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Stefano Sardara, il segno del comando
La leadership di Stefano Sardara tra basket e nuovi progetti
Stefano Sardara è l’uomo del momento. In un territorio depresso e ripiegato sulla memoria languida di giorni migliori, pessimista ed individualista fino all’autodistruzione, il suo “credo” trascinante e volitivo, ricco di programmazione ed improntato all’amicizia ed alla mutua solidarietà, si è rivelato un progetto trionfale.
La Sassari del basket spopola in campionato e manifesta segnali di crescita all’esordio nella dorata vetrina continentale dell’EUROLEGA, crea un cartello di sponsor coinvolti nel viaggio eccitante verso i palcoscenici nazionali; e disegna una chiave di lettura di impresa e marketing rivoluzionaria ed avvolgente, dove gli annunci precedono decisioni immediate, che partono da lontano ed accelerano impetuosamente.
Con questo ritmo infernale sono arrivati nel roster della Dinamo campioni di grande calibro come i cugini Diener e James White, Othello Hunter e David Logan, Rakim Sanders e Jerome Dyson.
Il palasport spoglio e trasandato è ora un impianto scintillante con tabelloni avveniristici, spazi privilegiati per i media e punti di ristoro, Giornale del Club; e la prospiciente Club House che è il fiore all’occhiello di una società capace di fermare il suo stratega Meo Sacchetti per tanti anni, regalandogli un lungo e fedele contratto.
Anche le attività assicurative vanno a gonfie vele: ed il suo gruppo estende la ramificazione di interessi e di servizi finanziari, dilata la geografia del raggio di azione ed avvia un nuovo grande sogno nell’area di Piazzale Segni, oggi deputata a malinconiche giostre.
Si prepara la nascita di Casa Dinamo: è un ambizioso complesso polifunzionale con i ristoranti e la multisala, il palasport nuovo con settemila posti ed i vari negozi in galleria, il centro benessere e le palestre di fitness, la banca ed i campi per le rappresentative giovanili. Il nuovo impianto avrebbe 6800 posti, e si realizzerebbe con un project financing di investitori privati pronti a sfruttare la convenzione pluriennale concessa dal Comune di Sassari per recuperare con successo il grosso investimento iniziale.
La pista dell’ampliamento di un Palaserradimigni destinato ad essere obsoleto in un paio di stagioni non sembra percorribile. Stefano Sardara è in azione come sempre. Seguirlo è come sedere sopra un vulcano in eruzione.
L’INTERVISTA
Presidente, è arrivato lo Scudetto…
Un’emozione unica dopo una serie combattuta contro una squadra agguerrita come Reggio Emilia. È un risultato non solo storico, ma con un grosso valore simbolico; per competere a questi livelli è stato necessario tanto lavoro. Il lavoro di una squadra, intesa nel senso più ampio del termine, che non è solo quella che scende in campo. E credo che il risultato raggiunto sia sotto gli occhi di tutti. Ma voglio ringraziare soprattutto i tifosi; la nostra prima spinta da un punto di vista emotivo ed economico. Il nostro primo sponsor in una stagione che sarebbe stata fantastica anche con un risultato non favorevole in Gara 7.
Il progetto 2018 è arrivato con tre anni di anticipo; come cambia la programmazione?
La nostra è una società che ha la fortuna di avere una certa stabilità economica, con un budget importante è ora tra le prime in Italia. Siamo attualmente la società di Serie A che ha vinto di più negli ultimi anni e quindi dobbiamo essere ambiziosi ed essere pronti ad iniziare un nuovo ciclo. Il 2018 è diventato il 2015. Le aziende si cambiano quando vincono. Ma cambiare non significa rivoluzionare tutto. Riprogrammare “alzando l’asticella” è la nostra filosofia.
Quando è nata la scintilla che ha portato il vostro gruppo a rilevare la Dinamo? Che genere di sfida è stata intrapresa?
Onestamente non pensavamo di buttarci in una simile avventura. Avevamo la Robur in Serie B, e Federico Pasquini era il nostro coach. Avevo già firmato un giocatore per la stagione seguente. Ma il precipitare degli eventi ed il rischio concreto della sparizione della squadra ci ha indotto a presentare un piano aziendale sostenibile, con l’idea di mantenere in Sardegna il basket di vertice. La sfida era quella di non fare della Dinamo una semplice realtà sportiva, ma estendere il concetto di impresa in grado di catalizzare l’identità sarda esportando le nostre eccellenze.
Quali decisivi cambiamenti nella filosofia del club ha portato il vostro arrivo? In quali mosse primarie è cambiata la rotta societaria?
I cambiamenti sono necessari e mirati al raggiungimento del fine. Offriamo spazio ed importanza non solo ai risultati sportivi, ma anche all’attività fuori dal parquet. I tifosi e gli sponsor, l’immagine ed il sociale sono aspetti che non devono mancare in un club professionistico.
Guardate con preoccupazione al taglio delle sponsorizzazioni regionali alle squadre principali dell’isola? Come veicolate la sua immagine, e con quali nuove dinamiche di valorizzazione?
Tutto il momento economico desta preoccupazione. L’intero sistema è in crisi. La Dinamo non ha mai goduto di una sponsorizzazione regionale, ma è oggetto di una efficace operazione di co-marketing. Abbiamo promosso al meglio la bellezza del territorio. Non soltanto il bellissimo mare in estate, ma una somma di eventi culturali nel corso dell’anno. Abbiamo legato la nostra immagine ai riti della Settimana santa ed ai Candelieri, alla Sagra di Sant’Efisio ed al Carnevale. La nostra notevole visibilità consente in futuro alla regione di potere contare su un ideale strumento per gli spazi promozionali, grazie al nostro cocktail vincente di risultati e qualità, simpatia e costi ragionevoli.
Stefano Sardara è anche il manager di un grande gruppo assicurativo. Quali strategie di sviluppo investono il settore, a cavallo della crisi e delle nuove realtà del mercato?
La storia millenaria della nostra terra ci ha insegnato che è sopravvissuto il più versatile e non il più grosso. Infatti i dinosauri si sono estinti, e le lucertole sono ancora tra noi. Per dirla come Einstein: la crisi è un momento di difficoltà, ma anche e soprattutto una opportunità. In momenti come questi si aguzza l’ingegno e nascono nuove strade ed affascinanti intuizioni. Nel settore assicurativo occorre disegnare la propria offerta secondo i reali bisogni attuali del consumatore, anche a costo di eludere le certezze strategiche di ieri. Il welfare è da pensare come una esigenza prioritaria del cliente, che deve affrontare serenamente un futuro solido di coperture sanitarie e previdenziali.
Tutti gli americani della Lega A guardano con interesse a Sassari. E’ solo la bellezza della Sardegna e la puntualità degli stipendi? Oppure esistono altri segreti di questo crescente appeal del Banco di Sardegna?
Il segreto è la nostra terra. Il nostro essere diretti e smart. Chi arriva da lontano si sente subito a casa.
Come si costruisce un team vincente? Tre parole per descrivere la magica chimica di un modello invidiato ed emulato in tutta Italia…
Credo che il valore di un team sia legato al cuore ed alla mente degli uomini e delle donne che lo compongono. Nel 2012 la Dinamo ha organizzato a Milano un bellissimo convegno con il leggendario Dan Peterson nel ruolo di relatore. Il tema era “Come costruire una squadra vincente”. Ecco, ora sono fiero di presiedere una squadra rilevante di uomini e donne, che con passione ed impegno, anima ed entusiasmo lavorano in una realtà aziendale, che è molto più di una società sportiva.
La Club House è un fiore all’occhiello della Dinamo di oggi. E’ solo un luogo di incontro tra tifosi e beniamini, oppure è un veicolo invitante per creare la grande rete di sponsors che gravitano intorno alla squadra?
E’ molto di più. La Club House è il cuore pulsante di chi ama la Dinamo. Un punto di ritrovo per vivere la squadra e la società nei momenti di relax. Nel nostro progetto attuale è un punto fermo.
In città tutti parlano della nuova Casa Dinamo. Il Palaserradimigni sarà smantellato e destinato ad altri scopi? Nasce la multisala? Che genere di indotto commerciale e ricaduta occupazionale promette per i giovani del nostro territorio questo progetto ambizioso?
E’ presto per entrare nei particolari. Posso solo dire che se riusciamo a realizzare l’operazione del nuovo Palasport sarà una risorsa lavorativa ragguardevole per l’economia sassarese.
Di Stefano Sardara chi lo conosce bene dice: è un leader nato. Ti senti un predestinato, o sei stato forgiato dal tempo e dalla pazienza?
Non lo so, e non spetta a me pronunciarmi sull’argomento. Da ragazzo i miei amici mi chiamavano scherzosamente “non c’è problema”. Credo che sia il retaggio dell’approccio diretto insegnato da mio padre, che mi ha abituato presto ad affrontare le difficoltà senza paura. C’è sempre una buona risposta per tutto, o quasi.
Vogliamo ricordare il direttore generale Giovanni Cherchi, per chi non ha avuto il privilegio di conoscerlo? Quale è la sua eredità silenziosa?
Non la definirei propriamente silenziosa per me. Giovanni è stato un mio amico fraterno, e molti lo possono testimoniare. Ora è molto più rumoroso di prima. Quando sono chiamato ai momenti di riflessione, le sue frasi di ieri mi costringono a seguirlo. Non è più come prima, quando ogni tanto ignoravo i suoi preziosi consigli. La sua grandissima eredità interiore accompagna ogni giorno della mia vita.
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