Serie C – Virtus Entella-Sassari Torres 1-1: ammonito Idda, dentro Lipani

Un libro indirizzato ai “penultimi” cioè coloro che si barcamenano tra paure, indecisioni e insicurezze della propria vita sia come esseri umani che come genitori
di Roberta Marceddu
Elmo, corazza, calzari, scudo e spada. Sono i componenti dell’armatura del perfetto soldato romano, ma non solo.
Patrizia Virgilio, Maestra Pa, ha avuto una curiosa e puntuale intuizione: associare le singole parti dell’armatura romana agli elementi necessari perché una persona diventi la “migliore” educatrice possibile, sia in ottica genitoriale che scolastica, e affronti con i giusti mezzi la guerra tra adulti e bambini/ragazzi del ventunesimo secolo. Non la formula magica per diventare il genitore o l’educatore perfetto però, ma la versione migliore per ognuno di noi, che ci aiuti a galleggiare in un mondo ricco di minacce e sgambetti (anche autoinflitti).
Tra difficoltà, scontri, impegni da conciliare e dubbi esistenziali, Patrizia ci spiega come non sia necessario eccellere, come il proprio spazio sia risorsa indispensabile alla sopravvivenza e quanto anche la sfera spirituale sia da scoprire e coltivare. Come si dice all’inizio, il libro è indirizzato ai “penultimi” cioè coloro che si barcamenano tra paure, indecisioni e insicurezze della propria vita sia come esseri umani che come genitori.
Maestra Pa nasce a Sassari, scopre e sviluppa la sua vocazione per l’insegnamento, fino ad inaugurare, nella scuola del Monte Rosello Alto, il primo corso specifico, dedicato principalmente ai genitori, tradotto poi, anche grazie all’esperienza Covid19, in un libro. “L’armatura dell’educatore”, di Tau editrice, è un piccolo manuale umano, ironico e istruttivo a prova di genitore stressato, allarmato e spesso bloccato in panchina. Uno di quei libri da leggere e rileggere, non solo per curiosità ma anche – e soprattutto – per necessità, per non sentirsi soli nella routine genitoriale fatta di frecce da schivare e terreni sconnessi da percorrere.
Abbiamo fatto una chiacchierata con lei per conoscerla meglio e farvi entrare nel suo mondo.
Ciao Patrizia, come stai? Come stai vivendo questo periodo?
Ciao Roberta, innanzitutto grazie a te e al vostro giornale per avermi coinvolto in questa speciale chiacchierata insieme.
È appena iniziato il 2022 e l’ho accolto, a differenza di molte persone che mi circondano, con tanta curiosità, fiducia e ottimismo.
Certo, anche per me il 2021 è stato un anno influenzato dalle limitazioni imposte dal Covid, ma è stato anche un anno di sorprese inaspettate, di nuovi incontri, di scelte importanti a livello lavorativo e di una miriade di piccole gioie che ne hanno illuminato le giornate.
Spero che anche il 2022 possa, man mano, rivelarsi un anno “nuovo” e originale, piuttosto che il “solito” nuovo anno che poi non fa altro che essere un “copia e incolla” di quelli passati.
La nostra intervista è già una bella sorpresa e un inizio originale, no?
Che risposta ha avuto il libro? È riuscito, almeno in parte, a colmare la mancanza degli incontri dal vivo?
Il libro è uscito ad aprile e fin da subito c’è stato un sorprendente passaparola fra le persone che lo leggevano. I giudizi erano davvero positivi e questo mi ha incoraggiato a pubblicizzarlo anche con delle presentazioni dal vivo, appena si è potuto. Ho scelto di farmi accompagnare da un gruppo di musicisti che con dei brani sottolineavano di volta in volta alcuni aspetti del libro. Sono Francesco Sini (che è anche mio marito da quasi 30 anni, un miracolo astrale a cui non credo neanche io!), Costantino Ciancilla e Gianna Dettori, una bravissima cantante sassarese. Con loro si è creato un feeling davvero speciale. Ci siamo divertiti tantissimo!
Come potresti definire in poche parole il tuo libro?
La risultante ironica e divertita degli studi e dell’esperienza che ho fatto come madre ed insegnante.
Educare è un compito davvero complesso e di valore, quando hai capito che si trattava della tua vocazione?
Ho amato il mio lavoro di insegnante fin da subito. Ho iniziato ad insegnare alla scuola primaria a ventidue anni e all’inizio mi sentivo davvero imbranata! Ma la passione per lo studio, l’aggiornamento continuo e la gioia che mi danno i bambini e le loro famiglie non mi hanno mai abbandonata.
La similitudine con le componenti di un’armatura è davvero originale, come ci sei arrivata?
Per caso. Cercavo una metafora adeguata a realizzare il corso per genitori del 2018 e mi sono imbattuta nella Lettera di San Paolo agli Efesini che parlava di “rivestirsi di un’armatura” e mi sono detta: «Caspita, noi educatori e genitori avremmo davvero bisogno di metterci un’armatura per difenderci nella guerra dell’educazione! Perché è una guerra dove bisogna essere ben corazzati.». E così è partito il libro.
Quale pensi sia l’età cruciale, quella in cui è necessario trasmettere valori e “coordinate” per il futuro?
La primissima infanzia (zero – sei anni) e l’adolescenza. Nella prima vengono trasmessi e si sedimentano i valori, i comportamenti, il giusto attaccamento alla vita e alle persone, allo studio.
Abbiamo questa idea fasulla che i bambini piccolissimi “non capiscono”. Tutti gli studi delle neuroscienze dell’ultimo ventennio ci dicono invece che è in quella fase che si strutturano dei veri e propri “tatuaggi” mentali ed emozionali che saranno indelebili per sempre: sono le fondamenta della persona. Credo sia molto sbagliato considerare le scuole dell’infanzia dei parcheggi, non è assolutamente così.
Poi l’adolescenza, quando quei “tatuaggi” si ingrandiscono e si riempiono di colori e sfumature che andranno a completare il quadro esistenziale della persona diventando degli affreschi fantastici, se proposti nella maniera adeguata cioè con verità e coerenza.
Capita spesso di leggere manuali del “perfetto genitore”, invece la tua visione accetta e spoglia del tabù del genitore, molto spesso la madre, forte – anzi fortissima – che deve stringere i denti e che perde qualsiasi altra funzione all’interno della famiglia. Quanto pensi sia importante l’identità a prescindere dal ruolo?
L’identità è proprio quell’affresco di cui ti parlavo, il ruolo è la cornice.
La mia identità è quella di essere una donna con i suoi pregi, difetti, con i suoi sogni e con le sue paure ma comunque un essere umano unico ed irripetibile.
I ruoli sono dei “vestiti” che indossiamo a seconda della circostanza: studente o docente, commessa, parrucchiera, giornalista, madre o figlia, amica, compagna, etc.
Tutti questi ruoli però non devono farmi dimenticare la mia essenza e il mio essere unica e soprattutto il mio volermi bene.
Invece a molte donne ad un certo punto il ruolo gli si appiccica così tanto che non se lo levano più di dosso. Per esempio, diventano mamme? Ecco, sono mamme 24 ore su 24. E si dimenticano che sono anche tanto altro, salvo poi esaurirsi e consumare il “vestito” a forza di tenerlo sempre addosso.
Come hai vissuto il periodo del lockdown e come stai vivendo ora le ripetute ondate del Covid19? Che impatto ha avuto sulla tua vita e sulla tua professione?
Ho capito fin da subito di avere due alternative: o di vederne i lati positivi e di godermelo profondamente -rispolverando la creatività e l’ingegno -, o di lasciarmi travolgere dal vittimismo, dalla paura e dal continuo lamento.
E allora durante il lockdown ho scritto il libro, ho cucito mascherine, ho lavorato come volontaria alla mensa Caritas lavando decine di pentoloni, ho continuato a lavorare in DAD con i miei Folletti (è il modo in cui chiamo i miei alunni) della scuola dell’infanzia, inventando di tutto e di più per farli divertire e non sentirsi soli.
Ed oggi continuo a non farmi impaurire dal futuro, ne ho fiducia, l’uomo ha in sé tantissime risorse, tutto sta nel non farsi mangiare la vita dalle distorsioni cognitive del pessimismo e del vittimismo.
A volte penso una cosa un po’ forte e cioè che se l’essere umano ha resistito ad Auschwitz ce la può fare anche a resistere al Covid.
Che progetti hai per i prossimi mesi, continuerai con i corsi?
In questo periodo di Covid ho aperto uno studio di consulenza genitoriale perché le richieste di aiuto sono davvero tante. I genitori sono spesso senza “armatura” e cerco, nel mio piccolo, di aiutarli a costruirsene una efficace e luminosa per sé stessi e per i figli.
Sai quale sarebbe il mio più grande sogno? Quello di creare a Sassari un grande Centro per la Famiglia a 360 gradi, dove genitori e figli possano trovare supporto, consigli, aiuti concreti nel campo formativo e informativo.
Uno spazio di cultura e di formazione con dei professionisti preparati che li sappiano prima di tutto accogliere, ascoltare e poi accompagnare nel momento che stanno vivendo.
Sarebbe bello se qualcuno che legge questa intervista possa aiutarmi nell’intento.
Nel libro una parte importante è dedicata alla spiritualità, a prescindere dal credo religioso. Quanto è importante per te e perché non dovrebbe mai mancare anche nell’educazione dei figli?
Perché i bambini e tutti noi abbiamo anche quella parte. Quando muore un nonno i bambini ci chiedono, pongono domande, hanno delle perplessità e hanno bisogno di risposte chiare ed efficaci per nutrire la loro anima, per crescere completi come esseri umani non solo fisicamente ma anche nel loro aspetto più prezioso: il cuore e l’anima.
Invece noi adulti abbiamo paura di parlare loro di meditazione, di preghiera, di silenzio, di ascolto interiore di quel sé prezioso che è in noi.
Lo lasciamo atrofizzare e loro, i bambini ed i ragazzi, quando accade qualcosa di veramente importante per la loro vita (una malattia, la separazione dei genitori, la morte di chi amano, etc.) crollano come un castello di carte, perché non hanno dentro una parte spirituale matura che li sorregge, li conforta, li incoraggia e li aiuterà a superare quel momento così duro e impegnativo.
Secondo gli studi d’oltreoceano dall’Università del Wisconsin pubblicati nel 2008 sulla rivista britannica New Scientist, i bambini tibetani, che hanno imparato fin da piccoli a pregare e meditare, sono fra i bambini più felici al mondo e i nostri fra i più depressi e infelici.
Facciamoci allora, come adulti e educatori, delle domande in merito, che ne dici?
