Serie D – Latte Dolce tra gruppo e difesa: coperta corta, ma le soluzioni non mancano
Alessandro Frau, El Diez rossoblù!
Con il numero 10 stampato sulla schiena, con la maglia rossoblù tatuata sulla pelle
Alessandro Frau è stato uno dei maggiori talenti sfornati dal calcio sardo negli ultimi decenni. Trequartista geniale, ambidestro, era dotato di abilità balistiche fuori dal comune. È un idolo del popolo torresino. Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, quest’anno ha iniziato la sua seconda vita calcistica, nelle vesti di allenatore in seconda, proprio nella sua Torres. Un vero e proprio ritorno a casa. Il suo mito è cominciato il 12 settembre 1998.
“Una data importante, fondamentale: è il giorno in cui debuttai in serie A, con la maglia della Roma, in uno stadio Olimpico stracolmo, contro la Salernitana. Ero appena arrivato nella Capitale dopo cinque stagioni in C2 con la maglia della Torres”.
Belle sensazioni, lui ricorda ancora tutto alla perfezione. Zeman in panchina, Francesco Totti in campo, lui alla sua prima convocazione nella massima serie. “Il primo tempo si concluse 1 a 0 per la Salernitana. Dopo dieci minuti del secondo tempo, il mister mi guarda ed esclama due semplici parole: ‘Dai, scaldati”. Incredulo, dopo qualche minuto di riscaldamento lo fa esordire. “Un’emozione incredibile. Vincemmo quella partita per 3 a 1, io feci l’assist di tacco per il gol del vantaggio proprio a Totti”. Un inizio incredibile, un sogno realizzato. “Debuttare all’Olimpico, uno degli stadi più belli e caldi d’Europa, è stato e sarà sempre un immenso orgoglio”.
Stagione 1998/99, dalla panchina giallorossa all’album “Calciatori Panini”. Con Zeman per mentore. Con Totti a suo fianco. “A Roma ho passato due anni bellissimi. Sono stato accolto molto bene da tutti, sia dai più giovani che dai senatori della squadra”. In quella squadra c’erano diversi campioni del mondo: Cafù, Aldair, Candela. “Quando un giovane (come me all’epoca) fa vedere che ha la voglia di imparare seriamente, i più grandi apprezzano e cercano di insegnare più cose possibili a livello tecnico e umano. Mister Zeman è una persona eccezionale. Leale, vero e preparatissimo”. Il tecnico lo aveva preso sotto la sua ala protettiva, insegnandogli tantissimo. “Dal mio punto di vista, Zeman ha avuto meno successo di quello che meritava realmente, per la sua preparazione e per la sua idea di calcio. Puntava tantissimo sulla preparazione fisica delle sue squadre e se proprio devo trovare un difetto nei suoi allenamenti, dico che lavorava poco sulla fase difensiva”, dice ora il neo tecnico, “a Roma, Foggia, Lecce e Pescara è ricordato con affetto. Ed era un uomo onesto. Proprio quest’ultima caratteristica che nell’arco della sua carriera gli è costata qualche antipatia di troppo tra le tifoserie avversarie”.
Totti? “Quando sono arrivato a Roma, lui era già un idolo. Un giocatore fantastico, con cui ho sempre avuto un bellissimo rapporto. A Roma inoltre ho conosciuto un’altra leggenda giallorossa: il campione del mondo nel Mondiale 1982, Bruno Conti. Una persona fantastica. Il numero uno secondo me”.
Ale allora aveva 21 anni, aveva bruciato le tappe passando dalla C2 alla serie A. “Il salto di categoria, dalla C2 alla A è stato enorme. Non è mai facile per chi gioca nelle categorie più basse essere catapultato di punto in bianco in un campionato difficilissimo come la serie A. Soprattutto in quegli anni, il nostro era forse il campionato più importante e difficile del mondo”. Roma è sempre stata una piazza esigente. I tifosi si aspettano sempre il massimo da ogni giocatore. “Purtroppo, con l’addio di mister Zeman (che non riuscì a qualificarsi in Champions League per un solo punto ndr), ho avuto la possibilità di restare in maglia giallorossa per una sola stagione. Con un anno in più di esperienza sulle spalle, sarebbe stato tutto molto più semplice sia a livello tecnico e sia a livello mentale. Peccato, sono convinto che se il mister fosse rimasto sulla panchina giallorossa, avrei avuto la possibilità di restare anche io e probabilmente la mia carriera avrebbe avuto una svolta molto diversa”.
Dopo la bella sosta nella Capitale, Palermo, Pisa, Viterbese e Pistoiese, sempre in C1. Alla fine torna nella sua Torres, sfiorando la promozione in B nell’annata 2005-06 con Antonello Cuccureddu in panchina. Una stagione provante: a Sassari tutti ricordano Torres – Napoli finita 2 a 0 per i sardi, in un Vanni Sanna in sold out. “In quella stagione, abbiamo sognato tutti insieme – calciatori, dirigenti, Sassari – di raggiungere quel sogno chiamato B. Battere il Napoli in casa, in un Vanni Sanna gremito in ogni ordine di posto, è stato un grande orgoglio per tutti. Siamo andati vicini a compiere un’impresa storica, che la città avrebbe sicuramente meritato”, dice.
Purtroppo, dopo aver concluso la stagione regolare al terzo posto, la Torres perse la semifinale play-off contro un bel Grosseto allenato da un certo Massimiliano Allegri. “Dopo la fine della stagione, ci siamo accorti che qualcosa non andava a livello economico. Probabilmente anche conquistando la storica promozione in B sul campo, il presidente Tusacciu non sarebbe riuscito ad iscrivere la squadra al campionato cadetto per gravi problemi finanziari. Un vero dramma sportivo per tutti noi, soprattutto dopo aver disputato una stagione così esaltante. Personalmente, sono rimasto profondamente amareggiato dalla vicenda. Sono sicuro che la stagione successiva, con l’aggiunta di qualche altro elemento, avremmo potuto davvero raggiungere la tanto agognata serie B, per la prima volta nella storia di Sassari”.
Il tempo non passa invano neppure nel calcio, così qualche amico resta. “Amici? Tanti, Eusebio di Francesco, ex mister di Sassuolo, Roma, Cagliari e ora al Verona, Michele Fini, Tore Pinna, Sebastiano Pinna, Mario Fadda, ma ne potrei nominare veramente tantissimi altri. Tutti calciatori fortissimi ma anche delle bellissime persone”. Chi ha un cuore rossoblù, non può dimenticare l’estate del 2008, quando la gloriosa Torres è costretta a ripartire dalla Promozione dopo essere stata esclusa dalla Lega Pro Seconda divisione per gravi inadempienze finanziarie. Frau allora firma per l’Alghero, appena approdata tra i professionisti per la 1° volta nella sua storia. “L’esperienza ad Alghero è stata positiva, anche se molto sofferta. Quella stagione infatti, ci siamo salvati all’ultima giornata, vincendo per 2 a 1 al 92° minuto, contro il Sudtirol, grazie ad un insperato gol di Martino Borghese. A mister Mauro Giorico era subentrato a metà campionato Ninni Corda. Mister Corda è un allenatore molto preparato e molto esigente, un vero “martello” che paragono ad Antonio Conte per mentalità vincente e per come carica le sue squadre. Per quanto riguardo il tifo, posso dire di essermi trovato benissimo con tutti. Eravamo molto seguiti e infatti ora mi chiedo come possa una città importante come Alghero, non avere una squadra degna del nome di questa città”.
Dopo la stagione catalana torna a Porto Torres, tua città natale, dove ritrova alcuni ex compagni torresini, uno su tutti Tore Pinna. “Non è stato per nulla facile tornare nei dilettanti dopo aver passato tanti anni nel calcio professionistico. Le dinamiche sono completamente diverse, partendo dagli allenamenti, fino ad arrivare al mangiare a casa propria, invece che con i propri compagni. Erano davvero due mondi molto distanti tra loro. L’inizio è stato un po’ difficile, ma poi alla fine sono riuscito ad abituarmi, continuando a divertirmi e aiutando la squadra della mia città natale, a disputare dei buoni campionati di D”.
Ora a 44 anni, dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, l’ex romanista ha iniziato la carriera di allenatore. “Voglio crescere, cominciare a togliermi delle belle soddisfazioni anche da tecnico. Il massimo per me sarebbe poter allenare un giorno la Torres, ma già essere qua come secondo, è un grande risultato che mi rende felice. In più mister Greco è un ottimo allenatore, ci conosciamo bene avendo giocato insieme a Pisa e sono sicuro che al suo fianco posso crescere ed imparare tantissimo”.
Lui ama la Torres. “Da giovane, mi ha fatto maturare, crescere, arrivare nel calcio che conta. Ed ora, mi sta dando la possibilità di diventare tecnico: la chiusura di un cerchio aperto nell’ormai lontano 1993. A Sassari c’è molta fame di calcio e questo di Insula Sport, è un progetto molto serio, a lungo termine, che ha come obbiettivo quello di crescere anno dopo anno. Se si dovesse vincere subito tanto meglio, ma c’è un progetto, una programmazione, una cosa fondamentale per dare un futuro stabile ad ogni realtà sportiva”, conclude Ale.
Fonte copertina: www.goal.com