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L’Intervista | Gianfranco Matteoli, il direttore d’orchestra che faceva ballare gli avversari
Il Calcio come musica e armonia: l’ex regista di Inter e Cagliari racconta a City&City la sua avventura calcistica. Dal presente della scuola calcio in Sardegna al glorioso passato con lo scudetto neroazzurro dei record e l’epica cavalcata UEFA con i rossoblu a un passo dalla finale
Gianfranco Matteoli è stato uno degli ultimi alfieri di una razza calcistica oramai quasi estinta: il regista, il classico numero 10. Una categoria di giocatori amati dal pubblico, ma spesso messi in discussione dalla maggior parte degli allenatori, che alla tecnica preferiscono la corsa e amano avere a disposizione pedine atletiche e monotone, che possono muovere a loro piacimento in quella scacchiera verde lunga 110 metri e larga quasi 70. Matteoli in questo rettangolo magico aveva piedi buoni e cervello fine. Sardo di Ovodda, nato a Nuoro 62 anni fa, ha fatto le fortune soprattutto di Como, Inter e Cagliari, con oltre trecento presenze solo in Serie A e solo 6 gettoni in Nazionale, quella di Vicini e dei gemelli Vialli e Mancini, suoi compagni per una stagione alla Sampdoria; blucerchiati lasciati per approdare all’Inter di Trapattoni che l’ovoddese di lì a qualche anno avrebbe pilotato dalla cabina di regia a vincere lo scudetto dei record rimasto negli annali.
Di che cosa si occupa adesso Matteoli?
Vivo a Cagliari e faccio la spola col centro sportivo di Palmas Arborea, in cui gestisco una scuola calcio: 170 ragazzi smaniosi di imparare lo sport più bello del mondo.
E un gemellaggio con l’Inter
Sì, una forma di collaborazione che mi entusiasma. A Milano ho lasciato grandi amici e tanti ricordi
Dai tempi dello scudetto con Trapattoni?
Beh non solo da quegli anni. Comunque la vittoria del campionato del 1988-89 è indelebile nella mia memoria. Record e giocatori fantastici, come Lotar Matthaus e la pattuglia dei tedeschi, Zenga, Bergomi, Ferri e tutti gli altri. Il campionato italiano allora era il più forte e difficile del mondo. C’era anche un certo Milan di Sacchi.
Non posso non chiederti della epica cavalcata in coppa UEFA che ha portato il Cagliari a un passo dalla finale.
Ovviamente ricordi bellissimi e indimenticabili. Al tempo la Coppa UEFA era una competizione molto difficile e le rose non erano certo quelle allargate di oggi e per questo pagammo pegno in campionato. Dopo il 3-2 del Sant’Elia forse sbagliammo l’approccio mentale nel ritorno. Le gare in Europa si vivono con la logica dei 180 minuti. Andammo in ritiro con troppi giorni di anticipo in un albergo al centro a Milano e questo forse ci tolse un po’ di concentrazione: non arrivammo probabilmente con la giusta tensione.
La gara col Malines in Belgio fu forse la più emblematica del torneo. Che atmosfera si respirava?
Di grande freddo! Giocammo in un campo ghiacciato e con la neve. Ma la sensazione era quella di giocare in casa. Sentivamo il calore del pubblico dalla nostra parte. Erano i figli di emigrati sardi a cui è stato tramandato dai genitori il mito del Cagliari di Riva, quello dello scudetto e noi in qualche modo con quella vittoria glielo abbiamo fatto rivivere. Lì prendemmo coscienza dei nostri mezzi.
Nostalgia?
La giovinezza non può che essere un bel ricordo. Ma ogni età va vissuta e ha tanti pregi da scoprire. Io mi diverto moltissimo ad insegnare calcio.
Ma quei campioni di allora avrebbero potuto giocare oggi?
Oggi sarebbero stati ancora più grandi di quello che erano. Ricordo un’amichevole a Como, una quarantina di anni fa. Avevamo appena vinto il campionato di serie B. Giocammo un’amichevole contro una squadra che schierava ex giocatori della grande Inter di Herrera. Ad un certo punto mi fermai in mezzo al campo ad ammirarli: Suarez, Corso, Mazzola. Straordinari, giocatori di livello mondiale. Giganti rispetto a qualche calciatore di attuale fama.
Come trovi il cosiddetto calcio moderno?
Il calcio è un gioco semplice. Ora forse c’è più velocità, ma a molti mancano i fondamentali. Bisogna ricostruire dal basso. Nelle scuole calcio occorre professionalità.
Manca a Matteoli il calcio a grandi livelli?
Ogni esperienza è buona, compresa quella del Cagliari, in cui ho avuto importanti incarichi nella direzione del calcio giovanile. Sono stati anni intensi, non rimpiango nulla e non ho intenzione di fare alcuna polemica. Non è nel mio stile.
A proposito di Cagliari, potrà salvarsi?
Nonostante tutto io penso di sì. La rosa è buona. Giocatori e staff tecnico possono tirare fuori la squadra dalle sabbie mobili della bassa classifica. Occorre umiltà e tanta grinta. Faccio sempre il tifo per i rossoblù
E il calcio sardo? Come lo trova Gianfranco Matteoli?
Sempre con grandi potenzialità, in grado di esprimere buoni giocatori. Io a Cagliari ho allevato non solo Barella, ma Murru, Deiola e Sau. Solo per citare alcuni nomi importanti. Ma le cosiddette serie minori, talvolta trascurate, sono fucine di talenti. Per scoprirli occorre buon occhio, ma anche molta pazienza.