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Quando le donne sarde andavano fuori di seno (e i preti fuori di senno)
Alcuni studiosi di tradizioni sarde sostengono che in alcuni paesi della Sardegna questa usanza fosse stata conservata fino al 1939. La testimonianza del sommo poeta Dante Alighieri e le proteste della baronessa di Flumini Majore per le imposizioni della chiesa
“Il seno è maschile singolare; per fortuna le tette sono femminili e plurali!”, ha scritto tra il serio e il faceto il grande Mirko Stefanon. Un plurale che evidentemente non piaceva ai preti e ai frati che per molto tempo hanno chiesto alle donne sarde di nasconderle. Una battaglia iniziata ai tempi del sommo Dante e proseguita sino alle soglie del 1900 (ma secondo qualche autore sino al 1939). Come dire che anche le nostre bis o tris nonne vestivano come la Dea dei serpenti, una statuina trovata a Cnosso (Creta), agghindata con eleganza “con una ricca gonna lunga a pieghe e uno strettissimo giubbetto che metteva in evidenza il seno nudo”, ha scritto Dolores Turchi, nel suo Oliena, Barbagia, Sardegna.
Documento del 1779
I più grandi nemici delle scollature totali pare siano stati i gesuiti. Nell’Ottocento, attraverso il timorato e zelante padre Antonio Bresciani, osservavano: “Le donne dell’isola, nell’incredibile varietà delle fogge dei loro vestimenti, in questo solo convengono: di aver tutto il seno aperto. E chiudan esse la vita in imbusti, o in fascetta, o in serrine di qualunque foggia esse siano, tutte hanno lo sparato larghissimo, onde le forme del petto appaiono sotto le fine e candide camicie”. Ed è stato più o meno in quel periodo che nobil donne e le popolane hanno cominciato a nascondere le loro peccaminose nudità.
Del resto, avevano resistito per un bel po’. Nel Canto XXIII del Purgatorio versi 94-96, Dante Alighieri, ha scritto lo storico Francesco Casula, fa dire a Forese Donati: “Chè la Barbagia di Sardigna assai nelle femmine sue è più pudica che la Barbagia dov’io la lasciai”. Secondo le annotazioni del secondogenito di Dante, Pietro Alighieri, “le donne sarde andavano addirittura discinte e sovente addirittura nude”. Per lo storico Alberto Boscolo “era vero che le donne di Barbagia andavano con il seno scoperto, perché due secoli dopo i vescovi le obbligavano a coprirselo con un largo fazzoletto”.
Osserva la Turci: “Siamo sempre nel campo delle ipotesi, in tempi remoti in Barbagia non si era adottato l’uso della camicia, oppure se c’era era molto più aperta di quanto non lo sia oggi”. Una tradizione che veniva dal passato remoto. “Se – ha sostenuto la Turchi – al costume barbaricino si togliesse la camicia sarebbe molto simile alla veste che indossavano le donne di Cnosso, secondo le pitture parietali riportate alla luce, in quell’isola, a inizio Novecento, dall’archeologo Evans”.
Tutto questo succedeva solo in Barbagia? Nel 1805 Giovanni Mameli a proposito delle campidanesi scrive: “Abbigliamento tanto vago e leggiadro, sebbene alquanto lascivetto all’occhio forestiere, prima almeno che fosse avvezzo alla più stomachevole nudità”. Nel 1814 Padre Napoli sostiene: “La più indecente e scandalosa, che non dovrebbe tollerarsi in paesi cristiani e cattolici”. Anche se furono consigliate, come riporta il Padre Bresciani: “Di mutar la foggia degli imbusti, o chiudersi in vesti accollate”, le donne sarde maturarono un’abilità particolare nell’ostentare le proprie virtù fisiche. Uno dei modi era di distribuire sapientemente sul corpo i gioielli del loro corredo. I preti, insomma, non ebbero subito la meglio, le donne infatti obbedirono soltanto in apparenza. Infatti, “inventarono – si legge su sardnow – un parapetto mobile che, con l’ondeggiare del corpo, si spostava lateralmente lasciando vedere molto di più di quanto si potesse ammirare in precedenza.
Di recente, altri studiosi delle tradizioni sarde, in particolare Leonardo Melis, hanno sostenuto che in alcuni paesi, in particolare Cabras e Fluminimaggiore, questa usanza fosse stata conservata fino al 1939. “Si discuteva sul fatto che a Cabras, erede dell’antica Tharros, le donne furono obbligate dalla Chiesa a coprirsi il seno con un muccadore (fazzoletto) solo nel recente 1940 circa”. Interessante anche l’aneddoto di Flumini Majore (Iglesiente), dove si racconta: che quando la Diocesi di Cagliari sostituì quella Arborense di Oristano e il nuovo vescovo radunò subito le donne del paese per comunicare loro che avrebbero dovuto coprirsi il seno, che tenevano naturalmente scoperto. “In prima fila sedeva la moglie del barone del paese con due figlie. la nobildonna chiese al vescovo se poteva fare una obiezione. Le fu concesso. Ella disse testualmente: ” Monsignore volevo farle notare che io personalmente non posso seguire le disposizioni della Chiesa, non subito almeno, poiché ho due figlie da maritare“, ha ricordato Melis. Donne sarde fuori di seno o preti fuori di senno? Gli studi continuano.