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Una dea si è fermata sull’Isola delle Vacche, per farla bella
Ecco chi era tziu Agnuleddu Sanna e chi è l’imprenditore che ha rilevato il suo eden: la naturalista Sabrina Rossi racconta l’isola di Culuccia
Di Paolo Salvatore Orrù
Come se Venere fosse discesa dall’Olimpo e la sua bellezza come d’incanto si fosse materializzata sotto la sua orma. “Lungo l’ultimo tratto di strada che porta a Culuccia il paesaggio che accoglie il visitatore è imprevisto ed emozionante: con i suoi specchi d’acqua bassa e ferma, in cui si stagliano i profili silenziosi degli aironi e delle garzette”, ha scritto sull’Approdo, la Gazzetta di Culuccia, Sabrina Rossi, la naturalista che dirige l’Osservatorio e monitora – in collaborazione con l’università degli Studi Roma 3, l’Università di Sassari e il Politecnico di Torino – la zona di Porto Liscia – “una delle zone umide ‘minori’ della Sardegna”. Il primo ad aver capito il valore non venale di quest’angolo di terra era stato un sardo, tziu Agnuleddu Sanna. “È scomparso agli inizi degli anni novanta alla veneranda età di 94 anni, dal giorno della sua dipartita sino a 5 anni fa l’area è rimasta non abitata”, ha detto Rossi.
L’isolotto, come indicato nel testamento, divenne di proprietà dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (IRC). Qualche anno dopo, il 17 aprile 2017, l’IRC l’ha ceduta a Marco Boglione, il patron di Kappa, Robe di Kappa, K-Way, Superga e Jesus Jeans. Ed è proprio all’imprenditore che è venuta l’idea di “riaprire, grazie a una cartina militare del 1956, le strade ormai invase dagli alberi, riavviare gli stazzi, ricoltivare l’azienda agricola”. Com’è comprensibile, in un luogo dove per anni l’uomo non aveva più nuociuto, la natura ha avuto il sopravvento. Così i cinghiali, ma anche i gatti selvatici (“quasi certi che nell’isola ne sopravviva qualche esemplare”, ha sostenuto la naturalista), le tartarughe, i granchi verdi, le libelle, le martore, le donnole, le lepri e le volpi hanno avuto (e hanno ancora) vita facile. Di recente, sono stati introdotti asini, vacche e qualche capra proveniente dall’Asinara, “ma non vogliamo che il numero cresca troppo, per non squilibrare gli ecosistemi locali”.
La naturalista Sabrina Rossi (foto Maria Collu)
Non solo, l’Osservatorio ha predisposto anche un programma di tutela per gli uccelli a rischio di estinzione, così fra tante pernici e qualche quaglia, nei dintorni umidi dell’isoletta e fra i ciuffi di limonium, si possono osservare svassi maggiori, aironi cenerini, garzette, sgarze ciuffetto, garzelle, pantani, piro piro piccolo, cavalieri d’Italia, marangoni dal ciuffo, fratini e nitticore. Fra i migratori sono state osservate beccacce, tordi, merli e colombacci. Anche la vegetazione è riuscita a ritagliarsi il suo angolo di pace. Oltre alla solita e bellissima macchia mediterranea (un cenno merita il ginepro fenicio), è opportuno raccontare cosa succede nelle zone umide. “In quest’area – ha spiegato Rossi – l’acqua disponibile negli ecosistemi di Porto Liscia è ricca di sali, ma la maggioranza delle piante ha bisogno di acqua a basso contenuto salino, per questo è il regno delle alofite (artemisia, limonium, aster, salicornie), le uniche capaci di sviluppare radici poco permeabili al sale e di ‘sputare’ quello in eccesso”.
La superficie totale dell’Isola è di circa 300 ettari. Negli antichi stazzi sono presenti numerosi recinti, ricoveri e abbeveratoi per animali; alcuni orti e due vigne che poco alla volta saranno recuperati per le funzioni originarie. L’azienda agricola Culuccia produce olio, mirto, gin (la produzione è in fase sperimentale), vino, miele e carne bovina, ostriche e altri frutti di mare. Per poter sviluppare il progetto è necessaria l’energia elettrica (ora si utilizzano gruppi elettrogeni), un problema che sarà risolto con pannelli fotovoltaici. Perché anche il falco pescatore e il giunco pungente, come le altre specie che hanno eletto domicilio nell’Isola delle Vacche, hanno diritto di vivere nel loro eden.