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Angelo Maggi, con lui tutto ha un volto
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Il pittore Angelo Maggi colleziona successi negli Stati Uniti e in Europa… sognando la mostra a Sassari
Approda a Porto Torres, sua città natale, portandosi dietro una volta di più il fresco profumo dell’occitana Tolosa, in cui all’ultima edizione dell’EXPO un folto pubblico lo riconosce come “Il pittore della fiera”. E la Ville rose francese si tinge di tricolore.
In barba alla stanchezza che ogni suo viaggio comporta, Angelo Maggi ci accoglie subito dopo con entusiasmo, nello spazio creativo di Sassari. La città scelta a sedici anni per continuare il percorso artistico e di vita.
Chi è Angelo Maggi?
Un conservatore che preserva lo spirito dei suoi vent’anni. Un giovane di 64 anni (ride, ndr) cresciuto pian piano. Ho sempre desiderato fare il pittore. Il primo quadro l’ho venduto in terza media, non per denaro facile, ma per coltivare la passione. Ho rifiutato lavori seri per dare spazio al mio estro. Negli anni ’70 è arrivata una proposta di insegnamento; dopo una settimana di riflessione e mal di pancia ho rifiutato la cattedra.
Una scelta coraggiosa che trova conferma nei suoi successi.
Sì. Anche se la strada è stata lunga. Per nove anni ho girovagato alla ricerca di uno stile che mi caratterizzasse. Diverse le esposizioni nazionali e internazionali tra Milano, Firenze, Roma, Lucca e Berlino. Nel 1983 grazie al supporto di mia moglie, lodevole compagna d’avventura, ho dato inizio alla mia nuova stagione creativa a Sassari: “La Saison”. Questo laboratorio accorpava tutto il mio mondo; raccoglievo oggetti d’antiquariato e, dando libero sfogo agli insegnamenti del corso di decorazione pittorica dell’istituto d’arte, facevo decorazioni su porcellana. Nessuna esposizione per dieci anni, ma i miei lavori sono comunque entrati nelle case di Sassari e paesi limitrofi. L’ispirazione per la prima mostra è arrivata con la nascita di mia figlia Martina: cinquanta quadri, più di quelli presentati, venduti in due giorni. Da allora in poi una serie di vetrine.
Quando arriva la svolta?
Nel 2001 durante un viaggio negli Stati Uniti a San Francisco, un’amica organizza un ricevimento e vende “mezzo mondo”. Presente alla serata il gallerista della “Worpal gallery”che ordina dieci pannelli di grande dimensione e dà avvio ad una serie di mostre tra Salt Lake City e New York. Purtroppo in seguito al tracollo economico dopo l’attentato alle Torri Gemelle, l’ordine andò perduto. Ma io trovai la spinta a produrre il grande formato.
Per puro caso, sull’orma della serendipità, Angelo Maggi fa una felice scoperta: comincia a pensare in grande. E capisce che commercializzare le sue opere è un modo per rendere fruibile l’immagine, accordandole più valore. Mentre l’artista si racconta pare di riconoscerne il temperamento nei tratti armoniosi dei volti femminili appesi alle pareti del suo laboratorio. Autentico omaggio alla bellezza. Sguardi socchiusi in penombra per incuriosire e guidarci sulla bianca linea della consapevolezza, tracciata nella rima interna dell’occhio. Labbra piene color cremisi dalle vivaci parole, sgranate come chicchi di melograno dal gusto di amore e umiltà. Parole che danno vita anche ai pensieri fugaci espressamente raffigurati da nature morte. E il Frottage con acrilico e olio su tavole e tele come immagini recuperate dalla memoria. Quelle di una vita serena vissuta in sintonia con il proprio sentire.
Da allora ha continuato a diffondere la sua arte in campo internazionale e a fare incetta di premi, soprattutto in Francia. L’ultimo riconoscimento risale a neppure un anno fa.
Sì, a Cannes. La giuria dell’esposizione internazionale di “Artistes du Monde”presieduta da Marina Picasso, nipote di Pablo, seleziona di anno in anno l’immagine vincitrice per promuovere in tutte la forme la manifestazione dell’anno successivo. Essere stato scelto come artista è stato emozionante quanto vedere la mia opera nei manifesti dell’edizione 2016 illuminare il Boulevard Croisette.
Nel mese di aprile ha esposto al Teatro Verdi di Sassari, in occasione della rassegna “Arte in Teatro,” riscuotendo enorme successo. Qual è secondo lei il segreto di una mostra ben riuscita?
Le mostre non devono essere anacronistiche e devono attrarre. Perché ciò avvenga bisogna suscitare interesse. Mi sento di affermare che a Sassari ci sono le location giuste, ma sono mal gestite.
Le sue tele dispiegate come sipari che schiudono il palcoscenico della vita. Del nostro affannato vivere che per Angelo Maggi è gioco. Teatro in carne e anima. E così prende forma tra sogno e realtà “La città dormiente”. Sassari rappresentata da una donna che scruta in silenzio, suo malgrado, i personaggi bendati alla finestra che si ostinano a non voler vedere le sue meraviglie. Innamorati che non sanno mostrare amore. In questa metafora pittorica grande è il desiderio di rinascita dell’artista sassarese per la sua città, calcato altresì nella sua scultura in tufo calcareo di Largo Brigata Sassari.
Prende vita al nostro sguardo l’incompiuto dramma pirandelliano, nelle immagini surrealiste de “I Giganti della montagna”. In seguito, la luna in primo piano geminata da un “Sogno di una notte di mezza estate” di shakespeariana magia e atmosfere oniriche davanti alle quali si vorrebbe rispondere a Puck il folletto: «lo spettacolo ci è piaciuto. Non siamo obbligati a fingere». Liricità nel dipinto “Notre Dame des fleurs” di Genet in cui scopriamo nel travestito “Divine”- riprodotto in due immagini capovolte, asimmetriche – un corpo maschile dalle linee tornite e seno da donna. E poi la morte dipinta di rosso vermiglio. Abbagliante, come la bellezza del suo assassino. Ma la gioia d’amare desidera sempre imprimere la sua presenza e, rinnovata come la musica del carillon, la ritroviamo nella rappresentazione pittorica dell’opera mozartiana ”Il flauto magico”.
Monsieur Maggi, si sente profeta in patria straniera?
No. Niente di così serio. Prendo tutto con spasso, ragion per cui sto bene ovunque. Qui ho la mia vita. Consensi e tante soddisfazioni.
Progetti futuri?
La mostra della vita a Sassari, che realizzerò per l’occasione. Mi piacerebbe esporre all’ex convento del Carmelo o al Museo d’arte contemporanea “Masedu”. Una mostra – museo, in cui trovare anche oggetti ricordo che abbiano lo stesso valore della cartolina quando si visita una città nuova.
Cosa vorrebbe dicessero di lei i suoi fruitori?
Un pittore che regala gioia grazie all’ipnotismo delle sue opere. Un artista che crea campi magnetici di serenità.