Serie D – Latte Dolce tra gruppo e difesa: coperta corta, ma le soluzioni non mancano
Patrizia Canu, il batticuore fra i pali che non passa mai
Dalla palla alla penna, Patrizia Canu, l’anima della pallamano sassarese degli ultimi quarant’anni, si racconta tra ricordi, progetti sportivi e le emozioni perenni prima delle partite
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«Ho iniziato a giocare nel ‘77 a 14 anni, era uno dei pochi sport da praticare gratuitamente; una retta mensile per consentirmi di fare sport i miei non potevano permettersela. Gli allenamenti al campetto di San Camillo erano divertenti, un momento di evasione totale senza genitori. Noi bambini di quei tempi eravamo ruspanti, io in particolar modo, timida e ruvida: un cinghialetto!»
Parla una delle anime della pallamano sassarese degli ultimi 40 anni, Patrizia Canu, 54 anni, ex portiere, ora allenatrice e giornalista professionista all’Unione Sarda; una validissima esponente di penna-mano, un petalo di quello straordinario corollario di personalità positive che fiorisce a Sassari.
«La porta per me fu una scelta; la solitudine del portiere è nota, ma a me starmene in disparte non dispiaceva. E poi, vuoi mettere la soddisfazione di impedire un goal? Di permettere alla tua squadra di vincere con una parata all’ultimo secondo? Sensazioni che solo noi portieri di tutto il mondo conosciamo. Allo stesso modo condividiamo però la frustrazione di quando commettiamo un errore, per noi sempre irrimediabile»
Patrizia a 15 anni è una bella ragazza, ma per lo sport è solo un dettaglio. È agile e ha muscoli carichi di fibre bianche che le permettono esplosività da gatto. A 16 l’esordio in prima squadra; la formazione era quella che poi è rimasta nel cuore dei sassaresi: Handball Sardegna, inventata dai fratelli Silecchia.
«L’esordio in prima squadra è come la prima volta che si fa l’amore: non si scorda mai. Giocavamo le partite ufficiali in Piazza d’Italia; ogni volta era emozione, adrenalina e gran pubblico. Furono anni esaltanti, le trasferte, i derby, 3.000 spettatori a partita, le tv private ed i giornali che ci seguivano. Diventammo anche competitive ai massimi livelli. Con la Chirmed del presidente Antonio Pes conquistammo uno straordinario terzo posto in serie A, un miracolo di fronte a tante squadre avversarie che disponevano di un budget decisamente superiore al nostro»
Nell’87 arriva il momento di smettere con la pallamano giocata che nel frattempo a Sassari aveva cambiato teatro: da Piazza d’Italia si era spostata al Palazzetto di Piazzale Segni. «Mi ero appena laureata e dovevo cominciare a lavorare. Mi piaceva scrivere ed iniziai con il giornalismo e la sua trafila. Ci misi l’entusiasmo che metto nelle cose che mi piacciono; amavo raccontare storie di gente mai banale, il conformismo non fa per me. Da allora la penna non l’ho mai lasciata, ho raccontato avvenimenti, gioie e dolori. Errori ne ho fatti, ma ho esercitato la mia professione con serietà ed onestà, raccontando le cose non per come dovrebbero essere, ma per come sono. Di questo lavoro amo ciò che insegna: mostra che tutto può succedere e a tutti»
Nella sua carriera di giocatrice Patrizia ha maturato concezioni tecniche che ora mette a disposizione della squadra che allena.
«Della pallamano amo la velocità, l’imprevedibilità e la sperimentazione. A volte è faticoso, soprattutto se batti sentieri poco praticati, ma i risultati arrivano.
Grazie a Don Antonio Ibba ho iniziato la carriera di allenatrice, educatrice, dirigente e magazziniere a volte… Tutto insomma! Da allenatrice devi pensare a tutti ed essere tecnico e psicologo allo stesso tempo; hai a che fare con persone che hanno caratteri differenti, spesso agli antipodi. Ho avuto anche la fortuna di conoscere giocatrici di livello mondiale come Svetlana Kitic e Gordana Vidovic; ho vissuto successi e delusioni – come l’esonero del 2013, ma da allenatrice anche questo va messo in conto -; il segreto sta nel saper ridimensionare entrambe le cose e nel saper imparare sempre».
Da qualche anno Patrizia allena i ragazzi – maschi! – della VerdeAzzurro Sassari, caso raro in Italia.
«Quando qualcuno me lo fa notare mi sorprendo sempre… La squadra femminile non è così diversa: cameratismo e condivisione in entrambe. Con i ragazzi ci rispettiamo, ci riconosciamo. Ho uno spogliatoio eccezionale; quando c’è da arrabbiarsi mi arrabbio, ma sanno che combatterei fino all’ultimo sangue per loro. Nel mio ruolo mi aiutano tutti, dal presidente Tore Farina che trasmette fiducia a collaboratrici preziose e preparate come Patrizia Cossu e Claudia Fenu»
In A2 quest’anno è arrivato un onorevole ottavo posto, dopo la promozione sfiorata nell’annata precedente.
«In A1 ci sono andati i nostri avversari della Raimond ai quali rivolgo un grosso in bocca al lupo; abbiamo progetti differenti, entrambi validi. Come società siamo in continua crescita, andiamo controcorrente: scommettiamo sui giocatori locali. Abbiamo un settore giovanile florido, 150 ragazzi con tanta voglia di imparare. Sono ottimista per le prossime stagioni e convinta che ci toglieremo un sacco di soddisfazioni»
Non perde mai l’entusiasmo Patrizia Canu; in fondo è rimasta la ragazza che giocava in piazza d’Italia. Da allora il mondo è cambiato, un’altra era…
«Di sicuro, ma certe cose non cambieranno mai: come il batticuore prima di una partita»