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I beat made in Sardinia sbarcano a New York: John Solinas colpisce ancora
Dalla collaborazione tra il produttore sardo e il rapper italo-americano G Fella nasce “The Italian Connection”
L’America non è mai stata così vicina e Gianni (John) Solinas ce lo dimostra con i suoi beat. Nonostante il 2020 abbia fermato le attività dal vivo, il produttore sassarese è riuscito a creare delle importanti collaborazioni oltreoceano dando vita a numerosi progetti con i più noti rapper underground dell’East Coast.
A dicembre sono usciti i primi due video con il rapper italo-americano G Fella: “Hitzman” e “Street Talk”. Con una rappata pulita e cadenzata accompagnata dal tipico stile “Sopranos”, che Robert “G Fella” Scalere non risparmia quasi mai nei suoi video, questi singoli offrono basi potenti e testi non scontati. Solinas ha prodotto in Sardegna tutte le 9 tracce dell’album “The Italian Connection” e pubblicato altre collaborazioni con rapper neworkesi come Salvatore Here, Don Vito e Lord Willin.
G Fella, nato nel Bronx, inizia la sua carriera come Dj e si fa subito notare per il suo talento. Colleziona importanti collaborazioni ed esibizioni nei migliori club di New York arrivando oggi ad essere una conferma del rap bianco della costa est e il rapper italo-americano più significativo dell’intera scena hiphop.
Gianni inizia ad apprezzare la scena rap già negli anni ‘80, aprendosi in seguito al mondo del rock-metal e diventando chitarrista dei Joe Perrino’s Grog. Assieme alla band producono due album e suonano in numerosi palchi nazionali ed esteri. Da circa 15 anni Solinas crea basi rap e collabora con i migliori artisti locali ed ora anche d’oltreoceano.
Sbarcare negli USA è un sogno di molti, soprattutto quando si parla di cantanti o produttori di musica rap. Com’è nata l’idea?
Nel periodo del lockdown, non potendo suonare live con i Grog di Joe Perrino, ho ripreso a produrre basi elettroniche e a stringere collaborazioni con vari musicisti. È nato un bel progetto con gli Assalti frontali, gruppo storico del rap italiano, attivo dal 1990. Abbiamo creato “Il rap dell’infermiere”, un brano che ha raggiunto un’ottima diffusione e che vuol essere un ringraziamento verso l’enorme lavoro svolto dagli infermieri non soltanto durante l’emergenza Covid. Allo stesso tempo ho iniziato a collaborare con altri artisti, come i molto noti Dj milanesi Zeus e D.lo.Z, ma anche con diversi colleghi sardi.
Conoscendo il rap dagli anni ‘80, ho pensato di proporre la mia musica oltreoceano e di cercare di comprendere se le preferenze e i gusti italiani corrispondessero a quelli americani. Ho iniziato a contattare qualche rapper e mi sono immediatamente reso conto di come la loro visione fosse completamente diversa dalla nostra. Non sono interessati alla tua provenienza geografica ma a quello che crei e al business che possono generare.
G Fella ha apprezzato talmente tanto i miei beat che ha voluto produrre un intero album e non solo un brano, come previsto inizialmente. Ho conosciuto anche con altri rapper dell’underground newyorkese, come Salvatore Here con il quale stiamo producendo un singolo e un video al mese (“Grindin Freestyle”, “Priority”), arriveremo a 12 brani e 12 video. Un’altra collaborazione per l’intero album partirà con Lord Willin e ho molti singoli in programma con diversi altri rapper. Mi trovo davvero molto bene a lavorare con loro.
Com’è stato collaborare con G Fella?
Collaborare con gli americani in generale è facilissimo: hanno una semplicità e velocità di gestire il lavoro molto diversa dalla nostra. In brevissimo tempo (giorni o addirittura poche ore) ti mandano le registrazioni sul tuo beat e ti chiedono il tuo parere.
G Fella ha una biografia notevole: ha suonato all’Apollo Theater (storico club di Harlem in cui si sono esibiti artisti del calibro di Michael Jackson, James Brown, Lauryn Hill) e collaborato con Wyclef Jean (The Fugees), Queen Latifah e moltissimi altri rapper di “primo livello”. Dal punto di vista artistico, G Fella è uno dei rapper bianchi più bravi, è un “killer” sulle rime, sa scrivere molto bene e i testi sono davvero interessanti.
Hai trovato altre differenze con il rap italiano?
La differenza principale con il rap italiano è che gli americani rappano sul ritmo, tra cassa e rullante della batteria (il cosiddetto Boom Cha o Boom Bap), e su questo incastrano delle liriche accattivanti ma sensate. Gli italiani invece si concentrano maggiormente sulla melodia.
Dai video di G Fella è molto evidente la visione “Sopranos” dell’italo-americano. È così viva anche nella realtà?
La figura del rapper italo-americano che si ispira ai Sopranos e lo stile del mafioso in generale, è viva ma è totale finzione. È marketing!
Con quale artista vorresti collaborare?
Ho contattato molti grandi artisti e attendo delle risposte anche da Los Angeles. Ho sempre ascoltato più rap della West Coast (Tupac, Warren G, Snoop Dogg, ndr.) rispetto a quello della East Coast (Notorius B.I.G., Wu-Tang Clan, Jay-Z, ndr.) e mi piacerebbe poter collaborare anche con rapper dell’area di Los Angeles. In ogni caso sono già molto felice dei primi risultati.
Cosa ne pensi della scena rap sarda e di come sta evolvendo?
La scena rap sarda è molto interessante: da pietre miliari come i Menhir o artisti con cui già collaboro come Giocca (anche lui ha fatto delle liriche con Salvatore Here), Vlade (Rigantanti), Baba, Jose Quervo, o con cui dovrò collaborare, come i Balentia Sarda e Micho dei Malos Cantores. Io sono molto disponibile e onorato di lavorare con i rapper sardi, c’è una qualità altissima. Mi piacerebbe tenere i ritmi “smart” e veloci tipici degli USA, anche se capisco che qui sia più difficile. Bisogna sempre considerare che il rap nasce in America e si sviluppa con i virtuosismi tecnici legati alla lingua americana. Nessun altra lingua (e cantante) si comporterà in quel modo nel rap.
Purtroppo però, un grosso limite della musica sarda in generale è la scarsa collaborazione e condivisione. Sarebbe bellissimo supportarci a vicenda a prescindere dagli interessi in gioco. Io sono sempre molto felice di condividere le nuove uscite e i traguardi degli altri musicisti.
Cosa consiglieresti ai ragazzi che vogliono seguire la tua strada?
Prima di tutto: non copiare. Io agisco istintivamente anche se non è sbagliato studiare e confrontarsi. Bisogna poi essere intraprendenti, proporsi ma tenere un “profilo basso”, c’è sempre un margine di miglioramento. Non bisogna necessariamente seguire dei filoni o dei trend: un artista crea qualcosa di suo, di originale, non qualcosa che ne “scimmiotta” un’altra. Le influenze sono naturali ma essere la copia di qualcun altro non porterà mai a grandi risultati.