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“Pane e acqua”, il dramma di un naufrago senegalese
Venerdì 5 Aprile alle ore 18,30 presso la Casa Cultura a Neoneli incontro dal titolo Pane e acqua. Dal Senegal all’Italia passando per la Libia con Ibrahima Lo che dialogherà con Giuseppe Manias
Ibrahima Lo è in Italia da pochi anni e ci è arrivato partendo dal Senegal, sopravvivendo ai lager libici e dopo che il gommone con tante, troppe persone a bordo su cui viaggiava è naufragato. Non un’inchiesta condotta da terze voci, ma la storia vera di chi è grato alla vita per averne ancora una e poterne scrivere, a partire dal ricordo della fame saziata a pane e acqua.
Questo libro è il racconto di chi ha rischiato di morire ripetutamente nella speranza di approdare a una terra promessa, l’Europa, e che – nonostante la meta venga raggiunta – deve farei i conti con il razzismo di una società ipocrita e xenofoba, con lavori in nero e sottopagati, e una nuova vita da costruire a partire dal niente.
Giuseppe Manias (foto facebook)
Quella di Ibrahima Lo è anche la narrazione felice di una solidarietà che resiste all’oscurantismo, di persone ancora umane in grado di aiutare chi ha un’esperienza da migrante alle spalle. “Pane e acqua” è il resoconto personale di chi nutre ancora il sogno di un’integrazione possibile, di chi partecipa alla speranza di un mondo realizzabile, raccontando storie di sopravvivenza e rinascita.
In una intervista al Gazzettino.it, il senegalese ha detto che la sua meta è sempre stata un Paese dove studiare, Italia, Germania, Spagna, le mete preferite. Ora vive in Italia dove ha scritto un libro, “il prossimo uscirà a dicembre e dovrebbe chiamarsi “Processo con la mia penna”. Non sono ancora diventato un giornalista, ma la gente mi ascolta quando racconto cosa succede a chi cerca di emigrare. Sono stato a parlare anche al Parlamento Europeo, c’è in programma una iniziativa a Montecitorio”.
Ibrahima ritiene sbagliata la politica dei governi europei. “È sbagliato fare accordi con la Libia e con la Tunisia, sono loro che ti catturano in mare e che ti fanno partire. I guardiacostieri libici di giorno vestono la divisa dei buoni, ma di notte sono i trafficanti di esseri umani. Ti incarcerano e devi pagare per partire, se non hai i soldi vieni venduto”. Per lui i problemi si risolvono in Africa, “smettendola di appoggiare i dittatori come quelli che abbiamo in Senegal, non bisogna dare soldi a paesi come la Libia”.