Serie D – Latte Dolce tra gruppo e difesa: coperta corta, ma le soluzioni non mancano
A Cabras viene mostrato il “vero volto” dei nuragici di Mont’e Prama
Analisi e studi rivelano l’aspetto di un nostro antenato
La Sardegna è gremita di leggende, miti e misteri irrisolti: uno di questi concerne i Giganti di Mont’e Prama e la necropoli che vi si trova nei paraggi (nella penisola del Sinis). Sui resti ritrovati proprio in questo luogo, sono stati eseguiti degli studi archeologici e biologici, i cui risultati sono stati presentati sabato scorso al convegno scientifico “Bioarcheologia a Mont’e Prama, un approccio multidisciplinare”.
L’incontro si è svolto a Cabras nel corso della prima giornata di “Verso Archeologika 2022”. Sono stati Salvatore Rubino, Luca Bonoroli e Raimondo Zucca a introdurre l’argomento.
Le analisi degli scheletri ritrovati nella necropoli non hanno portato a degli esiti definitivi, ma sono comunque piccoli progressi nella ricerca sulla popolazione che viveva nelle prossimità della località Mont’e Prama.
Attraverso lo studio biologico dei denti, si è scoperto che gli scheletri rinvenuti in quella zona appartenevano tutti a soggetti di sesso maschile con un’età compresa fra i 15 e i 30 anni. Si è anche giunti alla conclusione che soffrissero di stress a partire dall’età di 12 anni.
Sono state eseguite anche delle analisi degli isotopi radiogenici dello stronzio, che hanno rivelato che questi uomini erano per la maggior parte individui locali e non immigrati.
A confermarlo è l’esame del DNA antico, prelevato dalla rocca petrosa (un osso del cranio) e dai denti, che ha dimostrato che 10 dei 16 soggetti sepolti in quell’area avevano caratteristiche genetiche in comune a quelle dei sardi del Neolitico e dell’età nuragica.
La ricostruzione facciale di uno di loro è stata possibile grazie al rinvenimento di un cranio compatto, nella tomba A, su cui hanno lavorato il professor Vittorio Mazzarello e la dottoressa Manuela Uras, in collaborazione con un centro specialistico inglese in cui vengono fatte anche le ricostruzioni per il riconoscimento di cadaveri.
L’archeologo Raimondo Zucca ha concluso dicendo che: «Gli studi biologici hanno fornito dati preziosissimi per il futuro e fanno cadere una delle ipotesi che negli anni erano state avanzate, ovvero che si potesse trattare di un gruppo familiare esteso. Le indagini proseguiranno per dare risposte ai tanti quesiti ancora senza soluzione».
Immagine: https://www.lanuovasardegna.it