.
In ricordo di questi avvenimenti ogni anno il 28 giugno e nei giorni precedenti o immediatamente successivi, si svolgono le manifestazioni legate al cosiddetto Gay Pride, la marcia dell’orgoglio LGBT che, celebrando la memoria dei moti di Stonewall, rivendica i diritti civili delle persone gay, lesbiche, bisessuali e transgender.
In Italia il primo Gay Pride ufficiale si svolse a Roma nel 1994 e da allora è diventato un momento legato non solo al ricordo di ciò che è stato, ma principalmente alla comprensione di ciò che sarà, attraverso iniziative che hanno lo scopo di sensibilizzare le persone nei confronti delle problematiche che ancora permangono, nonostante le numerose conquiste ottenute.
Quest’anno anche la Sardegna è stata protagonista di questa importante manifestazione. Più di diecimila persone infatti, hanno affollato le strade di Alghero per assistere alla tradizionale marcia che ha sancito il Sardegna Pride 2014. In un clima festoso che ha coinvolto residenti e turisti, famiglie con bimbi e curiosi, ragazzi e persone anziane, si è svolta la coloratissima “parata” tra palloncini, musica e bandiere arcobaleno. Chiunque volesse, a prescindere dall’orientamento sessuale, ha avuto anche la possibilità di effettuare una promessa d’amore, che pur non avendo valore legale, lo ha di certo avuto dal punto di vista simbolico ed affettivo.
Quest’edizione del Sardegna Pride, organizzata dal Movimento Omosessuale Sardo, ARC, Famiglie Arcobaleno, Colletivu S’Ata Areste e Pandela Transgender, ha visto la grande solidarietà della gente nei confronti della manifestazione e la presenza di rappresentanti del mondo della politica, dei sindacati e, per la prima volta al Pride, anche delle istituzioni regionali. Numerosi artisti inoltre hanno partecipato alle iniziative correlate tenutesi nei giorni precedenti: dalla compagnia teatrale “Un canotto sul comò” protagonista della divertentissima commedia “Vestito piaccio, nudo convinco…”, andata in scena il 25 giugno al Teatro Civico; fino ai numerosi musicisti che si sono alternati sabato 28 sul palco allestito al Porto dove sono stati presentati con ironia dalle drag queen La Trave nell’Okkio, Diamanda e Sequencé Knowles.
Sarebbe in ogni caso molto limitante ridurre il Sardegna Pride 2014 ad un semplice susseguirsi di eventi e spettacoli. E’stato qualcosa di decisamente più importante. Una manifestazione festosa ma senza eccessi il cui scopo è stato ampiamente raggiunto: ricordare e rivendicare il diritto di unione di ogni coppia, omosessuale o etero, ma soprattutto il diritto a non subire discriminazioni di nessun genere a causa dell’orientamento sessuale.
Non c’è alcuna superbia nel rivendicare il proprio “orgoglio gay”, rappresenta semplicemente la giusta fierezza nel far valere in serenità ciò che si è. Alghero ha risposto a questo appello con affetto e partecipazione dimostrando che la Sardegna sa replicare in modo adeguato alle esigenze sociali e culturali dei tempi che viviamo. Sono passati quarantacinque anni dai “Moti di Stonewall” ma è bene ricordare sempre lo slogan che nacque proprio in quelle ore: “Noi siamo ovunque!”. E lo ribadiamo almeno fino a quando, finalmente, non sarà più necessario farlo.
Francesca Arca
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