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Da Porto Torres a New York, la storia di Gavino Sanna
Sapevate che il più famoso pubblicitario italiano, conosciuto a livello internazionale, è sardo? È Gavino Sanna, creativo originario di Porto Torres
Vincitore di sette premi Clio, Oscar della pubblicità in America, sette Leoni a Cannes e dell’unico Telegatto per la pubblicità. Gavino Sanna ha studiato con Andy Warhol, ha collaborato con personaggi del calibro di Pavarotti, Sophia Loren, Alain Delon, Elvis Presley e Frank Sinatra.
Il pubblicitario è nato nella piccola cittadina di Porto Torres nel 1942 e, da allora, ne ha fatta di strada. Dopo aver concluso gli studi all’Istituto d’Arte Filippo Figari di Sassari (luogo in cui emerse per la prima volta il suo talento per il disegno, in particolare per quello caricaturale), perfezionò la sua tecnica nello studio dello zio Giovanni Manca, giornalista e pittore. A soli 13 anni inizia a collaborare come caricaturista con la Nuova Sardegna.
Con coraggio e determinazione, Gavino lascia giovanissimo la Sardegna per proseguire i suoi studi sul disegno a Roma; ma sarà a Milano, a metà degli anni Sessanta, che avrà i suoi primi impegni nello Studio Sigla. Le sue prime collaborazioni furono con il brand Baci Perugina. Successivamente ha lavorato per altre agenzie, contribuendo alla creazioni di spot per Gillette, Esso e Motta.
Il successo negli Stati Uniti
Ma sarà in America che arriverà la grande svolta nella carriera del sardo, che decide di lanciarsi in una nuova avventura di portata internazionale. A New York Sanna studia la lingua inglese e si ambienta piuttosto in fretta. La prima assunzione arriva da una piccola agenzia, per poi raggiungere realtà sempre più importanti del panorama statunitense. Ha anche la possibilità di studiare con una icona assoluta del calibro di Andy Warhol.
Gli anni Settanta sono quelli in cui il portotorrese rivoluziona l’advertising e prende parte alla realizzazione delle prime pubblicità dei Tampax, un tema all’epoca ancora tabù. Inizia la sua collaborazioni con marchi di livello mondiale come Coca Cola. In questi anni è protagonista assoluto del nuovo modo di concepire gli spot.
Il ritorno in Italia
All’apice del successo, sul finire degli anni Settanta, arriva una proposta che consentirebbe al sardo di tornare in Italia. Un’agenzia internazionale, Benton and Bowles, era intenzionata ad aprire la propria sede in Italia nel capoluogo lombardo, all’epoca in piena espansione. Gavino Sanna accetta e per lui si aprono le porte della grande notorietà in patria.
Negli anni Ottanta e Novanta si assiste ad una notevole standardizzazione dei beni di consumo. Tuttavia, è anche il momento in cui si cominciano a comprendere le potenziali differenze tra i vari spettatori: si parla, per la prima volta, di Target. Il creativo sardo non si fa certo cogliere impreparato dalla nuova distinzione dei pubblici. Sanna sprigiona tutto il suo innato talento e riesce a concepire linguaggi differenti per consumatori differenti, comprendendo l’importanza dell’emotività nello spot televisivo e ispirandosi, sopratutto, alla vita quotidiana.
Infatti, sono gli anni delle sue più celebri creazioni, soprattutto con Barilla: sia per l’immagine del Mulino Bianco e tutto ciò che ne è derivato in seguito, sia per l’invenzione dell’indimenticabile slogan dell’azienda “Dove c’è Barilla c’è casa”. Con uno spot realizzato per la medesima azienda, quello in cui vi è una bambina che torna a casa e mette il fusillo in tasca a papà, nel 1986 conquista il famoso Telegatto per la Pubblicità.
Da questo momento in poi le collaborazioni sono innumerevoli, tra i nuovi clienti giungono la Fiat, Giovanni Rana, Simmenthal, Ariston e la De Cecco.
Gavino Sanna non ha mai dimenticato le sue origini, delle quali va molto fiero e per le quali si è sempre definito “americano di Porto Torres”, nonostante in America sia diventato cittadino del mondo, egli ha sempre portato la Sardegna con sé e resta sardo “a modo suo”.
Da non dimenticare la sua collaborazione al periodico Sassari Sera fondato dall’indimenticabile Pino Careddu.
Dopo una vita di successi Sanna decide, nei primi anni duemila, di vendere tutte le sue quote per tornare a vivere nella sua isola, nella quale apre una casa vinicola: la “Cantina Mesa“, attivando anche un concorso annuale per premiare giovani chef e ristoratori, un vero e proprio gesto di amore nei confronti della sua terra.